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Le arti grafiche ticinesi tra orgoglio e preoccupazione

Tavola rotonda promossa da Aiti sulla situazione dei prodotti stampati e sul ruolo dei quotidiani. Soldati: ‘Il calo tra ’23 e ’24 c'è, girano meno soldi’

Idee, proposte e lo stato dell’arte
(Ti-Press)
11 ottobre 2024
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Oltre cinquanta aziende, 53 per la precisione, attive nell'industria grafica in Ticino. Circa 850 collaboratori e 98 apprendisti. Il Centro stampa di Muzzano che confeziona a nastro quotidiani e molti altri prodotti cartacei di interesse pubblico, e che dal 2026 rimarrà uno dei sei attivi in tutta la Svizzera. I due quotidiani del nostro cantone, laRegione e il Corriere del Ticino, contano insieme circa 170mila lettori certificati. Ogni prodotto stampato, dice il Bak di Basilea, genera 80 centesimi di indotto. Nonostante la sua importanza economica e sociale per tutta la comunità, «l'industria della carta e delle arti grafiche è un settore industriale oggi in difficoltà» afferma il presidente dell'Associazione delle industrie ticinesi (Aiti) Oliviero Pesenti introducendo la 37esima edizione di ‘Dentro l'industria’, tenutasi stamattina appunto a Muzzano, e dedicata al settore dell'industria grafica.

Numeri lusinghieri, ma il settore è sotto pressione

È un ritratto allo stesso tempo pieno di orgoglio e preoccupato per il futuro quello che, a ruota, tratteggia il direttore del Centro stampa Ticino Stefano Soldati: «Negli ultimi 15 anni siamo rimasti i soli attivi nel nostro cantone, e con le chiusure prospettate nel giro dei prossimi due anni verranno a crearsi problemi di logistica, con la Posta che sarà un attore fondamentale per garantire la distribuzione dei prodotti». Anche se le previsioni portano buriana. Che complicano il tutto, nonostante il ruolo dei prodotti stampati e la loro varietà che non comprende solo i quotidiani. Soldati, membro anche del comitato centrale dell'associazione mantello Viscom, snocciola i numeri: «In tutta la Svizzera ci sono 1'500 aziende attive nella stampa, l'88% ha meno di 50 dipendenti, ci sono molte Pmi radicate e diffuse nel territorio. Oltre 20mila impiegati e un fatturato di 2 miliardi». Numeri lusinghieri, ma sono la parte illuminata della luna. Poi c’è il lato oscuro: che preoccupa sempre più. Perché «gli ultimi anni siamo stati decisamente sotto pressione, e dopo la crisi del Covid per noi pesantissima ci siamo ripresi. Nella seconda parte del 2023 e nella prima del 2024, però, abbiamo subito una frenata marcata e molto più forte della media dell'industria svizzera». E i motivi sono noti: «Si stampa meno, ci sono meno pubblicità, meno investimenti, meno soldi che girano. E i quotidiani sono i primi a pagare dazio».

Salvioni: ‘Nei Grigioni un'indagine interessante’

Proprio i quotidiani e il loro destino nel formato cartaceo sono stati tra gli argomenti dibattuti nella tavola rotonda che ha visto partecipare vari attori coinvolti nelle arti grafiche, deputati al Gran Consiglio, il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta e la direttrice del Dipartimento educazione, cultura e sport Marina Carobbio. Il granconsigliere del Ps e già direttore della Rsi Maurizio Canetta è stato chiaro: «Il Cdt e laRegione restano su dimensioni incredibili rispetto alla popolazione, la carta lotta e resiste. Chiaro, però, che c’è una frattura generazionale: quasi un terzo dei giovani non ha alcun interesse per le notizie, ed è un tema centrale per chi fa informazione e comunicazione. Il giornale cartaceo non ha speranze coi 18enni di oggi, non considerando il modo in cui consumano notizie. La sfida sarà come raggiungerli».

Tutto chiaro, si diceva. Ma l'editore de laRegione e presidente di Stampa Svizzera Giacomo Salvioni cita un esempio pratico: «Nel Canton Grigioni, dove non riescono più a garantire la distribuzione mattutina dei quotidiani perché non sostenibile economicamente, è stata fatta un'inchiesta chiedendo come si sarebbero comportati gli utenti senza la garanzia di ricevere il giornale la mattina: l'85% ha risposto che sarebbe rimasto col cartaceo anche se consegnato più tardi, il 10% che avrebbe fatto un abbonamento online e solo il 5% che avrebbe rinunciato». Salvioni, indirettamente, fa appello anche alle istituzioni e all'informazione tramite appunto i quotidiani riferendosi al fatto che «campagne come ‘Acque sicure’ o ‘Strade sicure’ non so quanto si recepiscano con le affissioni o i social, sui giornali avrebbero un risultato molto più consistente». E per quanto riguarda la difficoltà generale del settore, Salvioni ricorda come «una volta c'era la regola che vedeva Berna attribuire al Ticino il 5-7% degli stampati. Ora, col compattamento tra Berna e Zurigo, il Ticino ha perso molte commesse. Il problema è politico».