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Mobbing e destituzioni al Tpc, c'è ancora da chiarire

Nuova vertenza tra il legale della segretaria e la Commissione amministrativa. Sentenza del Cdm, audizioni in parlamento... ma restano gli interrogativi

La delegazione del Cdm dopo l’incontro con la commissione parlamentare
16 dicembre 2024
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Niente da fare, un muro. La Commissione amministrativa del Tribunale d’appello ha risposto picche alla richiesta del legale della segretaria del Tribunale penale cantonale che avrebbe subito mobbing da parte di una collega, il caso che ha innescato il cosiddetto caos Tpc. L’avvocato Andrea Bersani aveva scritto ai vertici del Tribunale d’appello, del quale il Tpc è una sezione, perché gli inviassero copia della decisione dove espongono il o motivi per cui non hanno ravvisato mobbing. Istanza respinta. Il legale bellinzonese si è quindi nuovamente rivolto alla Commissione amministrativa, sollecitando una decisione formale di diniego, con i termini di ricorso. Che nel frattempo gli è pervenuta. Il patrocinatore della funzionaria presunta mobbizzata ha così impugnato il rifiuto della direzione del Tribunale d’appello davanti alla Commissione di ricorso sulla magistratura.

«Ritengo – dice, interpellato dalla ‘Regione’, l’avvocato Andrea Bersani – che la mia cliente sia a pieno titolo parte di questa procedura: lo scorso autunno ha segnalato, in maniera circoscritta, dapprima alla Commissione amministrativa allora in carica e poi alla Sezione risorse umane dell’Amministrazione cantonale di essere vittima di mobbing. Ha pertanto diritto di conoscere i motivi per i quali la Commissione amministrativa attuale del Tribunale d’appello ha invece stabilito che non vi è stato mobbing. Attendiamo ora che si pronunci la Commissione di ricorso sulla magistratura».

Quello che per il momento il legale ha in mano è il comunicato stampa di fine novembre nel quale la Commissione amministrativa, presieduta dal giudice Giovan Maria Tattarletti, afferma di “non” aver ravvisato “la presenza di una situazione di mobbing, ovvero di atti di persecuzione psicologica perpetrati sistematicamente e per lungo tempo”. Ciò alla luce “degli elementi agli atti e, in particolare, degli accertamenti preliminari effettuati su mandato del Consiglio di Stato” dall’avvocata Maria Galliani. Sono però emersi “degli aspetti di minore gravità”. Che hanno comunque portato i vertici del Tribunale d’appello a spostare la segretaria presunta mobbizzante al Ministero pubblico. «Come ho già avuto modo di dichiarare, credo di avere valide ragioni – dice Bersani – per sostenere che la ‘Direttiva del Consiglio di Stato concernente le molestie psicologiche, sessuali e le discriminazioni all’interno dell’Amministrazione’ del giugno 2021 sia stata violata e che di conseguenza vi sia stato mobbing. Inoltre: quali sono questi ‘aspetti di minore gravità’? Ecco perché abbiamo chiesto alla Commissione amministrativa, finora invano, di conoscere, nero su bianco, le sue argomentazioni».

