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‘Più coordinamento’. ‘Manca un progetto di rilancio economico’

Finanze ed Economia, due dipartimenti distinti? Greppi: ‘Necessaria comunque una visione d’insieme’. Modenini: ‘Si approfondisca’

‘Quanto dichiarato da Speziali non può lasciare indifferenti governo e Dfe’
(Ti-Press)
11 novembre 2024
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«Non sono a priori contrario, tanto più che questa divisione esiste anche a livello federale. Ma se separazione dev’essere, non vada a scapito del coordinamento e di una politica concertata». Economista e professore al Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale della Supsi, Spartaco Greppi si esprime così su un’eventuale, ipotetica ‘scissione’ istituzionale tra Finanze pubbliche ed Economia, con la creazione in seno al Consiglio di Stato di un Dipartimento delle finanze e di un Dipartimento dell’economia. Sullo sfondo le parole del presidente del Partito liberale radicale Alessandro Speziali all’ultimo comitato cantonale: “Del nostro dipartimento (il Dipartimento finanze ed economia, guidato da Christian Vitta, ndr) a noi piace in particolare la ‘E’ di economia”. Il dibattito è lanciato (vedi l’edizione della ‘Regione’ di venerdì).

‘Due realtà con compiti e attività diverse’

Finanze ed Economia: due dipartimenti distinti? Per Greppi, «si tratta di due realtà con compiti e attività diverse. In effetti, a livello federale sono due Dipartimenti separati, con due ‘ministri’ che portano avanti prerogative differenti». A ogni modo, dice l’economista, «al di là delle divisioni, è necessaria una buona comunicazione tra i due ambiti e tra chi se ne occupa». E spiega: «Certo, chi si occupa di finanza opera nella direzione di raccogliere le risorse finanziare necessarie, mentre chi di economia è chiamato ad agire sul fronte della spesa e dell’investimento e quindi a proporre delle politiche economiche e industriali». Ma, rimarca Greppi, «la strada da percorrere va nel senso di un maggiore coordinamento tra le varie politiche, che siano quella economica, finanziaria, ma pure fiscale, sociale o ambientale, e i vari compiti». Insomma, «è importante che ci si coordini non solo tra dipartimenti, ma anche in termini di attività, visioni e prospettive». In quest’ottica, sottolinea, «l’eventuale separazione in due dipartimenti non deve essere una spinta a un’ulteriore ‘compartimentalizzazione’. Ripeto, occorre lavorare nella direzione di un maggior coordinamento tra i compiti dello Stato, in un periodo in cui è assolutamente necessario avere una visione d’insieme».

Sulla proposta del presidente dell’Udc Piero Marchesi, non contestata da Speziali, di accorpare economia e scuola in un unico dipartimento, Greppi non nasconde una certa preoccupazione. «Una cosa è la formazione e un’altra è l’economia», osserva. «La formazione – continua – non deve e non può essere al servizio dell’economia. Tutto quello che è istruzione deve preparare dei cittadini con spirito critico, non dei futuri lavoratori a tutti i costi produttivi per rispondere ai bisogni dell’economia».

‘Anzitutto ponderare costi e benefici’

Parte da una premessa il professore titolare alla Facoltà di scienze economiche dell’Usi Edoardo Beretta: «Il tema della separazione dipartimentale fra finanze ed economia – annota – esiste non soltanto in Ticino, ma anche a vari altri livelli. In Germania in ambito federale vi sono due ministeri, uno dedicato alle finanze e alle risorse di bilancio, il Bundesfinanzministerium, e uno rivolto allo sviluppo economico sostenibile, il Bundesministerium für Wirtschaft und Klimaschutz. In Italia, invece, il Ministero dell’economia e delle finanze, che sovraintende sia la politica di bilancio sia quella economica, vede pur sempre un ulteriore Ministero dello sviluppo economico, ora ribattezzato in Ministero delle imprese e del Made in Italy». Sul piano nazionale, prosegue, «si sa poi come il Diparimento federale delle finanze sia separato dal Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca». Non solo. «Anche nei cantoni Grigioni, Uri e Vallese per esempio finanze ed economia sono dipartimentalmente separate». Per cui «se da un lato vi sono diversi esempi in tal senso, ritengo dall’altro che non vi siano a priori approcci migliori o peggiori». E illustra: «Molto dipende infatti dall’organizzazione cantonale al suo interno e dalle peculiarità economiche, sociali e territoriali del rispettivo ambito di competenza».

