La drammatica involuzione della specie umana o anche ‘a volte vien da chiedersi perché certi film vengano prodotti’
All’uscita del Fevi, scorgo la generosa gesticolazione di Pinello: è visibilmente contrariato. Sta mettendo un’attonita delegazione lituana a parte di una sua angosciante, ormai inattaccabile convinzione: la drammatica involuzione della specie umana. Ciò che lo sconcerta è il disinvolto utilizzo che anche un pubblico d’élite come quello di Locarno fa del telefono cellulare durante le proiezioni: “È tutto un accendersi e spegnersi di schermi luminosi, tutta una teoria di consultazioni furtive, di frenetiche compilazioni di inderogabili messaggini e chissà quali altre bestialità! Ma quando mai la gente ha avuto tutte queste cose interessanti da dire?!”. Storditi dall’interrogazione incalzante di Pinello, i lituani si scambiano uno sguardo vuoto come gli orizzonti notturni del grande Nord. Mi sembra il momento più indicato per salutare Pinello.
Ecco, voleva proprio sottopormi una questione. Rivolto un rapido quanto cerimonioso “atsisveikink broliai” al suo pubblico baltico, Pinello mi chiede per quali ragioni aprire il Concorso con un film come “Salve Maria” e confinare nei Cineasti del presente “Fekete pont”. Cioè, “c’è una scienza o è solo scempiaggine?”. Mi professo ignorante in materia, ma Pinello sta già seguendo il filo dei suoi pensieri ad alta voce. Già ci perseguitano ogni anno con i film italiani che, lo sanno pure i leopardi, se arrivano qui è perché non se li è “cacati” nessuno. E tutto questo per uno straccio di titolino su media tenuti in vita artificialmente, che, va da sé, non leggono manco le orate quando ci vengono incartate. Ma, mi dice in un sussurro Pinello, accostandomisi e gettando intorno occhiate guardinghe, che il “femminismo peloso” di questi tempi, indegno di ogni autentico #metoo, arrivi a strizzare l’occhio a chi sa bene lui, aprendo il Festival con le pulsioni omicide di una neomamma che, ossessionata da una infanticida da telegiornale, vagheggia di rompere il cranio al suo piccolo… Pinello mi fissa con cipiglio persuasivo. Per arrivare a cosa, dopo questa scalcinata discesa agli inferi di una mente post partum? Che lei e lui si lasciano e lei va al club con gli amici, a bere cocktail e prodursi in un “dozzinale ancheggiamento liberatorio”! E qui, mandati con spontaneo fervore tutti a quel paese, Pinello si abbandona a una risata tonante che interrompe per un attimo la discussione in corso allo Spazio Cinema.
In effetti, rifletto con lui, a volte vien da chiedersi perché certi film vengano prodotti. Pinello mi fulmina con l’occhio sbilenco. Che cosa sto dicendo, bestia che sono?! Perché la libertà d’espressione, la ricerca di una propria voce, il coraggio!, il coraggio nell’affondare la lama nella carne e vederne sgorgare il sangue, imbrattandosi come in un rituale pagano, sono sacri! Per questo esistono i festival, per questo anche un buco come Locarno ha un senso. Ho capito?! Credo di sì. Pinello allora mi abbraccia affettuosamente, prima di cedere a un’altra, incontenibile risata.