La Collection Szafran è al centro della mostra a Martigny ‘Henri Cartier-Bresson et la Fondation Pierre Gianadda’, visitabile fino al 20 novembre
Parigi, maggio 1972. La concitazione confonde manifestanti e agenti con képi. La situazione è tesa e vede contrapporsi gli artisti esclusi al Grand Palais, che manifestano il loro disappunto per non essere stati selezionati per l’esposizione ‘60-72. Douze ans d’art contemporain en France’, e la Gendarmerie nationale, che tenta di soffocarne i moti. Quell’istante di tensione e dinamicità è fissato sulla pellicola dall’occhio di Henri Cartier-Bresson. Tempo dopo, quella stessa fotografia verrà donata – in ricordo del loro primo incontro – dal grande fotografo al pittore Sam Szafran, all’epoca nella schiera degli artisti esclusi.
Trascorsi due anni da quello scatto, Cartier-Bresson (1908-2004) chiede a Szafran (1934-2019) di diventare suo insegnante di disegno. Il fotogiornalista ha 66 anni quando decide di mettere da parte la sua Leica e riprendere in mano le matite. Il suo è in effetti un ritorno, visto che fra le passioni del giovane Cartier-Bresson c’era la pittura, tanto che i primi studi li aveva intrapresi in quella direzione. Da quel momento, gli incontri fra i due si fanno più assidui, così anche quelli delle rispettive famiglie. Al suo "ami intense" e ai suoi familiari, Cartier-Bresson offre periodicamente delle stampe scelte, di cui la maggior parte è accompagnata da una dedica, a testimonianza del grande affetto e della reciproca ammirazione. "Sam, per me, è l’intelligenza acrobatica, il cuore fuso, la follia abbagliante", ha scritto Cartier-Bresson.
Un’amicizia trentennale di cui oggi restano i ricordi e – appunto – un corpus di 226 fotografie donate da Sam, Lilette e Sébastien Szafran alla Fondation Pierre Gianadda di Martigny, in seguito alla morte del celebre fotografo. La collezione è al centro dell’esposizione ‘Henri Cartier-Bresson et la Fondation Pierre Gianadda - Collection Szafran’, curata da Jean-Henry Papilloud e Sophia Cantinotti con Pierre Leyrat e Aude Raimbault della Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi (dettagli in calce).
Già nel 2005, Sam Szafran aveva confidato il suo proposito – e desiderio – a Léonard Gianadda, presidente della fondazione: "Mi ha dimostrato (Henri Cartier-Bresson; ndr) durante trentacinque anni un’amicizia straordinaria, fedele, e volevo semplicemente che non andasse dispersa alla nostra morte. Ho quindi pensato che il miglior modo per custodire intatta questa collezione fosse destinarla alla Fondation Pierre Gianadda".
La collezione è un insieme eccezionale di opere iconiche, basta citarne alcune per rendersi conto di avere dinnanzi agli occhi un corpus molto rappresentativo dell’opera del fotografo "occhio del secolo" – ventesimo –, fra i pionieri del fotogiornalismo e fra i fondatori dell’agenzia Magnum nel 1947, insieme a Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert. Si va quindi dai ritratti di Alberto Giacometti, Francis Bacon, Henri Matisse, la Môme a ‘Derrière la Gare Saint-Lazare’, ‘Dans un train’, ‘Bruxelles’; per citarne una minima parte.
Le fotografie sono anche una preziosa testimonianza del legame di profonda amicizia fra Sam ed Henri. La volontà dell’esposizione è quindi anche quella di valorizzare il rapporto amicale fra pittore e fotografo, custodito da un "fondo che traccia la storia di un’amicizia: le fotografie offerte col passare dei giorni disegnano i destini incrociati dei due amici", scrivono Hébel, Leyrat e Raimbault in un intervento pubblicato nelle prime pagine del catalogo della mostra.
L’esposizione – organizzata in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi – è aperta dal 10 giugno scorso fino al 20 novembre prossimo, tutti i giorni dalle 9 alle 18.
Info: https://www.gianadda.ch/.