Mesi e mesi

Commissione amministrativa, inoltre, che mantiene sigillati i contenuti del rapporto stilato dall’ex procuratrice generale aggiunta Galliani. Già, il vero o presunto mobbing. Segnalato dalla funzionaria, assistita da Bersani, nel novembre 2024 al presidente, all’epoca, della Commissione amministrativa del Tribunale d’appello (Tda), il giudice Damiano Bozzini. Al colloquio, chiesto dalla segretaria, è presente anche la Cancelliera quale capo del personale (esclusi i magistrati) del Tda. Le dichiarazioni della donna vengono raccolte in un verbale, che Bozzini trasmette pochi giorni dopo per competenza al presidente del Tpc Mauro Ermani, diretto superiore della funzionaria, affinché chiarisca e risolva la questione, e al vice Marco Villa. In seguito a informare la Commissione amministrativa del mobbing, o presunto tale, sono altri due giudici del Tribunale penale cantonale: Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti. Per i quali vi sarebbe pure un difficile clima di lavoro riconducibile ai colleghi Ermani, Villa e Amos Pagnamenta. Mesi dopo, la segretaria presunta mobbizzata, visto che nulla viene fatto, interpella di nuovo il presidente del Tribunale d’appello Bozzini chiedendo che il verbale sia inviato – cosa che avviene nel febbraio di quest’anno – alla Sezione risorse umane (Sru) dell’Amministrazione cantonale. Eseguiti ulteriori accertamenti, la Sru segnala Ermani al Cdm, il Consiglio della magistratura. Non finisce qui, perché Ermani, Villa e Pagnamenta segnalano al Cdm (siamo in aprile) Quadri e Verda Chiocchetti rimproverando loro comportamenti, secondo i tre segnalanti, inadeguati o contrari alla deontologia. Ma Quadri e Verda Chiocchetti non ci stanno. Denunciano per diffamazione i tre. Ed Ermani anche per pornografia, in relazione alla foto tratta da internet che il presidente del Tpc ha mandato via WhatsApp nel febbraio 2023 alla segretaria presunta mobbizzata: è l’immagine con i due falli giganti di plastica, una donna seduta in mezzo, e la scritta ‘Ufficio penale’. Una foto che, statuisce il procuratore straordinario grigionese, non costituisce reato. Il resto è storia di questi giorni: Quadri e Verda Chiocchetti vengono destituiti dal Cdm con effetto immediato “per avere gravemente violato i loro doveri di magistrato denunciando per il reato di pornografia il presidente del Tribunale penale cantonale”. Perché, annota sempre il Cdm, “la denuncia del collega per un reato che sapevano non sussistere è inaccettabile e inconciliabile con la funzione del magistrato”. Quadri e Verda Chiocchetti non si danno per vinti e, tramite il loro avvocato Marco Broggini, comunicano che impugneranno il verdetto del Cdm davanti alla Commissione di ricorso della magistratura. Solleciteranno inoltre in via supercautelare la restituzione dell’effetto sospensivo.

Quella frase a pagina 30

È un sisma istituzionale. Scatenato dalle oltre quaranta pagine della sentenza del Consiglio della magistratura. Eppure tanti sono ancora gli interrogativi che “certa stampa” – il Cdm se ne faccia una ragione, non siamo in Corea del Nord – solleva e continuerà a sollevare.

Per esempio a pagina 30 della decisione di destituzione si legge: “Lo scrivente Consiglio della magistratura, allorquando gli è stata trasmessa dalla segretaria (presunta mobbizzata, ndr) la fotografia controversa con il complemento di segnalazione del 26 giugno 2024, non ha ravvisato alcun elemento che potesse fare entrare in linea di conto la commissione di un reato perseguibile d’ufficio (quale ad esempio, appunto, la pornografia) e quindi non ha segnalato alcunché al Ministero pubblico ai sensi dell’art. 27a Log (Legge sull’organizzazione giudiziaria, ndr), ma la ha intimata immediatamente al giudice Mauro Ermani per una sua presa di posizione in ambito di una procedura disciplinare”. Insomma, da quel che si deduce dal tenore del passaggio citato, il Cdm sarebbe stato prevenuto: in altre parole, il procedimento disciplinare nei confronti di Quadri e Verda Chiocchetti poteva finire diversamente da come è finito, dato che il Cdm non ha sporto denuncia per pornografia?

