La commissione ha raggiunto ‘una forte convergenza’ sulle riforme da chiedere al Gran Consiglio. Firme in arrivo anche per Cdm e rotazione delle cariche
La risoluzione della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ non è più una bozza, e dopo aver superato le varie analisi anche in seno ai gruppi parlamentari, è pronta per essere firmata con massiccio sostegno nella riunione di lunedì prossimo, e quindi arriverà sui banchi del Gran Consiglio nella seduta di ottobre. Non ci arriverà da sola. Perché nella riunione commissionale odierna, conferma a ‘laRegione’ il suo presidente Fiorenzo Dadò, anche l'iniziativa elaborata per modificare i vuoti legislativi elencati dal Consiglio della magistratura stesso e colmarli per dargli la possibilità di adottare misure cautelative durante un procedimento penale o giudiziario a carico di un magistrato – tradotto: sospenderlo –, ha fatto molti passi avanti e ha trovato un accordo tra i gruppi. Idem dicasi il rapporto di Roberta Soldati (Udc) in merito alla rotazione delle cariche chiesta dal Movimento per il socialismo.
Con ordine. Il parlamento discuterà quindi presto le proposte di riforma della giustizia da parte della commissione: dall'autonomia finanziaria, gestionale e amministrativa della giustizia all'istituzione di un Codice etico, dalla reintroduzione dei sostituti procuratori pubblici agli assessment per la nomina dei magistrati fino a tutto ciò che riguarda giudici di pace e compiti del Consiglio della magistratura. Della bozza anticipata da ‘laRegione’ il 28 agosto è rimasto in piedi molto, moltissimo dopo l'analisi dei gruppi: «Abbiamo trovato una convergenza forte – afferma Dadò – e considerati i tempi spesso troppo lunghi della politica, sono relativamente soddisfatto. Ci eravamo prefissi l'obiettivo di andare in aula in autunno e con tutta una serie di decisioni e indicazioni, questo obiettivo sembra essere raggiunto». Nella riunione di oggi, continua Dadò, «abbiamo affinato alcuni dettagli e siamo pronti». Anche la deputata del Plr e commissaria nella ‘Giustizia e diritti’ Cristina Maderni è «molto soddisfatta» del lavoro svolto dalla sottocommissione in estate «e di come è stato recepito dai gruppi parlamentari. Abbiamo fatto qualche aggiustamento di dettaglio qua e là, ma il documento completo è stato elaborato con forte spirito costruttivo. Questi indirizzi – continua Maderni – permetteranno alla commissione di evadere alcune iniziative elaborate e generiche già presenti sul tavolo».
Strada spianata, si diceva, anche per l'iniziativa elaborata da parte della commissione figlia dell'incontro avuto con i vertici del Cdm il 16 settembre. Continua Maderni: «La volontà di procedere a queste modifiche è stata constatata dalla commissione nel suo esercizio dell'alta vigilanza, quindi ha raccolto un consenso generale e anche in questo caso la discussione è stata costruttiva». Dadò conferma: «Abbiamo discusso gli ultimi dettagli, ma oggi abbiamo deciso di portare avanti tutto il pacchetto e quindi lunedì prossimo andremo alle firme».
E poi c’è la questione della rotazione delle cariche presidenziali in seno al Tribunale d’appello. A porre la questione è stato il Movimento per il socialismo con un’iniziativa parlamentare, depositata due anni fa, con cui chiede di modificare l’articolo 42 della Legge sull’organizzazione giudiziaria. Al testo vigente – “Ogni due anni a partire dal 1° di giugno il Tribunale di appello: a) designa il presidente, il vicepresidente e i membri delle Sezioni e delle Camere” – l’Mps propone di aggiungere quanto segue: “Il presidente e il vicepresidente delle Sezioni e delle Camere non sono immediatamente rieleggibili”. Gli iniziativisti sollecitano in sostanza l’estensione, e la codificazione, del medesimo principio che vale per il presidente e vice dell’intero Tribunale, il Tribunale d’appello, i quali attualmente stanno appunto in carica due anni e non sono immediatamente rieleggibili. Scopo dell'iniziativa: evitare “un accentramento di potere nella figura del presidente”, in altre parole scongiurare “la creazione di ‘giardinetti’ con atteggiamenti di inutile e dannosa onnipotenza”.
