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‘I ticinesi partono: ottimo. La sfida è attirare da Oltralpe’

Le riflessioni del professore assistente Contarini sui risultati di un nuovo studio promosso dal Decs che analizza la mobilità degli studenti universitari

In sintesi:
  • ‘La massiccia partenza di studenti ticinesi verso università di altri cantoni non rappresenta un dramma, anzi. Si affronti la vera questione cardine, ovvero come far arrivare zurighesi, bernesi o losannesi in Ticino’
  • ‘Per far ritornare i laureati bisogna garantire che l’investimento dal profilo dell’impegno messo per studiare in un’altra lingua sia ripagato con apertura mentale e condizioni di sviluppo professionale al livello del resto della Svizzera’
‘Si affronti la vera questione cardine, ovvero come far arrivare zurighesi, bernesi o losannesi’
(Keystone)
24 settembre 2024
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«La massiccia partenza di studenti ticinesi verso università di altri cantoni non rappresenta un dramma, anzi. È sacrosanto che ci si muova all’interno della Svizzera quando si appartiene a una minoranza linguistica. Invece di lamentarsi di questo “non problema”, come talvolta si sente nel discorso pubblico ticinese, si dovrebbe affrontare la vera questione cardine, ovvero come far arrivare zurighesi, bernesi o losannesi in Ticino non solo per turismo, ma anche per creare valore aggiunto». A dirlo è Filippo Contarini – professore assistente in Storia del diritto all’Università di Losanna – commentando alcuni dei principali risultati emersi dallo studio fresco di stampa “La mobilità degli studenti universitari. Dati e riflessioni sul Cantone Ticino” di Giorgio Robbiani.

‘Ben vengano le migrazioni, non sono sintomo di scarsa qualità accademica’

L’indagine – promossa dall’Ufficio del controlling e degli studi universitari del Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs), e in cui si trova anche un contributo di Contarini – attesta quale prima particolarità nel confronto intercantonale un’elevata migrazione degli studenti ticinesi. In 7 cantoni universitari su 10 tra il 40% e l’80% dei giovani rimangono a studiare in un’università o politecnico presente nel cantone in cui hanno ottenuto la maturità, mentre in Ticino – al pari di San Gallo e Lucerna – la quota di maturandi che vi rimane per continuare gli studi non supera il 20%. «Anzitutto è molto positivo che il Decs si sia chinato sulla tematica con un’analisi scientifica che permette ad esempio di scoprire che il Ticino presenta un tasso migratorio studentesco non molto diverso da quello di San Gallo, che per l’economia ha una tra le università migliori al mondo – considera Contarini –. Ciò significa che la partenza di studenti da un cantone non è sinonimo di carenza di qualità accademica. In Ticino, come in altre realtà periferiche, spostarsi per gli studi è accettato e perlopiù vissuto quale opportunità per ancorarsi alle logiche nazionali». Come in effetti sottolinea anche lo studio, tra le motivazioni che spingono gli studenti ticinesi a essere più mobili, oltre a una limitata offerta presente sul territorio, ci sono la volontà di fare nuove esperienze o imparare un’altra lingua, accanto all’interesse a frequentare una determinata università o indirizzo di studi. Per Contarini l’alta mobilità degli studenti ticinesi ha altresì ricadute positive sull’immagine del cantone: «Di solito il commento che si riceve soprattutto in Svizzera tedesca è “io non studierei mai in italiano, è troppo difficile”. Si suscita ammirazione mostrando la disponibilità a impegnarsi in altre lingue e così facendo si scardinano anche gli stereotipi che vedono i ticinesi unicamente come i camerieri che portano la birra in riva al lago in vacanza».

