La raccolta dei rossi sicuramente dopo il 22 settembre. Attesa per la nuova scala dei prezzi delle uve, mentre si incentiva il patentino fitosanitario
Pioggia, tanta pioggia, che ha reso la stagione 2024 particolarmente impegnativa per i viticoltori ticinesi, chiamati a un numero maggiore di interventi in vigna. «Gli scorsi anni, con la siccità del 2022 e le grandi precipitazioni del 2023, sono stati tosti. Eravamo quindi meglio preparati, anche memori degli errori del passato, a una stagione potenzialmente difficile», spiega il presidente della Federviti Davide Cadenazzi. Questo ha permesso, nonostante ci siano stati danni da gelo e grandine in alcune regioni, di registrare un’annata con una produzione leggermente sopra la media, che è di 55mila quintali, e una buona qualità. La vendemmia di quest’anno, fa sapere la Federazione dei viticoltori ticinesi, sarà leggermente ritardata con la raccolta dei rossi che non inizierà prima del 22 settembre. «Potrebbe essere un fattore interessante – commenta Cadenazzi – in quel periodo c’è uno sbalzo termico tra il giorno e la notte che favorisce un’ottima maturazione dei tannini e dei complessi aromatici».
Con la vendemmia alle porte l’attenzione dei viticoltori è anche rivolta a quanto verranno pagate le uve. Il prezzo medio resterà invariato a 4,20 franchi al chilo (da un minimo di 2,90 a un massimo di 4,80), mentre i prezzi per il blanc de noir – che si è deciso di continuare a produrre con uve merlot, bondola e pinot noir – hanno una forchetta che varia da 3,50 franchi al chilo per produzioni di 1,2 chili al metro quadrato a 4 franchi per chilo al metro quadrato. A cambiare sarà la scala dei prezzi, la versione aggiornata verrà pubblicata il 18 settembre. «Le discussioni interne hanno evidenziato la volontà di rivedere la scala per renderla più attuale», afferma Cadenazzi. «Abbiamo quindi elaborato un nuovo concetto, più equilibrato. Da un lato – illustra il presidente di Federviti – si dà sostegno al viticoltore per quelle uve che sono di grande qualità, ma si tratta di un aiuto che incide poco o nulla visto che poi queste uve vengono usate per produrre vini di riserva che hanno quindi già un valore aggiunto. Dall’altro, dove c’è qualche chilo di produzione in più, sarà dato qualche margine di manovra in più alla trasformazione». La revisione, è stato ribadito, non comporterà un aumento finale del prezzo del vino pagato dal consumatore.
Tra le novità che i viticoltori sono chiamati ad affrontare c’è anche l’ottenimento del “patentino fitosanitario”, ovvero l’autorizzazione speciale per l'utilizzo di questi prodotti, obbligatorio per poter acquistare e gestire determinate sostanze. La sua introduzione, decisa a livello federale, ha sollevato qualche malumore per un possibile aumento di lavoro e burocrazia. «È un nuovo strumento che può mettere timore, perché in fin dei conti ci si trova di nuovo sui banchi di scuola. Ma i riscontri da chi ha già completato questo percorso sono esclusivamente positivi. Ne guadagna tutto il settore» sottolinea Cadenazzi. Federviti sta infatti promuovendo corsi in collaborazione con il Servizio sanitario cantonale. Attraverso una risposta a un'interrogazione del granconsigliere Aron Piezzi (Plr), il Consiglio di Stato ha inoltre specificato che le persone impossibilitate a frequentare i corsi o sprovviste delle conoscenze minime hanno la possibilità di far eseguire il trattamento da una persona provvista di patentino. Oppure, in caso di viticoltori che esercitano attività professionale o commerciale, di eseguirla sotto la supervisione di chi è munito di autorizzazione.
Quello a ridosso della vendemmia è anche un periodo delicato a causa della presenza di cinghiali, che in varie zone del cantone creano danni alla vite. «La pressione è alta da parte di tutti gli ungulati ma anche per quanto riguarda tassi e gazze», avverte il presidente di Federviti. Ma non solo, ad allarmare chi cura le vigna c’è pure la diffusione da sud del coleottero giapponese ‘Pj’. «La sua presenza è sempre più preoccupante. A corto termine il danno si limita alla distruzione della parte alta della parete fogliare, ma con il passare del tempo questo porterà a un indebolimento della pianta».
E le vendite? «Abbiamo subito il cattivo tempo di primavera, con meno turismo e meno vendite. C’è poi anche il franco forte che incentiva gli acquisti all'estero e una generale diminuzione del consumo di vino», dice Valerio Cimiotti, direttore della cantina Cagi di Giubiasco. «Il 2024 non verrà quindi ricordato come il miglior anno, ma nemmeno come il peggiore».
A far discutere negli scorsi mesi è stata la Zona di pianificazione cantonale istituita in primavera dal Dipartimento del territorio nel Parco del Piano di Magadino in ambito di viticoltura. Uno stop per cinque anni prorogabili a nuovi vigneti e all’ampliamento di quelli già esistenti. Allo stesso tempo è previsto uno studio per stabilire quali aree agricole sono più adatte, e quali no, a uno sfruttamento viticolo di qualità. «È un tema scottante – ammette Cadenazzi –. Ci aspettiamo di essere coinvolti come parte attiva e di capire cosa si vuole fare con questo tema e dove si vuole arrivare con questa nuova visione. La discussione deve essere a tutto tondo e anche gli altri attori presenti sul territorio vanno interpellati».