Il principio della rotazione è condiviso dalla commissione ‘Giustizia e diritti’. A cominciare dalla relatrice Roberta Soldati. «Ho già allestito una bozza di rapporto – fa sapere la deputata dell’Udc –. L’orientamento della commissione è favorevole: si va verso l’accoglimento dell’iniziativa parlamentare. Limitatamente però alle presidenze delle Sezioni del Tribunale d’appello». Ovvero alle presidenze della Sezione di diritto civile, della Sezione di diritto pubblico e del Tribunale penale cantonale. «Per quanto riguarda le Camere – riprende Soldati –, l’introduzione nella legge di durata e rotazione delle presidenze comporterebbe un problema di natura pratica».
Che è quello evidenziato dal governo in una risoluzione trasmessa nel novembre scorso all'Ufficio presidenziale del Gran Consiglio dopo aver approfondito, sentendo anche il Cdm e il Tribunale d'appello, la proposta del Movimento per il socialismo. Il Cdm, ha scritto l'Esecutivo, “ha precisato che l'assunzione della presidenza di una Camera comporta la modifica delle attività anche nelle altre Camere di cui il giudice è membro, ritenuto che la maggior parte dei giudici d’Appello è attiva in due o più Camere”. Il periodico cambio di presidenza “avrebbe quindi quale conseguenza la necessità di ricomporre in breve tempo anche le Camere di cui il giudice è membro con una sorta di effetto domino che causerebbe una mancanza di continuità operativa dell’intera autorità, in particolar modo per le Camere ‘presidenziali'". Le quali decidono spesso a giudice unico.
Nel Tribunale d’appello, la massima autorità giudiziaria cantonale, la Sezione di diritto civile è composta dalla prima, dalla seconda e dalla terza Camera civile, dalla Camera civile dei reclami, dalla Camera di esecuzione e fallimenti, dalla Camera di protezione e dalla Corte di appello e di revisione penale. La Sezione di diritto pubblico è formata dal Tribunale cantonale amministrativo, dal Tribunale cantonale delle assicurazioni, dalla Corte dei reclami penali e dalla Camera di diritto tributario. La terza ‘sezione’ è appunto il Tribunale penale cantonale, in questi mesi nella bufera. Lo presiede da ben dieci anni (dal 17 marzo 2014) Mauro Ermani.
Un aspetto ancora da definire in commissione è la durata delle presidenze delle Sezioni. «Personalmente sarei per i due anni, in modo da allinearsi con il periodo di presidenza del Tribunale d’appello – osserva Soldati –. Peraltro anche nei tribunali della Confederazione – Tribunale federale, Tribunale amministrativo federale e Tribunale penale federale – i presidenti delle Corti sono eletti di principio per due anni: è possibile la rielezione al massimo tre volte, così che la presidenza può essere esercitata per un totale di sei anni. Tuttavia su durata della presidenza e rielezione, in ‘Giustizia e diritti’ dobbiamo ancora prendere una decisione».
Intanto, con un lungo comunicato stampa, invero di non facile/immediata comprensione, la Commissione amministrativa del Tribunale d'appello spiega i motivi per cui non può divulgare il rapporto dell'avvocata ed ex procuratrice generale aggiunta Maria Galliani sul presunto caso di mobbing al Tribunale penale cantonale. Mobbing che avrebbe subìto una segretaria della Cancelleria del Tpc da parte di una collega. In buona sostanza, così perlomeno par capire dall'anodina nota diffusa dalla Commissione amministrativa presieduta dal giudice Giovan Maria Tattarletti, il rapporto in questione costituisce un atto d’inchiesta ed è quindi coperto dal segreto d'ufficio.