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Un balzo felino nel passato

Bestie sciagurate, passi decisi nel passato e ‘corpi che trasudano come anguille’. È la Locarno di Pinello, animale da Festival vecchia maniera

‘Il futuro è un’ipotesi’ (Enrico Ruggeri, 1985)
9 agosto 2024
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“C’è traffico, governo infame!”. Stordito dalla canicola, cerco i fichi d’india, colto dal dubbio di trovarmi dentro Johnny Stecchino. Ma è Pinello che mi chiama dal tavolino di un bar, pronto a enumerarmi con credibilissima partecipazione emotiva le “piaghe” di Locarno. Animale da Festival vecchia maniera, capace di digerire sei proiezioni al giorno e di tenere banco spaziando con disinvoltura dal postrealismo filippino alle “fatali imperfezioni” della ricetta ticinese della luganiga, anche quest’anno Pinello si è materializzato al Festival. Eppure, dopo decenni di infaticabile frequentazione la nuova presidenza ha tolto il velo che offuscava il suo occhio sbilenco, rivelandogli la “condizione ingrata” di questa… “vabbè, chiamiamola città”.

Fissandomi con un sorriso epifanico, Pinello mi spiega che di questi tempi a Locarno fa caldo, è umido: “migliaia di corpi trasudano, viscidi come anguille!”. E come ignorare, dopo 77 anni, che c’è traffico, senza una miseria di highway, sotterranea o soprelevata, a tagliare il piano? Poi, è agosto, la gente se ne vuole stare tranquilla: a Magadino non atterra manco uno straccio di Boeing e se uno proprio deve mettersi in colonna, ambisce a un degno panorama, mica la Cadenazzo-Quartino… Qui Pinello si sente di aprire una parentesi e chiede delucidazioni sulle norme pianificatorie di questo cantone. Gli spiego che qui si tutela la libertà dei comuni… “Ah, ho capito, tasche e caz… propri!”. Confermo.

Comunque Pinello è nervoso, sono ore che cerca l’app del Festival ma non la trova. Gli spiego che non la trova perché non c’è più, si fa tutto attraverso il sito. “Ah, finalmente un passo deciso nel passato!”. Questo nuovo corso gli piace proprio. E si produce in una risata che attraversa fragorosamente i portici della piazza. A proposito di novità, Pinello mi espone un dilemma: “Immagina, sei il nuovo presidente di un ambizioso ‘festival di scoperta’, che cosa scegli: commissionare il lavoro della vita a uno sfigato o il peggiore della carriera alla star della fotografa?”. Rifletto sulla risposta giusta, ma lui è già oltre e mi dice che, dopotutto, a lui quel leopardo al lago pare così disgraziato da fargli simpatia.

Mentre si fa strada nella mia mente un campionario delle sciagure feline indotte da un festival d’acqua dolce, Pinello in un sussurro mi confida che intende autodenunciarsi, non prima però di aver civilmente indirizzato le sue rimostranze alla direzione del Festival. Scopro così che è arrivato a Locarno già per la
proiezione di ET, durante la quale ha comprensibilmente seguito l’impulso di condividere il suo godimento visivo con la sconosciuta seduta dietro di lui. Ecco, è bastata una leggera pressione del dorso per schiantare lo schienale della sua sedia. Su questo punto Pinello è categorico: “Paghi come in business per stare come su Ryan Air e finisci pure col culo per terra. E mi è pure rimasta a metà la lode sui quadri luminosi di Spielberg”.

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