laR+ Locarno Film Festival

Passione e morte di Luigi Capeto detto Luigi XVI

Scelto per inaugurare in Piazza Grande, ‘Le Déluge’, coproduzione italo-francese firmata da Gianluca Jodice, non convince

Gianluca Jodice, regista
8 agosto 2024
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Ci sono film che raccontano la Storia, altri che si servono della Storia per raccontare storie, come questo ‘Le Déluge’, coproduzione italo-francese firmata da Gianluca Jodice, scelto per inaugurare in Piazza Grande questo Locarno Film Festival numero 77. Imbarazzante sotto certi punti di vista, chiaramente non dotato di un necessario finanziamento, il film si arrabatta a far immaginare una Rivoluzione di massa, quale fu quella francese, con uno sparuto gruppo di personaggi e comparse, col pretesto di raccontare e santificare gli ultimi giorni di un sovrano il cui cammino nella Storia ha come sottolineatura solo la morte.

Il regista ci porta nel 1972, Luigi XVI, sua moglie Maria Antonietta e i loro figli sono stati arrestati e imprigionati, insieme a un gruppo di servitori, il 13 agosto, e rinchiusi nella prigione del Tempio. Da qui parte il racconto del film che chiude il 21 gennaio dell’anno dopo, il 1793, quando l’ex re venne ghigliottinato. Al regista non interessa il processo né la condanna; interessa, molto teatralmente, soffermarsi nella storia intima di Luigi XVI di colpo ritrovatosi cittadino Luigi Capeto, e in tono minore della Regina Maria Antonietta, immaginandola anche stuprata durante la prigionia con il marito. Lui è interpretato con impegno da Guillaume Canet, mentre lei è una svogliata Mélanie Laurent. Il resto è un contorno mal assortito. Quello che ci mostra il film è la differenza tra la nobiltà del re e la maleodorante puzza del popolo che reclama la sua vita, dimentico, forse volutamente, che tra chi condannò alla morte il Capeto c’era il duca d'Orléans, cugino del re. Eliminata la storia del processo, il regista non riesce a illuminare la vicenda umana di Luigi XVI, che resta un’indecisa ombra di un essere umano travolto dal fato, senza la dignità di un Giona, vuoto. E a poco servono infine le urla disperate di Maria Antonietta: morirà decapitata come il marito il 16 ottobre dello stesso anno, ma questa è un'altra storia.

Spiega nel catalogo il regista: “Questo è un film letteralmente apocalittico; riguarda quel momento in cui cadono ogni velo e ogni maschera. Ha un'ambizione metafisica piuttosto che storica e si addentra in un'apocalisse personale: quella dei protagonisti”. Purtroppo, il suo progetto resta sulla carta e non diviene mai film, perché in fondo manca il Cinema che non è solo raccontare una storia ma è regalare emozioni, far vivere sentimenti. C’è un dipinto a Parigi al Museo Carnavalet, ‘Luigi XVI nella Torre del Tempio’, di Jean-François Garneray; ebbene, regala – in un momento fisso – l’immensità sospesa che vive quel disgraziato di Capeto. Non ci voleva forse molto, anche lì non ci sono le masse, ma c’è quello che a questo film manca, l’umanità di chi percorre quotidianamente la Storia. Lui, la sua storia, la salutò con dignità: «Signori, io muoio innocente di tutti i crimini di cui vengo incolpato. Perdono coloro che hanno causato la mia morte e prego Dio che il mio sangue non debba mai ricadere sulla Francia». ‘Le Déluge’ è un film senza sangue.