Locarno Film Festival

Cinema e disabilità: ci vogliono immaginazione e coraggio

Si è svolta questa mattina al Forum @ Spazio Cinema una conversazione sull'inclusione con Clare Baines, Pascal Plisson e Stavros Zafeiris

Da sinistra: l’interprete Lis, il moderatore Fatih Abay e i relatori Clare Baines, Pascal Plisson e Stavros Zafeiris
(©Locarno Film Festival)
6 agosto 2023
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In una domenica mattina di luce limpidissima e di cielo superlativamente azzurro, al Forum @ Spazio Cinema si è tenuta una conversazione pubblica intitolata ‘Abbracciare la diversità: inclusione della diversità e rappresentazione nell’industria cinematografica’. All’incontro hanno partecipato Clare Baines, Pascal Plisson e Stavros Zafeiris, moderati da Fatih Abay, responsabile del settore Diversità e inclusione alla European Film Academy. Coerentemente con il principio di inclusione, l’incontro è stato tradotto in lingua dei segni. Presentiamo i relatori: Clare Baines lavora per il British Film Institute come guida per la Disability Equality (parità per la disabilità). Pascal Plisson è un regista documentarista francese (‘Vado a scuola’, nel 2014 César come migliore documentario) di cui è stato presentato lo scorso 5 agosto nella sezione Locarno Kids Screenings ‘We have a Dream’ (2023) che racconta la storia di sei bambini con disabilità diverse che vivono in Francia, Kenya, Nepal, Ruanda e Brasile. Terzo relatore è l’attore greco e paraplegico Stavros Zafeiris che ha recitato in ‘Touched’ di Claudia Rorarius, che tratta il delicato tema della sessualità delle persone disabili (concorso Cineasti del presente, prima proiezione lunedì 7 agosto alle 18.30 al PalaCinema 1).

Una posizione scomoda

La riflessione sulla diversità – la sua accettazione e la sua rappresentazione nell’industria cinematografica in particolare e nella società tutta in generale – è un esercizio che ci pone in una posizione scomoda che ci costringe, nel miglior senso possibile del verbo, a guardare alle molteplici sfaccettature e possibilità del mondo che ci circonda, spronandoci a un essenziale lavorio di decostruzione di quegli stereotipi che, in larga parte ancora oggi, definiscono una realtà che, più o meno da vicino, ci riguarda tutti. Mettersi in quella posizione scomoda, è stato introdotto domenica mattina, ci permette di metterci all’ascolto di quelle voci (da dentro la disabilità) che possono aiutarci ad aprire i nostri orizzonti.

Il tema al centro della conversazione è molto ampio e complesso, e può essere discusso da più punti di vista. Innanzitutto, è una questione di linguaggio, ha sottolineato Baines: «La lingua è in continua evoluzione, è perciò necessario interpellare sistematicamente le comunità interessate, perché sono loro a decidere come preferiscono essere definite». Le parole che usiamo, è inutile scriverlo, sono capitali perché connotano i concetti: insomma, se la disabilità è vista negativamente, verrà definita negativamente e vissuta (dalle persone coinvolte) allo stesso modo. Quindi, per smontare i cliché vanno cambiate le parole: «Bisogna andare oltre la barriera del preconcetto e la lingua è lo strumento per sfondarla e garantire una rappresentazione autentica, anche nel cinema. È imprescindibile - ha concluso Baines - il cambiamento di mentalità, affinché si crei integrazione».

E l’industria cinematografica è chiamata a sviluppare questa sensibilità e per farlo, lo ha detto chiaramente Zafeiris, devono esserci «più immaginazione e coraggio per creare più mondi», perché l’identità delle persone disabili va oltre la loro diversità. Sul piano professionale, l’attore (forte della sua esperienza personale) ha poi aggiunto che oggi «piano, piano si sta andando nella giusta direzione», rilevando come sempre più attori disabili interpretino personaggi disabili, finora soprattutto appannaggio di professionisti, si perdonino le ripetizioni, non disabili.

La disabilità va anche raccontata, ma è necessario capire come; al di là, lo scrivevamo prima, del lessico e le sue connotazioni. Su questo aspetto ha lavorato il regista Plisson. Nell’ambito di ‘We have a Dream’, ha ricordato, il regista è partito dalla volontà di realizzare un film per i bambini, per mostrare cosa sia la disabilità Soprattutto, attraverso le storie incrociate dei suoi protagonisti, il suo intento è stato mostrare che l’accettazione della diversità è possibile, così come l’integrazione nel tessuto sociale: «È un film sull’amore, sull’amore genitoriale, che è fondamentale», ma, ha sottolineato ancora, la positività del documentario (che è utile alla sensibilizzazione) non deve ridimensionare la schiettezza della realtà, che va mostrata per ciò che è. STO