Venendo al Ticino, mette in luce Beretta, «penso che sia fondamentale ponderare con attenzione tale opzione in termini di costi-benefici prima di prenderla in considerazione: non si deve infatti dimenticare che il Consuntivo 2023 si è già chiuso con un disavanzo d’esercizio di 121,8 milioni di franchi, di quasi un terzo più elevato di quanto preventivato. È quindi opportuno che un’eventuale decisione in tal senso non sia associata a costi aggiuntivi per i contribuenti».

Anche rispetto al suggerimento di unire sotto lo stesso cappello scuola ed economia, per Beretta, non c’è una soluzione «giusta o sbagliata a priori: dipende da ciascun caso specifico». In questa direzione, chiosa, «scuola, formazione ed economia vanno certamente a braccetto, in quanto il mercato occupazionale richiede sempre più figure specializzate: investire nella formazione scolastica significa, quindi, indirettamente investire in sviluppo economico futuro. Certo, l’affinità fra i due temi è apparentemente meno ovvia di quella fra finanze ed economia».

‘Serve un progetto sul futuro del cantone’

Un altro osservatorio importante è l’Associazione industrie ticinesi. «Quanto sostenuto dal presidente del Plr al recente Comitato del partito non può lasciare indifferenti il governo e il Dipartimento finanze ed economia», premette il direttore dell’Aiti. Aggiunge Stefano Modenini: «L’evoluzione negativa delle finanze del Cantone, i mutamenti del mercato del lavoro, la formazione e l’invecchiamento della popolazione sollevano una domanda cui Consiglio di Stato e Gran Consiglio dovrebbero dare una risposta in tempi rapidi per non finire in un vicolo cieco: quale progetto economico vogliamo per il Ticino?». Se poi questo progetto, osserva Modenini, «debba o no passare anche dall’eventuale istituzione in seno al governo di due dipartimenti distinti, uno delle Finanze e uno dell’Economia, allora si approfondisca. Magari non circoscrivendo il ragionamento al Dfe: su quale pietra sta scritto che, ad esempio, Sanità e Socialità debbano essere raggruppate in un unico dipartimento? A Basilea Città l’economia è abbinata alla socialità; interessante anche il fatto che in Vallese, dove il governo ha, come il nostro, cinque consiglieri di Stato, l’economia è abbinata alla formazione». In ogni caso, prosegue il direttore dell’Aiti, «il funzionamento dell’Amministrazione cantonale va ripensato affinché sia in grado di soddisfare appieno le esigenze delle varie componenti di una società che sta cambiando. Quindi digitalizzazione, riorganizzazione delle modalità di lavoro, riallocazione di alcuni uffici. Anche questo contribuirebbe a definire un progetto economico e soprattutto a supportarne la realizzazione. Abbiamo funzionari capaci, ma processi lavorativi non più al passo coi tempi li penalizzano». Sulla «necessità» di ristrutturare la macchina Stato «aveva peraltro insistito il nostro presidente Oliviero Pesenti al momento del suo insediamento, nel 2021», ricorda Modenini. «Ristrutturazione dell’Amministrazione ed eventuali ‘separazioni dipartimentali’ dovrebbero comunque avere come obiettivo l’elaborazione di un piano per rilanciare economicamente questo cantone. Uno o più progetti economici, per i quali varrebbe anche la pena indebitarsi se parliamo di investimenti a favore della crescita del Paese». Conclude Modenini: «Quasi trent’anni fa, anche senza due dipartimenti distinti, l’allora responsabile del Dfe Marina Masoni aveva un progetto, criticabile finché si vuole ma lo aveva, tradotto nel Libro Bianco del professor Carlo Pelanda. Come Aiti, vorremmo che governo e parlamento tornino a proporre al Paese delle idee. Delle strade da percorrere».

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