Esempi di strategie di accoglienza

Dallo studio si viene d’altro canto a sapere che il Canton Ticino e quello di Lucerna sono gli unici cantoni universitari in cui il numero di studenti in uscita eccede il numero di quelli in entrata, il loro saldo migratorio in questo ambito risulta dunque negativo. Contarini analizza il dato partendo da un distinguo: «L’università di Lucerna è vicina a quella di Zurigo che oltre ad avere molte più facoltà è anche molto meglio servita dai treni. Il Ticino non ha questo tipo di concorrenza diretta. Ciò che accomuna entrambi i cantoni è però che per attirare studenti dal resto della Svizzera devono muoversi proattivamente». Secondo Contarini in Ticino il passaggio all’inglese come lingua franca non sarebbe la soluzione: meglio mettere in campo strategie che rendano lo spostamento nella regione italofona più semplice, come proprio da lui sperimentato – dalla prospettiva linguistica inversa – quando a Lucerna era docente incaricato di accogliere gli studenti di giurisprudenza al primo semestre. «La facoltà di diritto di Lucerna ha deciso di investire molto nell’arrivo di ticinesi, ad esempio mettendo a disposizione cattedre per professori anche italofoni, offrendo corsi di introduzione al diritto e al master in italiano, così come tempo supplementare per sostenere l’esame in tedesco. Insomma, viene riconosciuto allo studente ticinese un bisogno di integrazione particolare, proponendo delle corsie privilegiate che gli consentano di sentirsi accolto nella sua diversità e di entrare in modo dolce nella nuova realtà culturale, senza che però questo significhi esentarlo dal lavorare anche in tedesco».

‘All’Usi una tassa troppo alta contribuisce a tener lontani i confederati’

Avvicinando la lente all’Università della Svizzera italiana (Usi), nel proprio contributo Contarini mette in luce che il 67% degli studenti dell’ateneo proviene dall’estero, e di questi 70% dall’Italia. Si tratta del dato più alto in Svizzera dove la media è del 31%. Per contro gli studenti provenienti da altri cantoni in Ticino sono il 10%, quota invece più bassa del Paese, dove la media è del 39%. Al contrario di quanto a volte si sente dire, Contarini non ritiene che l’Usi sia un ripiego per gli studenti facoltosi che non riescono ad affrontare il percorso di studi in altre università italiane. «L’Usi offre una qualità alta che rientra negli standard internazionali» dice il nostro interlocutore, per il quale probabilmente la scelta fatta da molti di tali studenti italiani è dettata dall’impostazione accademica svizzera che garantisce un certo tipo di stabilità assente Oltreconfine, sommata a una serie di servizi interessanti, «anche se a costi molto alti». Proprio quest’ultimo aspetto per Contarini è uno dei fattori che concorrono a mantenere basso l’afflusso di studenti confederati: «Avere la tassa di iscrizione più alta della Svizzera – che per inciso viene raddoppiata per gli stranieri – non aiuta ad attirare studenti da altri cantoni», valuta Contarini, secondo cui tale particolarità è frutto di una scelta del Gran Consiglio poco lungimirante che contribuisce in parte anche a un altro elemento negativo rilevato dalla ricerca: l’incapacità di promuovere la coesione nazionale attraverso la mobilità, che era uno degli obiettivi con cui l’Usi è nata. Per il legislatore era chiaro che l’Università della Svizzera italiana non avrebbe frenato l’emigrazione dei ticinesi, però avrebbe avuto il potenziale per diventare un ponte culturale privilegiato tra nord e sud. Eppure, guardando al saldo negativo, le aspettative politiche non paiono soddisfatte.

‘I laureati non ritornano facilmente perché il merito non viene premiato’

Su un altro versante, quello della cosiddetta “fuga di cervelli”, le statistiche confermano la bassa propensione dei ticinesi che hanno studiato Oltregottardo a tornare a sud delle Alpi. Tra il 2012 e il 2017, la percentuale di laureati che a 5 anni dall’ottenimento del diploma erano domiciliati in Ticino oscillava tra il 54,8% e 60,4%. «Questo è un dato senza dubbio preoccupante», osserva Contarini, precisando che però non è da ricondurre alla predisposizione dei ticinesi ad andare a studiare altrove: «I laureati non ritornano facilmente perché nel nostro cantone il merito non viene premiato adeguatamente. Il Ticino è figlio di una cultura bancaria che per trent’anni ha fatto da traino e pensa di essere l’ombelico del mondo, quando invece è ultraperiferia – sostiene Contarini –. Per far ritornare i laureati bisogna garantire che il grandissimo investimento dal profilo dell’impegno messo per studiare in un’altra lingua sia ripagato con una certa apertura mentale e con condizioni di sviluppo professionale al livello del resto della Svizzera».

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