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Il ‘caso Fontana’: opere, invenzioni e ingegno

La Pinacoteca Züst e l’Archivio del Moderno (Usi) promuovono l’esposizione della ‘azienda’ dell’architetto di Melide. Sabato 26 novembre, l’inaugurazione.

Cripta di San Matteo, cattedrale di Salerno
(Marco Stucchi)
26 novembre 2022
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Compasso fra le dita. Una vertiginosa posa di tre quarti e uno sguardo fiero spinto fuori campo. Domenico Fontana, ritratto da Federico Zuccari, ha tutti i crismi. Nato a Melide nel 1543, appena ventenne parte alla volta di Roma, dove inizia a lavorare come stuccatore. Pochi anni dopo, il cardinale Felice Peretti – futuro papa Sisto V dal 1585 al 1590 – lo prende sotto la sua ala e alla sua investitura lo nomina architetto pontificio.


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Domenico Fontana ritratto da Federico Zuccari

Al suo servizio, Domenico elabora il nuovo piano regolatore della Città Eterna, lavora quindi a imprese di notevole impegno ingegneristico come l’innalzamento dei grandi obelischi fra cui quelli nelle Piazze di San Pietro, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano, del Popolo. Nel quinquennio del pontificato sistino, al centro del lavoro di Fontana anche alcuni importanti cantieri architettonici come il Quirinale, il Palazzo Lateranense, la Biblioteca Vaticana; lavora altresì alla costruzione della Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore. Al suo fianco, in quel periodo, lavorano il fratello Giovanni, il nipote Carlo Maderno (nome che immantinente richiama facciata della basilica di San Pietro), gli architetti Matteo di Castello e Girolamo Rainaldi, suo discepolo.

La musica cambia quando Sisto V muore: Fontana, per invidie e sospetti (è accusato di malversazioni), viene esonerato dalla carica di architetto pontificio da Clemente VIII. Ripara allora a Napoli, dove – sul finire del XVI secolo – è nominato architetto regio e ingegnere maggiore del regno. Nella città partenopea, Domenico lavora alle vie di Chiaia, costruisce il palazzo Carafa della Spina, lavora alla Cripta di San Matteo nella cattedrale di Salerno. A inizio Seicento lavora altresì al progetto architettonico più importante, Palazzo Reale; nonostante abbia subito in corso d’opera varie trasformazioni. Napoli, è anche la città che accoglie le sue spoglie, dopo la morte sopraggiunta nel 1607.


Concattedrale della SS. Annunziata di Treia, foto di Roberto dell’Orso
Bastiano Torrigiani, Busto di Sisto V, 1585-1590 ca., bronzo parzialmente dorato

Un direttore d’orchestra

Dalla sua opera – che formalmente si sviluppa nel contesto spoglio e austero della Controriforma – o meglio dal suo modus operandi emerge come Domenico Fontana avesse una grande capacità organizzativa nei grandi progetti edilizi e nella risoluzione di "impicci" ingegneristici. E per il suo lavoro Fontana è stato per il Ticino "fonte di gloria immortale". Citiamo le parole della direttrice della Pinacoteca Giovanni Züst Mariangela Agliati Ruggia, che a sua volta le ha prese in prestito da Stefano Franscini, per definire la figura trasportata dalle ali della fama dal XVI secolo al nostro.

Alla direttrice il compito di introdurre la mostra che si dipana nelle sale della Pinacoteca di Rancate e che è stata presentata in conferenza stampa: "Le ‘invenzioni di tante opere’. Domenico Fontana (1543-1607)". Promossa dalla stessa Pinacoteca cantonale e dall’Archivio del Moderno dell’Università della Svizzera italiana (Usi), l’esposizione è curata da Letizia Tedeschi, Nicola Navone e Patrizia Tosini, rispettivamente direttrice e vicedirettore dell’Archivio del Moderno e professoressa di Storia dell’arte moderna all’Università Roma Tre.

Fontana, ha spiegato Navone, non fu un demiurgo, ma piuttosto un eccellente coordinatore di maestranze con alle spalle una squadra fortissima: sapeva mettere assieme il meglio (fra botteghe artigiane e artistiche) e metterlo all’opera. Insomma ricordando le parole dei curatori, Domenico era «un direttore d’orchestra (d’argani)». E proprio questo aspetto è il fuoco dell’esposizione che si propone di "osservare l’opera dell’architetto di Melide mettendone in luce il dialogo con i numerosi artisti e artigiani – pittori, scultori, bronzisti, stuccatori, muratori, vetrai, stagnai eccetera – che collaborano alla realizzazione dei grandi cantieri da lui progettati e diretti (committenze papali e reali) fra Roma, Napoli, Amalfi e Salerno", dice il comunicato stampa.

Per raccontare questa capacità di unire le competenze, è stato concepito un allestimento diviso in tre sezioni principali, che dal pianterreno salgono fino alla Sala delle Capriate. ‘Domenico Fontana: i luoghi, i committenti, l’impresa’; ‘Il cantiere fontaniano: dal progetto all’esecuzione’ (dove spiccano gli artisti Cesare Nebbia e Giovanni Guerra); ‘Saperi tecnici’ (dedicata alla celebre impresa del trasporto degli obelischi e al trattato inerente). Oltre all’esposizione di opere pittoriche (alcune inedite), disegni preparatori, così come volumi in teche di vetro, opere scultoree (come il busto bronzeo di Sisto V), la mostra è arricchita da una serie di supporti interattivi video e fotografico-immersivi che permette per esempio l’esplorazione di spazi architettonici lontani (la Cappella Sistina) o addirittura la scoperta di luoghi perduti, perché demoliti come la mitica Villa Montalto Peretti Massimo.

L’esposizione – che gode del prestigioso partenariato dei Musei Vaticani e l’altrettanto importante patrocinio della Biblioteca Apostolica Vaticana e della Fondazione della Guardia svizzera pontificia del Vaticano – è il frutto dei risultati della ricerca ‘L’impresa Fontana tra XVI e XVII secolo: modalità operative, tecniche e ruolo delle maestranze’, che si svolge nell’ambito del progetto Fondo nazionale svizzero -Agorà ‘The «invention of many works». Domenico Fontana (1543-1607) and his buildings works’, che mira a favorire il dialogo tra comunità scientifica e società.


Beaux-Arts de Paris
Giovanni Guerra, Innalzamento e abbassamento dell’obelisco con lo stemma di Sisto V, 1586, penna, pennello, inchiostro su tratti a pietra nera

La mostra sarà visitabile da domenica 27 novembre, al 19 febbraio 2023; l’inaugurazione è in calendario sabato 26 novembre.