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Pubblicità sessiste, ‘le leggi in vigore sono sufficienti’

Firmato a maggioranza il rapporto di Filippini e Censi che chiede al Gran Consiglio di bocciare due atti parlamentari che ne chiedono il divieto in Ticino

In sintesi:
  • Per la maggioranza dei commissari della commissione ‘Costituzioni e leggi’ queste réclame ‘sono l’espressione di una visione che non può essere ritenuta illecita o censurabile’
  • Stando al rapporto di minoranza di Boscolo, invece, ‘la cultura si cambia anche grazie a leggi che dichiarano non tollerabili comportamenti sessisti, razzisti, omofobi’
Ora tocca al parlamento esprimersi
(Keystone)
8 ottobre 2024
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“Pur proponendo per certi versi un’immagine poco edificante della donna o anche dell’uomo”, le pubblicità sessiste “sono l’espressione di una visione che, per quanto criticabile secondo la propria sensibilità personale, non può essere ritenuta illecita o censurabile”. È seguendo questa argomentazione che la maggioranza della commissione parlamentare ‘Costituzione e leggi’ ha firmato oggi il rapporto della democentrista Lara Filippini e del leghista Andrea Censi. Rapporto che chiede al parlamento di respingere in aula l’iniziativa parlamentare elaborata da Cristina Gardenghi dei Verdi (ripresa nel frattempo da Giulia Petralli) e la mozione di Matteo Pronzini dell’Mps. Modificando la Legge sugli impianti pubblicitari, entrambi gli atti parlamentari mirano in sostanza a vietare in Ticino come per esempio già avviene nel Canton Vaud le réclame sessiste. La mozione di Pronzini aggiunge anche le pubblicità razziste e omofobe.

‘Specchio dei tempi in cui sono proposte’

Per la maggioranza commissionale, si legge nel rapporto di Filippini e Censi, “non è contro questo genere di sessismo che lo Stato deve intervenire”, dato che le réclame sono “lo specchio dei tempi in cui sono proposte e i cittadini, qualora ritenessero una pubblicità sessista, omofoba o razzista, hanno tutti gli strumenti a loro disposizione per contrastarla”. Tant’è, viene dunque sancito, che “in assenza di altri elementi (e vi dovrebbe essere una condivisione unanime su quali siano) che urtino in modo sensibile la moralità pubblica, è quindi problematico vietare una pubblicità per il solo fatto che a qualcuno appaia inopportuna”. In tal senso, rileva il rapporto di maggioranza, “le leggi, sia federali che cantonali, risultano sufficientemente adatte agli scopi che si prefiggono l’iniziativa e la mozione, garantendo con ciò a tutti i cittadini la tutela degli articoli 8 della Costituzione cantonale e 16 della Costituzione federale riguardanti la libertà di opinione, di informazione, di stampa e di potersi formare liberamente la propria opinione, potendo esprimerla e diffonderla senza impedimenti”.

Non solo. Stando alla maggioranza della commissione occorre “riflettere anche sul rapporto costi/benefici di una simile misura, laddove l’onere per la sua applicabilità sarebbe tutt’altro che trascurabile mentre, per contro, i benefici a dir poco nulli”. Inoltre, si osserva, “queste modifiche di legge non apporterebbero alcun cambiamento su tutti i nuovi media (Facebook, Instagram, Telegram, WhatsApp), per cui l’eventuale modifica non farebbe altro che spostare e accentuare l’uso di questi media nel promuovere la pubblicità censurata sugli impianti pubblicitari riconosciuti dalla legge”.

‘Il Ticino può fare la sua parte come altri Cantoni’

Non è invece d’accordo la socialista Lisa Boscolo, relatrice del rapporto di minoranza a favore dell’iniziativa e della mozione, che evidenzia come le pubblicità siano “onnipresenti nella quotidianità della popolazione”. In merito, afferma quindi la deputata del Ps, “le immagini veicolate dai media, dai cartelli pubblicitari fisici o virtuali hanno il loro impatto nella costruzione sociale di modelli stereotipati”. E rende attenti: “La lotta alla discriminazione razziale, sessista e omofoba passa dunque anche attraverso il controllo e il divieto di immagini veicolate dalle campagne pubblicitarie per scopi commerciali. La cultura cambia anche grazie a un quadro giuridico che non tolleri immagini stereotipate e discriminazioni”. Nel mirino ci sono infatti spesso le donne: “Le campagne pubblicitarie a scopi commerciali hanno sempre diffuso immagini stereotipate di donne che sono cambiate negli anni. Da donne perfette e segregate nella sfera domestica a donne completamente sessualizzate”. Per Boscolo va quindi fatto di più: “La cultura si cambia anche grazie a leggi che dichiarano non tollerabili comportamenti sessisti, razzisti, omofobi. Il Ticino può fare la sua parte come altri Cantoni in Svizzera”.

La palla passa dunque al Gran Consiglio che si esprimerà sul tema probabilmente nella sessione di novembre.

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