Il presidente della ‘Giustizia e diritti’: se l'Ufficio presidenziale ci invierà la richiesta dell'Mps, ne discuteremo al più presto in commissione
«Se l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio ci trasmetterà, ritenendola di nostra competenza, la richiesta dell’Mps, sicuramente ne discuteremo al più presto in commissione. Per quanto mi riguarda, sono favorevole ad attivare l’alta vigilanza», dichiara alla ‘Regione’ il presidente della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’. Esprimendosi a titolo personale, il deputato del Centro Fiorenzo Dadò condivide la proposta dei due parlamentari del Movimento per il socialismo, Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi, di far capo, per quel concerne il dossier Tribunale penale cantonale, a quanto prevede la Costituzione cantonale al secondo capoverso dell’articolo 57: Il Gran Consiglio “esercita l’alta vigilanza sul Consiglio di Stato e sui tribunali ed esercita gli attributi della sovranità che la Costituzione non riserva esplicitamente ad altra autorità”.
In una lettera indirizzata ieri al parlamento, Sergi e Pronzini ritengono che la pesantissima situazione venutasi a creare al Tribunale penale – tra presunto mobbing, segnalazioni, controsegnalazioni, accertamenti, denuncia di due giudici (Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti) contro gli altri tre magistrati (il presidente Mauro Ermani, il vice Marco Villa e Amos Pagnamenta) e il WhatsApp con la foto dei due falli di plastica giganti, una donna seduta in mezzo e la scritta ‘Ufficio penale’, inviato da Ermani a una segretaria della Cancelleria del Tpc –, “possa e debba essere formalmente affrontata e risolta (se vi è la volontà politica) solo dal Gran Consiglio, che a questo fine potrebbe attivare l’Alta vigilanza”. Procedendo quindi con verifiche, approfondimenti e formulando raccomandazioni di natura politica. Di sicuro, va precisato, non spetta al parlamento l’adozione di eventuali provvedimenti disciplinari nei riguardi di magistrati (e/o di funzionari che operano all'interno dell'autorità giudiziaria). Provvedimenti che sono infatti di competenza del Consiglio della magistratura e che solo quest'ultimo può se del caso decidere.
Fra coloro che sono d’accordo con l’attivazione dell’alta vigilanza, anche la socialista Daria Lepori, membro della ‘Giustizia e diritti’ di cui è stata anche presidente. «È un momento basso per la magistratura penale – annota Lepori –. I fatti venuti alla luce ieri (vedi edizione della ‘Regione’ del 20 agosto, ndr) contribuiscono a peggiorare ulteriormente l’immagine che la cittadinanza ha delle istituzioni in generale e della giustizia in particolare. In attesa che le procedure amministrative e penali facciano il loro corso, in qualità di parlamentare e membro della commissione ‘Giustizia e diritti’, ma ancor prima come ticinese, posso dire di aver provato un profondo malessere e un forte disagio di fronte ai comportamenti che ritengo inaccettabili e indegni di cui siamo venuti a conoscenza». E con riferimento alla foto inviata dal presidente del Tribunale d’appello Ermani, aggiunge: «La narrazione sessista e lesiva della dignità delle persone che sembra essere famigliare a un magistrato il cui ruolo è pronunciare sentenze anche in ambiti sensibili che toccano la sfera intima, è deplorevole e mi sento di condannare con forza questo atteggiamento». Osserva infine Lepori: «Se non mi è possibile esprimere un parere tecnico sulla particolare vicenda di mobbing che ha portato all’odierno disastro, posso senz’altro azzardarmi a indicare un nesso di causalità con la risaputa e conclamata mancanza di risorse con cui deve confrontarsi la giustizia ticinese. Quando c’è sovraccarico di lavoro, gli spazi sono ristretti e le infrastrutture sono obsolete il fattore umano è messo fortemente sotto pressione. Temo inoltre che in certi ambienti non siano mai arrivate la sensibilità, la cura e la valorizzazione dei cosiddetti soft skill. Il fatto di cronaca dimostra la necessità, per le future nomine, che le candidate e i candidati siano sottoposti a un assessment. Appunto per valutare anche il loro spessore umano. Costi quel che costi».