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Quando il Surrealismo si mette in gioco

A Losanna, ben tre musei celebrano il centenario del primo Manifesto del Surrealismo, esplorando il tema del gioco e il suo rapporto con il movimento

Salvador Dalí Cigni che riflettono elefanti, 1937 olio su tela, 51×77 cm - Esther Grether Family Collection
(Salvador Dalí, Fundació Gala-Salvador Dalí / 2024, ProLitteris, Zurich Photo: Robert Bayer, Bildpunk)
4 giugno 2024
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Il gioco è un fenomeno ambivalente: rappresenta, in un certo senso, l’allontanamento dalla vita reale, una parentesi di spensieratezza al riparo dagli impegni e dagli obblighi quotidiani. D’altra parte, è una presenza oltremodo diffusa, ineludibile, nella nostra esistenza e nel nostro linguaggio: avere buon gioco, entrare in gioco, mettersi in gioco, far gioco, fare il doppio gioco, fare qualcosa per gioco, prendersi gioco di qualcuno, stare al gioco, un gioco da ragazzi. Insomma, le espressioni linguistiche che si affidano al gioco per esprimere le sfumature del reale sono davvero tante. E allora il gioco finisce per diventare una potente metafora per descrivere la vita. Come scordarci che, in inglese e in francese, interpretare un ruolo si dice to play a role e jouer un rôle e che, come diceva un personaggio di Shakespeare “all the world’s a stage”? A volte poi ci sono delle circostanze e degli stati d’animo che fanno sì che la vita suggerisca, spontaneamente, l’esperienza del gioco. Il gioco, allora, diventa filosofia di vita.

Ne sapevano qualcosa i surrealisti, che attorno al gioco perfezionarono pratiche artistiche e considerazioni teoriche. Proprio in questi giorni, sull’onda del centenario dalla pubblicazione del primo Manifesto del Surrealismo (1924), il Museo delle belle arti di Losanna (Mcba) si interroga sulla centralità del gioco nello sviluppo del movimento. La prima parte della mostra, caratterizzata da una panoramica storica del movimento, si concentra sui molteplici aspetti del gioco, da quelli più dichiaratamente ludici a quelli più sovversivi o critici.

La seconda parte, invece, propone otto artisti contemporanei che attualizzano l’estro creativo e lo spirito anarchico dei surrealisti. E, come se ciò non bastasse, a due passi – in quello che è ormai a tutti gli effetti un vero e proprio quartiere dei musei –, altri due musei celebrano il surrealismo. Il museo di fotografia Elysée dedica un’allettante retrospettiva a Man Ray, e il Museo del design e delle arti applicate (Mudac) consacra i suoi spazi all’influenza del Surrealismo sul design moderno.


Man Ray 2015 Trust 2024, ProLitteris, Zurich
Man Ray: Paul Eluard et André Breton, 1939

Il gioco nella poetica surrealista

Ma torniamo al tema del gioco: apprezzato, inizialmente, soprattutto quale attività informale in grado di catalizzare la socievolezza, di rinsaldare i legami, e di incoraggiare le affinità tra i membri del collettivo, il gioco rivelerà ben presto il suo potenziale epistemico, estetico, e creativo, configurandosi, con artisti del calibro di Marcel Duchamp, René Magritte, Man Ray o Salvador Dalì, come un vero e proprio meccanismo di liberazione tanto individuale quanto collettivo.

Nella mostra losannese, la centralità del gioco è illustrata, per esempio, dal valore che i surrealisti attribuiscono agli scacchi: al di là del puro intrattenimento, i pezzi sulla scacchiera riflettono – in modo allegorico – il mondo reale, rinviando a ambiti tanto diversi come la strategia militare e le manovre politiche di capi di stato, o le schermaglie amorose e i giochi di seduzione fra innamorati. Mescolando elementi casuali e prevedibili, gli scacchi diventano una metafora dell’approccio artistico coltivato dai surrealisti, in particolare da Duchamp, uno fra i più irriverenti ma forse anche l’artista più concettuale del gruppo. Più in generale, il gioco si ritrova anche ad altri livelli, come mostrano anche i celebri ready-made sempre di Duchamp. L’operazione con cui l’artista ricontestualizza l’uso di oggetti banali inserendoli in un museo, investe e stravolge il valore canonico dell’opera, finendo per trasformarne in maniera irreversibile il significato. Oppure, in maniera meno flagrante ma non meno convincente, i lavori di Dalì (come il capolavoro Cigni che riflettono elefanti in mostra a Losanna) creano giochi percettivi e polisemici dove realtà e sogno convergono e si intrecciano in maniera inestricabile.

