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Sir Taki e i giovani del Centro Pasture, con Adam oltre il muro

In zona Foce il collage realizzato dall’artista ticinese con i minori non accompagnati richiedenti l’asilo di Balerna. Sabato, presentazione alla Darsena

A Lugano, al lavoro su ‘Adam’, collage che fa da sintesi ad altri 110 lavori, proiettati durante l’incontro
(Ti-Press)
28 luglio 2022
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Incontriamo Sir Taki in zona Darsena Parco Ciani a Lugano, dove sabato mattina, a partire dalle 11, spiegherà il processo progettuale che ha portato al grande collage intitolato ‘Adam’, affisso sul muro che porta alla Foce. ‘Adam’ è frutto della collaborazione tra il regista e artista visuale ticinese con i ragazzi minorenni non accompagnati richiedenti l’asilo del Centro Federale Pasture a Balerna, giovani tra i 13 e i 17 anni incontrati dal novembre del 2021 in poi tra Balerna e Novazzano, all’interno dei laboratori creativi da lui proposti.

«Tutto nasce molto tempo prima del progetto da un incontro con Margherita Rocchi, educatrice che lavora al Centro Pasture», spiega Sir Taki. «È stata lei a parlarmi per la prima volta di Balerna. Mi sono detto che sarebbe stato interessante proporre loro quel che io faccio. Ma non mi sono presentato come qualcuno che avrebbe spiegato loro una tecnica artistica, bensì come un artista. Margherita ha spiegato i miei lavori. Era fondamentale per me che i ragazzi partecipassero di loro spontanea volontà». Per quanto grande fosse l’entusiasmo, tanto quello di chi proponeva che quello di chi raccoglieva la proposta, coinvolgere minori non accompagnati non è stato un picnic: ogni singolo passo necessitava dell’approvazione dalla Segreteria di Stato della migrazione (Sem), i cui avvocati sono i responsabili di ognuno dei minori coinvolti.

Nella difficoltà generale di un progetto che non prevedeva la presenza di traduttori, Sir Taki ha tenuto duro e l’approvazione di Berna è arrivata. «Per ogni partecipante ho messo a disposizione carta, colla, forbici e un centinaio d’immagini diverse fra loro, lasciando la massima libertà di associazione delle stesse. Ho mostrato il tipo di collage che preferisco, l’associazione d’immagini tramite tagli netti, ma anche altre opzioni legate a questa tecnica». Perché proprio il collage? «Per l’enorme potenziale legato al superamento delle barriere linguistiche, perché si riesce a spiegare anche solo visivamente. Pochi di loro parlano inglese, e quei pochi che l’inglese lo parlano sono stati per tutti di estremo aiuto». Afghani, somali e sudanesi per la maggior parte, al primo incontro in cinque o sei, di cui una ragazza, Soraya: «Le ragazze sono pochissime. Le famiglie d’origine, per ovvi e tristi motivi, generalmente non lasciano partire le giovani donne».


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Sulla strada

Per nome

In 35 hanno frequentato i laboratori creativi di Sir Taki, producendo un totale di 110 collage. ‘Adam’, a modo suo, li rappresenta tutti. «Guardando ai risultati, e ai messaggi che contengono, mi sono detto che sarebbe stato bello dare voce a ogni singolo lavoro. Ho pensato quindi a una mostra, che però è un appuntamento al quale la gente deve scegliere di andare. Vista anche la natura del progetto, ho pensato che il muro sarebbe stato molto più interessante». Per l’artista ticinese parlano ‘I Liberi?’, Biennale dell’Immagine di Chiasso 2021; parla ‘Boriska’, sulla facciata del rinnovato Lux a Massagno; già parlava ‘Theresa’, a Lucerna nel 2020: «Il muro è un mezzo che s’impone, ho pensato che sarebbe potuto essere più forte, magari più violento, pur conscio della responsabilità che genera l’obbligare qualcuno a vedere qualcosa». Da cui l’idea di proporlo alla Città; da cui Valeria Donnarumma di Arte Urbana Lugano. E Arte Urbana a Lugano significa LongLake Festival, ‘Adam’ tra gli altri muri dell’edizione 2022.

‘Adam’, la cui genesi è un intreccio di relazioni. Pare inutile dirlo, il nome d’arte del ticinese ha chiare origini greche: «Viene da mia nonna che la domenica a casa ballava il sirtaki, ovviamente. Anche il mio nome è in fondo un collage». Ognuna delle opere di Sir Taki si può chiamare per nome: «Li vedo come ritratti, inseriti più o meno in un contesto. Ogni opera ha un nome proprio, come se fosse una persona, come un’entità che si stacca da me». Non di meno, entità a sé è ‘Adam’: «È il titolo dell’opera, è il titolo del progetto collettivo ed è pure una parte del cognome del ragazzo che ha sviluppato il collage, che purtroppo sabato non potrà esserci. L’ho voluto nel titolo perché il nostro lavoro è una collaborazione. E quando ho letto il suo cognome, mi sono detto che il riferimento all’intero genere umano potrebbe portare tutti a interrogarci. Ci vedo molto della condizione dei ragazzi che hanno lavorato con me, mi ci ritrovo io stesso».


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La ‘navicella’

Infermieri e boxeur

Se ‘Adam’ è davvero il genere umano aggrappato a una corda, allora che l’interrogarsi abbia inizio: «Ho incontrato persone incredibili, arrivate con chissà quali storie ma capaci di concentrarsi ogni volta per tre ore, senza alzare la testa, stregati dalle immagini. Ti chiedi come si possa essere così tranquilli, a una settimana dall’arrivo in un posto che non è casa tua». Sono stati i giorni alla Foce, più che i corsi, ad avvicinare artista e aspiranti tali: «In modo molto naturale abbiamo parlato ognuno di sé. Sono emersi i loro desideri: c’è chi vorrebbe diventare infermiere qui, qualcun altro vorrebbe tirare di boxe. Alla fine ti rendi conto che sono adolescenti, e che forse hanno meno tempo per stare a pensare da dove arrivano. Ho visto anche gli adulti del centro, molti dei quali con prospettive di restare appese a un filo. Molti di questi ragazzi invece hanno 13-14 anni e una vita davanti, per quanto partano con uno scarto di tempo rispetto ai loro coetanei svizzeri. Sono in un limbo, aspettano di poter andare a scuola. Mi hanno chiesto di essere richiamati non appena ci sarà un altro lavoro come questo».

Oltre la Foce

Adam’ è il collage che rappresenta gli altri 110 lavori, che sabato saranno proiettati durante l’incontro. Negli intenti dell’artista, questo progetto collettivo va ben oltre Lugano: «In futuro vorrei tre muri, uno per ogni regione linguistica; solo quando saremo riusciti a parlare attraverso i muri a tutta la Svizzera, allora sì, vorrei una mostra, con un ampio estratto dal corpo dei lavori e una pubblicazione che li includa tutti. In quel caso sarei disposto a pensare a un luogo che la gente debba visitare ‘per forza’». A sabato mattina alla Darsena, dunque, dove Sir Taki – oltre alla moderatrice, la giornalista Francesca Facchiano – non sarà da solo. E dove tutto è pronto: «Il lavoro è andato velocissimo», chiude l’artista. «Mi sono voluto prendere tre giorni per allestire, ma alle due del pomeriggio del primo giorno il collage era già finito. Questo ci ha lasciato più tempo per dialogare, e per mettere i piedi a mollo alla Foce…» (www.sir-taki.com).


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Da sinistra: Fawad, Sir Taki, Mohammad, Faridoon e Mohammad Reza