laR+ Fuori dal film

Il sentiero dei nidi di alpaca

Anche il calcio, come il grande cinema, può pensare di cambiare la vita. Parola di Feliciano, che vive sulle Ande

Momento Open Doors
11 agosto 2024
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Le ultime immagini sono tra le più belle, e forse magiche, di ‘Raìz’, radici, film passato ieri e giovedì nella rassegna Open Doors. Volti che si alternano allo schermo nero, in fotogrammi veloci che raccontano tutta una comunità sfaldata. Una madre, un bambino, un poliziotto, un minatore, un allevatore. Lineamenti induriti dal freddo dei quasi quattromila metri, sulle Ande peruviane, là dove l’ossigeno scarseggia, il vulcano incombe, la natura è riarsa, pochi ciuffi di un’erba del colore della terra. Là dove i cambiamenti climatici fanno meno danni della voracità dell’industria, che a differenza dello spirito del vulcano non può essere placata. Scava la montagna e uccide quegli alpaca che occupano troppo spazio per pochi sacchi di lana. Mentre la mostra fotografica gioca con il buio, gli altoparlanti diffondono le parole di gioia dei due commentatori sportivi, che hanno appena finito di raccontare l’epica partita di spareggio che consentirà al Perù di tornare, dopo trentadue anni, a un mondiale di calcio, quello che si svolgerà nella Russia del 2018. Prima della pandemia, prima dell’Ucraina, quando Putin era ancora un amico fraterno e la Russia un Paese da cercare sulla cartina geografica come la ics su una mappa del tesoro.

Felciano è il solo bambino di questa piccola comunità, con i suoi due compagni perlustra i pascoli e il lago montano: Ronaldo, un piccolo alpaca con la pettinatura del suo calciatore preferito, e Rambo, il cane pastore. La sua figura si profila da subito come realistica, magica, simbolica. Perché Feliciano non si muove solo tra villaggio, città, pietre sacre; è contemporaneamente emblema della resistenza, testimone di un secolare rapporto con l’ambiente, ma anche della fantasiosa curiosità verso l’altrove. Non è forse un caso che le partite di qualificazione al mondiale Feliciano le ascolta sulle spoglie vette andine, la radio in mano, in cerca del segnale. La sua immaginazione diventa infine il ponte tra possibile e impossibile, tra radice e novità, perché mentre spiega al suo piccolo Ronaldo come funzionano le regole del calcio, noi capiamo che, in realtà, sta tracciando una linea ideale che lega sperimentazione e tradizione. Potrebbe quasi essere il prototipo del prossimo direttore artistico del Festival di Locarno, mosso da una curiosità sia per ciò che entusiasma le masse, sia per i mostri industriali che violentemente vogliono rivoluzionare le cose. E infatti è lui che, alla fine della pellicola, porta la radio sulla strada su cui da giorni si scontrano allevatori, minatori e polizia. I canti della vittoria danno forma a una sospensione delle ostilità, ogni volto si distende, trova un attimo di luce, perché, come il grande cinema, anche il calcio può pensare, per un attimo, di cambiare sul serio la vita.