Castellinaria

Maternità e altri sogni in ‘Six Weeks’

In concorso (Young), un film sull’amore e sul delineamento dei propri limiti, come mezzi che proteggono dalla propria superbia

Katalin Román
23 novembre 2023
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Al suo esordio registico al lungometraggio, la regista ungherese Noémi Veronika Szakonyi affronta il macrotema della gravidanza indesiderata, nel suo film ‘Six Weeks’, con un approccio quasi dardenniano: la macchina da presa segue la protagonista Zsófia in maniera incessante, stando alle sue spalle e osservandola da vicino, similmente a ‘Rosetta’. È un personaggio principale anch’esso giovane e forte, ma che mantiene le distanze da ciò che lo circonda, un chiaro meccanismo di difesa che si traduce nell’obbligo autoimposto di essere sprezzante.

Si aggiunga una famiglia disagiata che appesantisce il fardello della sua condizione di maternità e che la costringe ad assumersi precocemente delle grosse responsabilità, impedendole di crescere come una qualsiasi ragazza della sua età e di inseguire il proprio sogno di entrare nell’élite nazionale di ping pong. Un flusso di coscienza altalenante la travolge, portandola progressivamente a mettere in discussione la propria scelta di dare la neonata in adozione a priori, quindi la confronta con la propria inesperienza materna e con le scarse possibilità che avrebbe di garantire alla piccola una vita agiata.

Instabilità

Zsófia è una giovane donna che vive con la madre, alcolizzata e depressa, e con la sorellina Mesi, in un piccolo appartamento in periferia. Messa incinta da Krisztiàn, che evita ogni tipo di coinvolgimento paterno, è decisa a dare sua figlia in affidamento a Gabor ed Emma, coppia che da otto anni tenta di costruire una famiglia senza successo. Zsófia deve occuparsi dei propri parenti come un’adulta, al tempo stesso si allena assiduamente nel ping pong in vista della European Cup, con la conseguente possibilità di entrare in nazionale e partecipare alle Olimpiadi, rifuggendo ogni tipo di contatto con la propria gravidanza che percepisce come un peso di cui liberarsi. Le sue compagne credono si sia operata per un’ernia, quindi viene sostituita da Szonja per avere il tempo di riprendersi fisicamente, cosa che aumenta la sua insicurezza, inasprendo la competizione interna. Dopo il parto, Zsófia ha sei settimane di tempo per rivendicare sua figlia ma, proprio quando sembra convinta di volerle fare da mamma, si scontra con la propria instabilità e inadeguatezza...

Maternità e sogni

‘Six Weeks’ è un film sulla falsa riga di ‘4 mesi, 3 settimane e 2 giorni’ di Cristian Mungiu, per ciò che concerne la gravidanza indesiderata, con una protagonista ribelle, imbronciata e fiera in superficie ma insicura sotto alla propria maschera protettiva. Come Mia in ‘Fish Tank’ di Andrea Arnold, anche in questo caso si osserva una ragazza che deve affrontare un’imposizione di crescita prematura, di assunzione di responsabilità che non possono essere gestite senza esperienza e sicurezza del proprio operato. Zsófia vorrebbe essere lasciata in pace, per concentrarsi su ciò che vuole ottenere dalla vita, ma le scelte registiche non lo permettono e diventano la sua ombra, tallonandola quasi ossessivamente e senza concederle la pausa che dovrebbe prendersi, per recuperare le forze ma anche per pensare a freddo a tutta la situazione.

Diventare la matriarca della famiglia non è esattamente una scelta per Zsófia che, nonostante il momento delicato che sta affrontando, s’impone l’abbandono di qualsiasi tipo di infantilità e naïveté, per poi però capire di non essere pronta ad affrontare la gravosità della maternità, che mina il raggiungimento del suo sogno sportivo e della sua capacità di donare amore. Un cerchio che si chiude dunque in maniera semplice e lineare ma che va in profondità, concentrato sull’inseguimento anche emotivo della protagonista e, così facendo, dando la possibilità allo spettatore di fermarsi ad analizzare l’aspetto psicologico della vicenda sotto tutti i punti di vista.

Zsófia si crede onnipotente, forte della sua gioventù, ma è proprio accettando i propri limiti che riesce a riappropriarsi di una sorta d’infanzia perduta, eliminando le questioni oltre la sua portata per ritrovare un’innocenza genuina, distruggendo quel muro che si è costruita per sopravvivere, ma che, se abbattuto, porta all’emersione della spensieratezza dei suoi anni.