Dadò col freno a mano tirato

Questi e altri gli interrogativi che restano tali anche dopo le lunghe audizioni di oggi della commissione parlamentare ’Giustizia e diritti’, che ha sentito dapprima la Commissione amministrativa del Tda (che da giugno ha alla testa Tattarletti) e subito dopo il Consiglio della magistratura guidato dal giudice Damiano Stefani. Incalzato dalle numerose domande dei giornalisti al termine del duplice incontro, il presidente della ‘Giustizia e diritti’ Fiorenzo Dadò pare abbottonato, col freno a mano tirato. «Il Consiglio della magistratura ci ha fornito le sue spiegazioni, che ci hanno soddisfatto. Ovviamente c’è grande rincrescimento per quanto accaduto, ma la nostra fiducia nel Cdm, che del presunto mobbing è venuto a conoscenza quest’anno, c’era e continua a esserci», dichiara, senza sbilanciarsi più di tanto, il deputato del Centro. Chiediamo: perché il Cdm non ha atteso l’esito anche della procedura disciplinare avviata a carico di Ermani prima di sentenziare su Quadri e Verda Chiocchetti? «Ci è stato detto che sono due procedimenti diversi, con un iter diverso». Per il momento «niente audit: sarebbe comunque prematuro, aspettiamo l’esito delle varie procedure». Parlando di "magistratura in crisi”, l’Mps propone di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta… «Non è mai stato un tema: ora c’è una proposta e quindi ne discuteremo». Il rapporto Galliani? «Ci sono state date alcune delucidazioni, non è escluso che la commissione possa accedere al documento una volta terminato il tutto». Dal canto suo il granconsigliere liberale radicale e membro della ’Giustizia e diritti’ Matteo Quadranti confida «in una rapida conclusione dei diversi procedimenti» legati al caso Tpc «in modo da poter avere finalmente accesso all’intero dossier, farsi un’idea chiara e completa e valutare se siano necessari ulteriore modifiche legislative, oltre a quelle prospettate di recente dalla nostra commissione». Il capogruppo socialista Ivo Durisch, anch’egli commissario della ‘Giustizia e diritti’, si dice «soddisfatto delle spiegazioni fornite dal Cdm: ora è importante garantire il funzionamento del Tribunale penale».

Stefani: ‘Soluzione interna in tempi brevi’

Quella con la commissione del Gran Consiglio è stata una discussione «franca e aperta», assicura, raggiunto dai cronisti, il presidente del Consiglio della magistratura Damiano Stefani. «Abbiamo spiegato le nostre posizioni e le difficoltà in cui ci troviamo a operare». Al centro del rendez-vous (oltre due ore), il funzionamento nel breve termine del Tpc che si trova adesso con tre giudici su cinque. «Ci è stato chiesto come verranno garantite le due unità che al momento sono vacanti», indica Stefani. «Abbiamo quindi illustrato quelle che sono le ipotesi sul tavolo. Ipotesi formulate dalla Commissione amministrativa del Tribunale d’appello». Ovvero: «Far capo, come ogni probabilità, a forze interne. E cioè a un ‘uso’ maggiorato dei giudici supplenti. O a una figura da ricercare all’interno del Tribunale d’appello. Vedremo se c’è qualcuno disposto a ‘scendere di un piano’, visto che gli uffici del Tpc si trovano sotto quelli del Tribunale d’appello, ma temo che sarà molto difficile essendo tutte le Camere oberate di lavoro». Tribunale d’appello, di cui Stefani è vice presidente, formato da 28 giudici ordinari e 16 giudici supplenti. Figure elette dal Gran Consiglio. Altra soluzione: «Cercare una figura all’interno della magistratura che possa dare una mano temporaneamente, fino a quando non si sblocca la situazione». In ogni caso «vogliamo risolvere la situazione rapidamente. Idealmente entro la fine di questa settimana perché non possiamo concederci altro tempo. I cittadini, gli imputati, le vittime e i loro avvocati si aspettano una risposta». Allo stato attuale l’assenza di due giudici «comporta un rallentamento dell’attività, è chiaro». I processi già assegnati a Quadri e Verda Chiocchetti verranno ridistribuiti tra gli altri tre giudici rimasti (Ermani, Villa e Pagnamenta) o affidati a quelli che saranno individuati. «A occuparsi di questo aspetto è chi dirige il Tpc».