Chiude il 30 ottobre la mostra a lui dedicata al Centro di Scultura, occasione importante per l’inizio di un buon lavoro di ripresa di un patrimonio
Chiude l’allestimento temporaneo dedicato dal Centro di Scultura di Peccia a una selezione del lavoro di Pierino Selmoni. A cinque anni dalla scomparsa dell’importante artista ticinese, che l’ignavia regionale ha, come in altri casi, relegato in un ipocrita dimenticatoio, si tratta di una occasione importante che potrebbe porre le condizioni per l’inizio di un buon lavoro di ripresa di questo patrimonio e per la sua proposizione sul mercato internazionale, dove merita un confronto con molte altre esperienze, per validarne, corroborarne il valore.
Con la chiusura della mostra di Peccia possiamo continuare a frequentare la scultura di Pierino Selmoni attraverso le tracce lasciate sul territorio, come la stele scura di fronte alla Banca dello Stato di Bellinzona, il Gigante della scuola di Morbio Inferiore, la Composizione del 1963 davanti al municipio di Massagno. In questo periodo, nel museo di Mendrisio, la Forma Secca e Morbida, sempre del 1963, fa parte dell’accrochage inaugurato qualche giorno fa. Cito pochi esempi di un lascito ricco quanto diversificato che ci pone fra l’altro la questione della relazione e differenza tra eclettismo e sperimentazione.
I due termini contengono valori positivi e, in nuce, rischi. Io sono convinto della natura eminentemente sperimentale della attività di Pierino Selmoni e di una sua impermeabilità alle leve motivazionali che guidano una indole eclettica. Se quindi noi vediamo risultati molto diversi tra di loro, se ci capita di leggere, di opera in opera, lingue anche distanti è perché siamo di fronte sempre al frutto di una ricerca espressiva sperimentale condotta verso una duplice ambizione: cosa esprimere, dal punto di vista poetico, formale, volumetrico, linguistico attraverso lo specifico lavoro al quale ci si sta applicando; come ottenere un risultato convincente o comunque plausibile o interessante mettendo in opera la propria perizia tecnica e cultura artistica. Sono esigenze semplici e sono i motori della produzione artistica autentica. Non vediamo necessità di indulgere o privilegiare elementi di riconoscibilità, quella che talvolta viene definita scrittura e che ci consente (o ci impone), di fronte a un’opera, di ricondurla a un nome, a una cifra, a una marca. L’artista, nel nostro caso, è consapevole della responsabilità della propria libertà di azione.
La mostra a Peccia ha riproposto alcuni valori importanti della traduzione formale di tale libertà: ad accogliere qualunque passante su per la valle Lavizzara c’è la magnifica zattera in pietra, crogiolo concettuale e artigianale che ne esprime la poetica nella propria ironica potenza; all’interno, il tema della colonna e di come tale forma possa essere ricettacolo di luce, di vibrazioni, di volumetrie piene e vuote, di rifrazioni e generazioni di immagini concrete; il tema della dimensione, mettendo a confronto colonne enormi con altre più piccole; il rapporto tra statica e dinamica affrontato peraltro dall’artista in alcuni suoi famosi interventi per gli spazi pubblici, perché alcuni oggetti sono mobili e interagiscono con l’ambiente e con i fattori incidenti, per esempio la luce, in modo propositivo; vi sono poi i piccoli bronzi che ci affacciano a ulteriori aree espressive di questo artista.
Tutto ciò è stato e resta per noi un bacino di riferimento utile per organizzare il lavoro di conoscenza e di promozione del contributo di Pierino Selmoni. Sappiamo che il suo lascito è ricco non solo nell’ambito della scultura e che occorre lavorare sul ruolo, nella sua attività, della pittura, del disegno, della illustrazione. Penso, per esempio, alla Storia della Lettera A o alle riprese di scorcio prodotte dall’artista ormai più che maturo ma sempre esigente e attivo nei luoghi architettonici o artistici a prendere appunti grafici o a fare esercizio di rappresentazione, riproduzione, schizzo, sintesi.
Chi ricorda il carattere burbero della personalità di Pierino Selmoni evoca l’incarnazione di ciò che vediamo in arte e che merita di essere ricostruito con una adeguata ricostruzione biografica. Penso, sempre per esempio, alle iniziative e ai viaggi del trio Flavio Paolucci - Phil Rolla - Pierino Selmoni a cui avrei partecipato felice.