Governo e gruppo di esperti mettono nero su bianco un approccio che pone al centro la persona e i suoi problemi e non solo la lotta alla sostanza
Il mondo delle dipendenze è in continua evoluzione. E pure il modo di affrontarle. Da una politica incentrata sulla sostanza e sul diritto penale si è passati a un approccio più generale – «olistico», come l’ha definito il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa – che mette al centro la persona e le sue dipendenze. «Su questo tema serve un approccio più ampio, che prenda in considerazione tutte le dipendenze. Quelle illegali, certamente, ma pure quelle legali come l’alcol», afferma De Rosa. Strategie e metodi, già sperimentati da chi si trova tutti i giorni a lavorare in questo ambito, che ora sono stati messe nero su bianco nel Piano cantonale degli interventi nel campo delle tossicomanie (Pci) elaborato da un gruppo di esperti. Il messaggio del Consiglio di Stato passa quindi in mano al Gran Consiglio «se il parlamento condividerà questa impostazione, il Pci potrà toccare il tema delle dipendenze a 360 gradi». La nuova strategia, si legge nel messaggio, se adottata non comporterà nessun costo ulteriore per le finanze cantonali. I contributi per le tossicomanie, tra sostegni alle strutture residenziali e ai servizi ambulatoriali, sono attualmente di circa 3,5 milioni di franchi.
Insomma, si vuole fare un altro passo avanti in un ambito dove il Ticino non ha comunque numeri allarmanti. «Le politiche adottate finora hanno dimostrato la loro efficacia e non c’è alcuna emergenza. Sul territorio disponiamo di una rete di partner che intercetta le problematiche, le segnala al gruppo di esperti che a sua volta propone azioni da intraprendere inserendole nel Piano cantonale degli interventi», dichiara il direttore del Dss.
Anche i dati dimostrano come in Ticino quella delle tossicomanie non sia al momento un’emergenza. Sono infatti meno di mille gli utenti dei centri di competenza. «Un aumento c’è stato, è vero, abbiamo avuto una crescita del quaranta per cento. Ma le cifre reali sono ancora contenute e in linea con quelle nazionali se non addirittura inferiori», sostiene Monica Rivola, aggiunta al direttore della Divisione della salute pubblica e delegata ai problemi delle tossicomanie. Un esempio: «Il dato riferito al consumo di canapa in Ticino è del 2,9%. In Svizzera siamo intorno al 4». A essere cambiate sono anche le tipologie di dipendenza presenti nei centri cantonali. «Oppiacei ed eroina sono diminuiti in percentuale. Mentre le politossicomanie sono triplicate», spiega Rivola. A proposito di canapa, nel nostro cantone sono in fase di analisi due progetti per la sperimentazione della canapa ricreativa. La decisione, è stato spiegato in conferenza stampa, verrà presa a livello federale.
Di cambio d’approccio, da lotta alla sostanza a lotta alla dipendenza, parla anche il presidente del gruppo di esperti e direttore dell’Ospedale sociopsichiatrico Daniele Intraina. «Questa nuova visione strategica permette di affrontare anche le nuove sfide nell’ambito delle dipendenze. Penso per esempio all'invecchiamento, che riguarda anche per chi consuma sostanze e ha quindi la necessità di una presa a carico particolare dove alle problematiche della dipendenza si sommano quelle dell’età che avanza». Intraina ricorda poi come «il Ticino sia stato precursore per quanto riguarda molte politiche sanitarie». L’intenzione è anche di introdurre la facoltà di segnalazione per i servizi attivi sul territorio, in modo che possano portare alla luce situazioni problematiche senza violare alcun segreto.
La politossicodipendenza – ovvero il consumo frequente di più sostanze stupefacenti – è aumentata, come detto, negli ultimi anni. «È ormai del passato l’idea che qualcuno sia dipendente da una sola sostanza», dice Alberto Moriggia, direttore sanitario del centro di competenza specializzato nelle problematiche di dipendenze Ingrado. «La strategia vincente consiste in un approccio pragmatico, nell’entrare in empatia con il paziente e allacciare un rapporto. Il pugno duro non paga». A preoccupare a livello internazionale è pure la diffusione del Fentanyl, una sostanza che in alcuni Paesi sta diventando una piaga sociale. «Nelle nazioni limitrofi alla Svizzera è arrivata. Da noi non ancora, ma siamo vigli sull'argomento», conclude Moriggia.