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Sighanda, impronta di grafite sulla sabbia d’Egitto

‘Il ritorno nel giorno’ è il titolo della personale dell’artista siculo-ticinese, che espone a Cuneo i suoi carnet di viaggio e il relativo frutto

‘Prima di chiudere gli occhi come Tutankhamon dovevo vedere le piramidi’
(www.sighanda.com)
15 ottobre 2022
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Pensando alla distanza tra il suo Ticino e la sua Sicilia, alla fine Torino è a un tiro di schioppo da qui. È dal capoluogo piemontese che arriva Dominique Fidanza in arte Sighanda, scesa alla stazione di Bellinzona dopo gli ultimi ritocchi all’allestimento de ‘Il ritorno nel giorno. Sighanda - Impronta di grafite sulla sabbia d’Egitto’, mostra che si apre alla Fondazione Peano di Cuneo domenica 16 ottobre all’interno della rassegna ‘CuneoVualà’, per restare aperta sino al 13 novembre prossimo.

Pittrice, illustratrice, cantante, cantautrice, Sighanda ci raggiunge in zona Teatro Sociale, qualche anno fa teatro di ‘Mitofonie’, album e concerto, anche per sordi. Ci dice di come la Fondazione di cui sopra l’abbia chiamata per omaggiare il bicentenario di Jean-François Champollion, il padre dell’egittologia, colui che duecento anni fa decifrò per primo i geroglifici. «Avevo realizzato un paio di quaderni di viaggio al Museo egizio di Torino, luogo splendido, e una volta interpellata mi sono detta: "Sì, posso fare una mostra sull’Egitto, ma se in Egitto non ci vado cosa mai potrò raccontare?". Prima di chiudere gli occhi come Tutankhamon dovevo vedere le piramidi, almeno una volta nella vita. Avrei accettato l’invito soltanto se fossi riuscita ad andare sul posto a prendere tutto ciò che quella terra poteva regalarmi». Così, per non fare l’inviato al fronte che scrive gli articoli dalla stanza d’hotel, Sighanda si è mossa in prima persona tra la piana di Giza, la necropoli di Saqqara e il Museo del Cairo, una ‘raccolta’ da integrarsi con quanto già visto e messo su carta a Torino.

I quaderni di viaggio sono stati il modus operandi di Delacroix, Turner, Toulouse-Lautrec. Il lavoro fatto da Sighanda per ‘Il ritorno nel giorno’ s’inserisce in quella tradizione, ma fino in fondo: «Oggi il solo quaderno di viaggio è oggetto di mostra. Un tempo invece, vista l’assenza della fotografia, il carnet era un mezzo che serviva a prendere appunti, semplici bozzetti, da portarsi poi in atelier per realizzare un quadro. Ho voluto riprendere per intero questa filosofia, restituendo senso al quaderno di viaggio, alla sua essenzialità, ma sempre a fini di trasformazione in opera pittorica, ispirata al mondo egizio». A far da tramite, oltre al segno e i pigmenti naturali, costante del lavoro di Sighanda, un altro elemento naturale, la sabbia della piana di Giza calpestata in prima persona, divenuto pigmento aggiuntivo e fonte d’ispirazione, altrettanto aggiuntiva: «Gioco tanto con quello che i pigmenti e le sabbie mi chiamano: quando si asciugano, vedo le forme. Non le stimolo io, non le gestisco, le assecondo soltanto».

Interrogativi

Sighanda espone a Cuneo una cinquantina tra disegni originali, tavole, gigantografie, immagini sagomate, mappe acquarellate, fuoriusciti dai suoi taccuini, inclusi. «Non ho avuto molti giorni a disposizione. Quando arrivi in Egitto e ti trovi davanti a queste opere, dubiti fortemente che ci sia la mano dell’uomo dietro di esse, o soltanto quella. Mi sono clamorosamente persa tra i geroglifici, persa nell’aspetto tecnico, per il modo in cui tutto è stato realizzato: se non vedi da vicino, è difficile credere come con lo scalpello si riescano a creare opere di quel tipo. E il punto interrogativo persiste: quella egizia è una civiltà che rimane misteriosa, perché ancora oggi non si riescono a spiegare alcuni dei suoi manufatti».

‘Il ritorno nel giorno’ è titolo che allude alla traduzione dell’antico testo funerario egizio, ‘Il libro dei morti’, un insieme di testi e frammenti di papiri che costituiscono un carnet de voyage ante litteram. Nelle opere di Sighanda regna la sovrapposizione, altra costante del suo lavoro, tecniche diverse che convivono, l’acquarello coi pennini, la china coi pennelli, intrecciando statue, piramidi, simboli, corredi funerari e decorazioni, figure umane e animali. Il video che accompagna l’esposizione, che porta il medesimo titolo della personale (prodotto da Desjours&deslunes) ripropone le stesse trasparenze, e così come i disegni di Sighanda accompagnano fisicamente la sua musica (nel supporto audio fisico e sul palco), allo stesso modo la sua musica accompagna il momento espositivo grazie a ‘La ma’, composizione creata per l’occasione: «Quella egiziana non è esattamente una cultura vicina alla mia, ma condivide innegabilmente certe sonorità etniche». Nella Sicilia di Sighanda, e in altre parti del Sud Italia, ‘La ma’ è un modo per rivolgersi al proprio figlio, ‘Dai la ma’, ‘Dai la mamma’. «Ma la mia è un mamma spirituale, che parla al figlio spirituale, sono anime che si muovono nella casa funeraria dei faraoni, tra le decorazioni che ne raccontano la vita sotto i cieli stellati dipinti sui muri. È la voce di una madre celeste» (www.sighanda.com).


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Sovrapposizioni