Piazza Grande

L’interessante piazza di ‘Hinterland’ e ‘Sinkhole’

Ieri sera due film importanti per quanto imperfetti: l'immaginifico lavoro dell'austrico Stefan Ruzowitzky e il disaster-movie del coreano Kim Ji-hoon

Sinkhole di Kim Ji-hoon
7 agosto 2021
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«Il problema delle piattaforme è quello della fretta, tutti devono fare in fretta sceneggiatori, registi, musicisti… ma è come preparare una torta, non puoi anticipare i tempi» ci aveva raccontato l'attrice Kasia Smutniak, vincitrice del Leopard Club Award. L’esempio è forte, viviamo il destino di chi si nutre di torte non cotte o cotte male. E a questo abbiamo pensato vedendo i due film in piazza, film sicuramente interessanti e in qualche modo importanti, ma, restando in metafora, tolti dal forno con qualche minuto d’anticipo.

Il primo a essere visto è stato l’immaginifico ‘Hinterland’ un film che ritrova, modernizzati, gli stilemi dell’espressionismo tedesco, e soprattutto che ripercorre quelle strade viennesi del primo dopoguerra calcate da Greta Garbo e Asta Nielsen in quell’infinito capolavoro che è ‘Die freudlose Gasse’ che Georg Wilhelm Pabst consegnò al pubblico nel 1925. Spiega il regista Stefan Ruzowitzky: «Hinterland parla di mascolinità tossica. Perg e i suoi compagni tornano da una guerra persa. Provano vergogna e rabbia. Reagiscono a questo con un’aggressione cieca, contro sé stessi e gli altri». Il Perg di cui parla (un intenso e convincente Murathan Muslu) è un ufficiale dell’imperiale esercito austriaco, che, dopo due anni di terrificante prigionia nella Russia dove i bolscevichi combattevano i bianchi, ritorna in una Vienna diventata da sede dell’Impero a repubblica dove covano nella disperazione i germi nazisti e sulle strade sventolano le bandiere rosse dei rivoluzionari. Prima di partire volontario per la Grande Guerra, Perg era il più famoso ispettore di polizia a Vienna, e ora si ritrova a rientrare lentamente nei ranghi per risolvere una serie di terribili omicidi che egli scopre avere radici proprio in quel campo di prigionia dove gli uomini avevano perso lo spirito di essere un popolo. C’è anche una storia d’amore, che resta malamente conclusa, segnalando l’ipocrisia di un mondo allo sfacelo. D’effetto le scene e i costumi, da segnalare il sonoro di Michel Schillings, Alain Goniva e Nils Kirchhoff, insieme alla fotografia di Benedict Neuenfels. Tra i protagonisti da sottolineare la bella recita di Liv Lisa Fries, nelle parti di una dottoressa d’anatomia che aiuta e ama Perg.

Il sudcoreano ‘Sing-keu-hol’ ci porta invece nella periferia della capitale Seul per mostrarci il destino di persone normali alle prese con un disastro ecologico che segna definitivamente le loro vite. Come spiega il regista Kim Ji-hoon: «Volevo fare un film che fosse più rivolto alle persone piuttosto che focalizzato solo sulla portata del disastro. Di fronte a una situazione disastrosa, in ultima analisi sono le persone che la sentono e la superano». Un film sulle persone, sul lottare comunque sempre, al lavoro, a casa con vicini e parenti, nelle situazioni critiche, senza mai avere, infine, pace e sedersi su una poltrona a dondolo guardando gli eventi del cielo. Il cittadino medio Dong-won (un bravissimo Seong-gyoon Kim) trasferitosi nella nuova casa costata anni di duro lavoro, invita per inaugurarla le sue e i suoi colleghi di lavoro. Nell’ambiente festoso, segnato solo dai litigi con un invadente vicino Man-su (un Seung-Won Cha da applausi), succede che l’edificio sia inghiottito da una profonda voragine apertasi improvvisamente nel suolo. Qui il film vira da commedia a potente dramma, segnato anche dal lutto. Il lieto fine si tinge d’amaro mentre nel cielo si rincorrono i fuochi d’artificio. Forse il film pecca di prolissità, un ulteriore lavoro di snellimento al montaggio lo renderebbe ancor più interessante.

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