Da Odessa ad Albogasio fino a Como, percorsi d’acqua e terra radicati in noi. Corrispondenze
Di mattina, la luce prende sempre più spazio, la roccia del Generoso è custode dei suoi riflessi che poi lancia verso la pianura, ancora in ombra. La luce entra nella casa, proprio dove stai scrivendo e accende all’improvviso le fotografie tenute per qualche giorno a bordo tavolo. Forse, non ne volevi parlare, facendo argine ai sentimenti che proprio perché tali non si fanno trattenere più di tanto. Ora torni sull’immagine, guardi, ed è qui il mistero della vita. Una donna, la violenza di adesso e la bellezza che è stata, coltivata in anni di maternità, sorprese, entusiasmi. Due foto, la guerra. Siamo a Odessa, nella città natale di un giovane colpito a morte; è in un involucro semichiuso vicino ad altri uomini coperti da teli bianchi e scuri. S’intravede solo una parte del corpo, segnato da chiazze di sangue. Vicino a lui, la madre vestita con giubbotto e cappuccio, una sciarpa di lana al collo, chinandosi tiene una parte del telo, la solleva con la mano sinistra, un gesto lieve, nel volto il dolore, intraducibile. Un’altra mano cerca di sollevarla da terra; vediamo il polso di un uomo, l’orologio che porta. Poi, la donna esce sulla strada, piange, porta una piccola borsa, si tocca il mento, stringe la bocca. Spesso, di fronte allo stravolgimento della realtà, fuggiamo altrove.
Sono andato indietro, ho ripreso tra le mani una memoria antica, unica, preziosa. La letteratura, è elaborazione; lo è nella tragedia greca, nei poemi classici. Verso sera leggo l’ultimo, magistrale, canto dell’Iliade di Omero, il XXIV. Achille accecato dal dolore per la morte di Patroclo, fa scempio del cadavere di Ettore, reo di averlo ucciso. Proprio nel momento in cui dolore e odio raggiungono vette assolute, il padre di Ettore, Priamo, anziano e malato, entra nell’accampamento dov’è Achille. S’inginocchia, supplicandolo di restituirgli il corpo del figlio per un’onorata sepoltura. Dapprima, il Pelide lo irride, ma l’anziano genitore dice: "Pensa al tuo padre, Achille pari agli dei/ coetaneo mio, come me sulla soglia tetra della vecchiaia/e lo tormentano forse i vicini, standogli intorno, /perché non c’è nessuno che il danno e il male allontani". È il richiamo stesso a qualcosa che ancora non si è spezzato; Peleo, padre di Achille non sa se rivedrà il figlio e soffre. Achille si commuove, in lacrime pensa che un giorno sarà così anche per lui e accoglie la supplica di Priamo. La pietà, due uomini, il destino. Il mare agitato ha un odore diverso da quello calmo e quando prende il sopravvento inquieta, ci troviamo soli, perso l’orizzonte; ma basta poco, un vento che soffia in direzione opposta, perché i gabbiani tornino a volare sopra di noi dandoci una nuova rotta.
Keystone
Odessa, aprile 2022
Non abbiamo mare, ma laghi che si rincorrono, pontili, imbarcazioni. Guardare il lago è lasciare che l’occhio si sposti tra le rive, contempli le presenze minute dimora di una natura silenziosa. C’è un punto del Ceresio verso Gandria, che fa pensare a un lago del nord, stretto, attraversato da luci argentee, chiare, fino a racchiudere sfumature di grigio azzurro. Passiamo da Albogasio, rintracciamo le sue scale. "Case a strapiombo, asperità minori, / un figlio in testa; e, d’infilata, la breva / che prende il lago a sghimbescio, ingannatrice / si tuffa dalla Forca di San Martino, / costeggia rocce e strada e poi s’infuria / subito dopo Gandria, dove l’acqua s’allarga… /". Sono i movimenti ascensionali descritti da Fabio Pusterla, in ‘Pietra sangue’. Ho avuto l’occasione di sostare appena fuori l’appartamento di Francesca Solari, sul pelo dell’acqua; Francesca, regista, è molto attiva nella salvaguardia del territorio. Sono stato là per qualche minuto, diverso è il piano visivo se è dal basso, le immagini risvegliano quanto acqua e terra siano radicate in noi. Nascono corrispondenze, il tempo scaturisce.
Su un altro lago, quello di Como, rasento l’Hangar dove con una spinta progressiva gli idrovolanti partono per il volo. Altri movimenti ascensionali, un volo antico. Mi incontro a Como in via Zezio, quartiere ‘Villaggio’, con il poeta Mauro Fogliaresi e Cinzia Porto, appassionata fotografa. Da qualche tempo ho conosciuto la frazione di Campora, a Camnago Volta, un quarto d’ora dalla città. Qui, l’incontro con il signor Raffaele Malinverno di ottantaquattro anni, uomo che conosce a palmo di mano l’ambiente. Il suo giardino, l’orto, sono una continua scoperta. Conversare con lui è un piacere, immersi in un racconto che salda passato e presente con rara semplicità. Raffaele fa potature, innesti. Lulù, la cagnolina di casa lo sveglia verso le cinque del mattino, e poi il giretto.
"Sono nato a Campora. Di quei tempi ricordo la pulizia dei prati, dei boschi, le strade costeggiate da piante da frutta. Tutti erano contadini, si lavorava la terra". I rapporti? "Parlavamo della campagna, di come andava la frutta. Del fieno. Nel cortile dove abitavo c’erano sette famiglie, adesso restano mia cugina e mia cognata, non conosco gli altri". Gli animali? "I buoi per trainare il carro, la mucca per il latte che si portava a Como e a metà strada il controllo per vedere se ci fosse dentro dell’acqua". Come viveva il Cosia? "Da piccoli si andava nel torrente a piedi nudi, facevamo la corsa, uno dentro con i sassi e uno fuori, da Ravanera a Solzago. C’erano i gamberi, marroncini, squisiti e sotto i sassi, le trote. Un’acqua limpida". Per riscaldarvi? "Con le stufe economiche e il camino grande, a fianco le due panche. Mangiavamo polenta, le patate sotto la brace con un po’ di carta". Chiedo a Mauro cosa abbia colpito lui e Cinzia del luogo. "La mia infanzia a San Martino è segnata dal desiderio di libertà, le discese in bici, i pesciolini nel Cosia. Tornare qui, nel periodo della pandemia è stato importante, la natura ce lo ha detto. Ho conosciuto Raffaele, persona ricca di umanità, umile, un’amicizia diversa che mi ha dato tanto". Cinzia: "quando parli con Raffaele è come se tutto si dilatasse, anche le preoccupazioni. Torni con uno stato d’animo rasserenato; trovi una natura semplice, immediata, non modificata pesantemente dall’uomo e che senti nell’energia che ti trasmette". Mauro Fogliaresi, parla di "una periferia diversa, con meno contraddizioni. Autentica".
Raffaele apre una piccola raccolta fotografica dove spiccano quadri a olio, una sua grande passione. Scorrendo, eccolo in ginocchio, la foto di un torneo di calcio, maglia verde. Giocava terzino, detto per la velocità e la grinta, ‘la volpe’. Del resto, cosa dire quando da Campora alla Cascina San Pietro, (Brunate) riesci a salire in cinquantotto minuti?