laR+ Fuori dal film

Il cielo dei numeri uno

Sullo schermo della Piazza, come in una galleria degli specchi deformanti, sono comparsi cappelli di paglia, nasi finti, effetti simpatia...

Locarno 2024
(Keystone)
8 agosto 2024
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Ho ancora negli occhi il salto di Armand Duplantis, detto Mondo, che più o meno all’ora in cui cominciano i film in Piazza Grande, davanti a ottomila per dieci persone, ha chiuso gli occhi, si è detto è adesso, quindi è salito come nessuno prima. Sei metri e venticinque centimetri.

Non è la logica della crescita continua, dell’asticella spinta ancora più in su, la cosa che mi ha colpito maggiormente. Ho ammirato, semmai, il rapporto che si è creato tra il ginnasta e il pubblico di Parigi. L’ora era tarda, l’oro già al collo. La gente continuava a urlare, a scandire il nome: Mondo, Mondo. Come se un dialogo si stesse producendo tra quelle persone e uno svedese che racconta i principi dell’elevazione. Il pubblico era lì per quel salto, lo ha desiderato, motivato, festeggiato. Sono tante le proiezioni in cui ho avuto, a Locarno, le stesse sensazioni. La partecipazione al rito collettivo: la ricerca del posto, l’attesa che la luce naturale sfumi, lo schermo che si accende. Gli operatori catturano ciò che accade nel retroscena, gli ospiti che si fanno fotografare, i direttori, i presidenti, alcuni fingono di non ripassare il discorso nella memoria. Sullo schermo passano anche le immagini degli spettatori. Dimitri, ma soprattutto gente che ha un cappello, un sorriso o una timidezza che può guadagnarsi pochi secondi di notorietà crepuscolare. Quei volti inquadrati sembravano le mille tessere della grande identità del Festival del film. ‘Das Leben der Anderen’, ‘Apocalypse Now’ restano nella memoria insieme alla cornice di pubblico che li ha accolti, patiti, soprattutto se accompagnati da un fulmine reale che là in alto sembrava commentare le immagini di una guerra sbagliata.

Ieri sera qualcosa di piccolo è cambiato. Qualcosa che forse allude a un nuovo corso. Perché in quell’ora tra giorno e notte, sugli spettatori della piazza, come in una galleria degli specchi deformanti, sono comparsi cappelli di paglia, nasi finti, effetti simpatia. Pare che questa idea di storpiare i volti sia venuta a uno degli investitori principali, abituati a parole come marketing, sponsoring. La regia del Festival è dunque uscita allo scoperto, dichiarando il proprio diritto di fare uso artistico delle persone, trattandole come anelli interscambiabili di un tutto che sembra avere meno valore. Forse non è grave. Le date possono cambiare, Locarno è difficile da raggiungere, le grandi produzioni non hanno voglia di spostarsi, così come la nuova presidente. La 77esima edizione prende avvio in un modo nuovo e strano, niente è scontato, tutto può essere messo in discussione. Una frase nobile, certamente, a meno che non nasconda qualcosa di diverso, come per esempio l’arroganza di chi ignora che il pubblico è una preziosa memoria di Locarno. Perché un conto è ammirare il gesto di uno svedese che trasforma per un istante il cielo di Parigi nel proprio giardino privato, un altro è cedere il Festival del film di Locarno a poche persone che lo trattano come roba loro.


Effetto simpatia