A 10 anni da ‘Spring Breakers’, il Festival gli assegna il Pardo d'onore dato a Herzog, che gli predisse (ma lui già lo sapeva) un radioso futuro
Non tutti sono Joe Lovano, che quando parla quasi lo devi fermare. Avercene. Per un momento pensi che Harmony Korine sia simpatico come la sveglia di mattina e che potrebbe decidere di tornarsene in camera con la seconda domanda; poi pensi che è Harmony Korine, che non siamo a Domenica In e non ti racconterà quanto burro d’arachidi spalma la mattina sul toast e nemmeno chi vincerà la Barbenheimer, la gara al botteghino tra la bambola vestita di rosa e il bombarolo.
Korine (che sta mangiando il secondo frappè con dentro more e lamponi, e chiede se sia la specialità del posto) è quello che ti ha schiaffeggiato in ‘Kids’ e ‘Gummo’, il primo da sceneggiatore e il secondo da sceneggiatore e regista, e anche se il suo nome di battesimo a volte può cozzare col resto (è cozzato spesso, oh se è cozzato), va bene così, anche solo per averti tirato fuori dalla bolla hollywoodiana e trascinato dentro i film che finiscono male. Certo, poi è arrivato ‘Spring Breakers’, ma quella è un’altra storia. E comunque siamo qui per il Pardo d’onore Manor, non per le more e i lamponi.
Mr. Korine: com’è essere una canzone?
Essere una canzone? E quale?
Quella che porta il suo nome, ‘Harmony Korine’ di Steven Wilson, quello dei Porcupine Tree.
Ah sì, ma forse ce n’è pure un’altra. Non so di cosa parli la canzone però è bello essere nel titolo.
Negli ultimi tempi è stato più musicista che cineasta.
Sì, a volte alla musica dedico anche più tempo che ai film, ma la musica è anche una bella fetta del cinema. E comunque, almeno nel mio caso, viaggiano insieme.
Björk, Sonic Youth, Lana Del Rey, di recente Miley Cyrus. Le collaborazioni le ha scelte in quanto loro fan?
A volte scrivo cose molto rapidamente e penso che potrebbero essere una canzone, e la spedisco all’artista. Accade in modo strano, ma funziona così, non ci penso più di tanto. Björk a quel tempo (‘Harm Of Will’, ndr) era una cara amica.
Mi hanno consigliato di chiederle dello skateboard, non fosse che è il mio fallimento giovanile. Lei dice che ha influenzato il suo lavoro…
Sì. È ovvio, non c’è bisogno di essere uno skateboarder per fare cinema, è che ho scritto il primo film che ero ancora un teenager e proprio in quel momento stavo uscendo dalla cultura degli skateboarder. Oggi continuo guardare clip e frequento gli skateboard park.
Prima di lei, il Pardo d’onore è stato vinto da un paio dei suoi punti di riferimento: Jean-Luc Godard e Werner Herzog.
Entrambi? Non lo sapevo, è una bella cosa. Li amo tutti e due.
Herzog, dopo aver visto un suo film, le consigliò di coltivare il suo talento…
Herzog vide la prima di ‘Gummo’ e mi chiamò. Mi disse (con inflessione germanica, ndr): “You’re the last foot soldier in the army” (‘foot soldier’, dal dizionario: “Persone che sembrano poco importanti ma che svolgono un gran numero di lavori molto importanti”). Mi disse che era mio dovere continuare e diventammo amici. Io lo amavo da quando, bambino, vidi ‘Anche i nani hanno cominciato da piccoli’, un film che mi fuse il cervello.
Fu Herzog a farle capire che poteva farcela?
Quando mi chiamò? Oh no, le sue parole sono state belle, ma io ho capito che ce l’avrei fatta all’età di 12 anni. Avevo una telecamera Vhs, prendevo i giocattoli dalla stanza di mio fratello più piccolo e facevo film in stop-animation, poi me li guardavo e riguardavo mille volte e mi dicevo che di sicuro ce l’avrei fatta (ride, ndr).
Nella motivazione del premio, Giona A. Nazzaro usa parole di questo tenore, mi dica se le corrispondono: ‘imprendibile’, ‘inclassificabile’…
Sì…
‘Anarchico’, ‘insurrezionale’…
Ah ah, sì…
‘Pericoloso’ e ‘poetico’. Si riconosce? Manca qualche aggettivo?
Sì, mi riconosco. Manca forse ‘based’ (più o meno “essere sé stessi e fregarsene di quello che gli atri pensano di te”, ndr)
A mio parere manca ‘disturbante’. Digitando in rete ‘Most disturbing film’, a parte gli splatter, escono piccoli capolavori, compresi ‘Gummo’ e ‘Kids’. Era un intento preciso, il suo, di disturbare?
Non lo so. Io ho sempre pensato che fossero commedie, volevo solo far ridere il pubblico.
È il decennale di ‘Spring Breakers’: lo si può definire un film femminista?
Sì, credo che finalmente trasferisse un’energia femminile, anche rude per quel preciso momento. Tecnicamente, contiene soluzioni che al tempo volevo sperimentare e non avevo mai sperimentato. Sono soddisfatto.
Nessun sequel, nessun prequel? O una saga come ‘Halloween’, da farci un sacco di soldi…
La vedo un po’ come Alien che alla fine muore, ci vedo una fine. Ma non ne sono ancora sicuro.
La critica, di ‘Spring Breakers’, parlò di un monumento alla ‘ossessione autodistruttiva delle giovani generazioni’. Dieci anni dopo, l’amore per l’autodistruzione nei giovani è lo stesso?
L’ossessione autodistruttiva riguarda la gente in generale, non è una questione di giovani generazioni.
Il Locarno Film Festival ha un camp per i registi del futuro: ha un paio di consigli da elargire?
Divertitevi, sperimentate e fatelo con piacere, la vita scorre molto rapidamente.
Non abbiamo parlato di fotografia, pittura, pubblicità…
Mi piacciono tutte queste discipline, tutto viene dallo stesso posto, non ho una gerarchia tra le forme, non ce n’è una che sia più importante di un’altra. Ci metto anche la scrittura.
Il suo nuovo film? In giro si legge ‘action movie’, ma un film di Korine non può essere solo ‘action movie’…
Lo presento a Venezia, ci ho lavorato per anni fino ad arrivare al punto in cui sono ora. È un tipo differente di film. Anzi, probabilmente non è nemmeno un film.
Vuole dire anche lei qualcosa su Hollywood che sciopera?
Hollywood? Non so molto bene cosa stia avvenendo dall’altra parte, sono sincero. Posso dire che mi piace tanto vivere in Florida.