Secondo lo spirito del Surrealismo, l’arte deve rendere conto dell’ambiguità, dell’incongruità e dell’eterogeneità con cui il reale ci sorprende continuamente. Nel tentativo di eludere la logica, la razionalità e il positivismo, il Surrealismo fa affidamento a un rapporto ludico e disinteressato con il reale, e all’emergere dell’inaspettato che scompagina l’ordine e la monotonia della routine.

L’innocenza e la fantasia del bambino, così come l’incongruenza della malattia mentale, la forza rivelatrice del sogno, la voce misteriosa dell’inconscio e la creatività del gioco vengono promosse quali autentiche misure della complessità del reale. A fronte dell’approccio statico e ragionato di chi soppesa e misura in modo eccessivo, tanto da inaridire e appiattire la ricchezza dell’esperienza, la scrittura automatica promossa da André Breton – i cui principi vengono estesi alle arti plastiche e al cinema – permette, in questo senso, di restituire i rilievi, le discontinuità e gli smottamenti del reale. Come afferma lo stesso Breton – capofila del movimento – nel primo Manifesto del Surrealismo (1924), si tratta di affidarsi all’ “automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”.


Succession Prassinos
Mario Prassinos, Senza titolo, 1937

L’onda lunga del Surrealismo

Le opere surrealiste in letteratura, in pittura, nel teatro e nel cinema manifestano una volontà di rottura rispetto a tutto ciò che impoverisce la realtà dei suoi aspetti più onirici. Di conseguenza, vengono dichiarati inattuali quei codici estetici e interpretativi dei movimenti artistici precedenti, considerati obsoleti perché ritenuti troppo vincolati a una lettura univoca della realtà. E anche là dove i vincoli della rappresentazione sono particolarmente presenti, come nel caso della fotografia o del cinema, i membri del gruppo riescono a eludere e a dirottare i codici del realismo visivo con esiti tanto brillanti che, a oggi, le fotografie di Man Ray (come quelle nell’esposizione a lui dedicata), il cortometraggio Un chien andalou (1929) di Luis Buñuel, o il film sperimentale Dreams That Money Can Buy (1947) di Hans Richter sono, a giusto titolo, considerati dei punti di riferimento nell’arte del XX secolo.

Sin dagli albori, il Surrealismo si proclamava rivoluzionario e antisistema: la sua estetica, la sua predilezione per le combinatorie giocose, e la sua volontà di ridisegnare in chiave onirica il rapporto fra forma, identità, e rappresentazione, si sono diffuse negli anni rimanendo vive, come brace ardente, anche quando il movimento, dopo la Seconda guerra mondiale, perde slancio e cede il passo all’Espressionismo astratto di stampo americano.

Come illustra anche, peraltro, l’esposizione che il Mudac dedica al rapporto fra il Surrealismo e il design (non vi dice nulla il divano a forma di labbra disegnato da Dalì?) o, a livello cinematografico, la persistenza dei motivi surrealisti nell’insieme dell’opera di Buñuel o, ancora, i film di Quentin Dupieux (in questi giorni è nelle sale Daaaaaalì, dedicato all’artista catalano), il Surrealismo non ha mai smesso di plasmare il nostro immaginario. Ancora oggi, l’espressione “è veramente surreale” può designare circostanze piuttosto diverse, alludendo a un senso di stupore al cospetto di una situazione che ci appare inusuale, incredibile, o semplicemente assurda. Come dire: se la mostra del Mcba, unitamente a quelle del Mudac e dell’Elysée, ci permettono di apprezzare l’influenza che il Surrealismo ha esercitato sul nostro modo di percepire il mondo, la possibilità di vivere situazione surreali è sempre dietro l’angolo. A patto, naturalmente, di seguire il consiglio di Breton e compagni: quello di saper cogliere l’inusuale e l’onirico direttamente nel cuore del reale.


MCBA LGJ - Marion Adnams
Marion Adnams, Emperor Moths / Thunder, 1963

Dove e quando: Surréalisme. Le Grand Jeu, Losanna, Museo cantonale delle belle arti (Mcba), fino al 25 agosto; Man Ray. Libérer la photographie, Museo Elysée, fino al 4 agosto; Objets de désir. Surréalisme et Design, Museo cantonale di design e di arti applicate (Mudac), fino al 4 agosto.

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