Arte

Immersi nella Vienna di Gustav Klimt

Apre al Palacinema di Locarno Klimt Experience, mostra multimediale e immersiva dedicata all'artista viennese. Ma con qualche limite

Klimt Experience (Ti-Press/Alessandro Crinari)
22 settembre 2020
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Curiosamente, lo spazio più emozionante di Klimt Experience – la mostra multimediale e immersiva in corso al Palacinema di Locarno – è forse quello meno tecnologico: la sala degli specchi, dove a moltiplicare le immagini delle opere dell’artista viennese non sono decine di proiettori sincronizzati come nello spazio principale, e neppure i visori da realtà virtuale che la chiudono, ma delle semplici superfici riflettenti che, senza troppe animazioni, circondano lo spettatore.

Emozione e meraviglia, dicevamo: ma al contrario del precedente progetto su Van Gogh che sempre Gc Events aveva portato lo scorso novembre a Lugano, questo dedicato a Gustav Klimt non si limita a stupire il pubblico con immagini che prendono vita apparentemente a caso, ma c’è la precisa volontà di raccontare un periodo fondamentale della storia dell’arte. Più che Klimt, è la Vienna tardoasburgica la protagonista dell’esposizione, la Vienna di Kokoschka e di Schiele, di Freud e di Schnitzler, di Adolf Loos, della Wiener Werkstätte, di Mahler e di Schönberg. È in questa Vienna che, sulle note di Johann Strauss II e fotografie di Francesco Giuseppe, ci porta il lungo filmato che occupa pareti e pavimento della sala principale, usando le opere di Klimt come fil rouge, dal realismo dei primi lavori alla Secessione al periodo aureo alle ultime opere. Sulle pareti vediamo così scorrere e animarsi il Fregio di Beethoven, il Bacio, l’Albero della vita, Giuditta, Nuda Veritas e altri capolavori, in sequenze in genere ben studiate e realizzate – molto suggestiva quella del Fregio di Beethoven sulle note dell’Inno alla gioia ma sulle musiche diremo poi –, anche se ogni tanto c’è qualche caduta di stile, come il Bacio circondato da fuochi d’artificio di cui non si coglie il senso.

Concordiamo con la curatrice Vania Tonello quando, in conferenza stampa, ha affermato che Klimt Experience ha un carattere non solo ludico, ma anche culturale e didattico. Purtroppo sono aspetti che rimangono separati e alla fine il visitatore è lasciato a se stesso non solo nel cogliere connessioni tra le opere, ma anche solo a ricordarsi titolo e soggetto del quadro proiettato in quel momento nella grande sala. Non che si auspichi una soluzione tipo “audioguida”, con voce fuori campo che racconta la vita e le opere di Klimt – una cosa del genere può funzionare in un museo, non certo in un’esposizione multimediale come questa –, ma la soluzione non può essere un’anticamera con riproduzioni di alcune opere e dei pannelli di testo. Già fornire ai visitatori la “sceneggiatura” del lungo filmato della sala principale, con elencate le opere e i luoghi raffigurati, aiuterebbe a non perdersi.

Si è accennato alle musiche: sono forse la parte più debole della mostra immersiva, un po’ per il missaggio non sempre a regola d’arte, ma soprattutto per la scelta. La Vienna di Klimt fu un periodo artisticamente interessante anche a livello musicale, ma è un aspetto che si è esplorato solo in parte – i valzer di Strauss, le sinfonie di Mahler, Franz Lehár, oltre a Mozart e Beethoven – ricorrendo perlopiù a una colonna sonora da sottofondo, con alcune scelte proprio incomprensibili, come la Cavalcata della Valchirie di Wagner per la presentazione del Palazzo della Secessione.

Due parole sulla parte virtuale della mostra: indossando gli occhialoni VR è possibile entrare in quattro opere di Klimt, seguendo un’app sviluppata appositamente per l’esposizione. Un’esperienza interessante, ma più pensando alle potenzialità della tecnologia – e alla fine la voglia di tornare nella suggestiva sala degli specchi è tanta.