Pronzini e Sergi scrivono al Gran Consiglio e al Cdm. E si chiedono, come Dadò, se Ermani sia ancora ‘al posto giusto’
“Il giudice Mauro Ermani è al posto giusto?”. La domanda che si pone il presidente della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, il deputato del Centro Fiorenzo Dadò, se la pongono anche i due granconsiglieri del Movimento per il socialismo. Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi in queste ore hanno scritto ai colleghi deputati e al Consiglio della magistratura dopo quanto da noi riferito stamane sugli ultimi sviluppi delle tensioni in seno al Tribunale penale cantonale, originate dal mobbing che una segretaria del Tpc avrebbe subìto da una collega. E gli ultimi clamorosi sviluppi sono: la querela sporta dai giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti contro gli altre tre magistrati del Tribunale, ossia il presidente Mauro Ermani, il vice Marco Villa e Amos Pagnamenta; e la foto, attinta alla Rete, con i due falli giganti e la scritta ‘Ufficio Penale’ che Ermani ha inviato nel febbraio 2023 alla segretaria presunta vittima del mobbing. Pronzini e Sergi chiedono al parlamento di attivare “l’Alta vigilanza”. E questo in base al secondo capoverso dell’articolo 57 della Costituzione cantonale: il Gran Consiglio ‘esercita l’alta vigilanza sul Consiglio di Stato e sui tribunali ed esercita gli attributi della sovranità che la Costituzione non riserva esplicitamente ad altra autorità’.
Scrivono i due deputati dell’Mps: “È di oggi la notizia, riportata dal quotidiano laRegione, che lo scorso 3 febbraio 2023 il giudice Mauro Ermani ha inviato a una dipendente amministrativa del Tribunale, di cui egli è presidente, una foto raffigurante una donna seduta accanto a due peni più alti di lei. I riferimenti allusivi non possono essere più espliciti”. Comportamenti di questo tipo, evidenziano Pronzini e Sergi, “sono da ricondurre chiaramente all’articolo 4 della Legge federale sulla parità dei sessi (‘Divieto di discriminazione in caso di molestia sessuale’) che così recita: ‘Per comportamento discriminante si intende qualsiasi comportamento molesto di natura sessuale o qualsivoglia altro comportamento connesso con il sesso, che leda la dignità della persona sul posto di lavoro, il proferire minacce, promettere vantaggi, imporre obblighi o esercitare pressione di varia natura su un lavoratore per ottenerne favori di tipo sessuale’”. A questo “si aggiunge l’articolo 5 della stessa Legge che, al suo paragrafo 3, definisce le responsabilità del datore di lavoro: ‘Nel caso di discriminazione mediante molestia sessuale, il tribunale o l’autorità amministrativa può parimenti condannare il datore di lavoro e assegnare al lavoratore un’indennità, a meno che lo stesso provi di aver adottato tutte le precauzioni richieste dall’esperienza e adeguate alle circostanze, che ragionevolmente si potevano pretendere da lui per evitare simili comportamenti o porvi fine”. Nel caso specifico, continuano i due granconsiglieri, “non ci pare di aver visto, per il momento, iniziative del datore di lavoro tese a impedire che simili comportamenti da parte di Ermani avvenissero. Anzi, ci pare di poter dire che sono stati tollerati. Tutte e tutti noi ricordiamo i commenti, altrettanto vergognosamente sessisti e intollerabili verso una procuratrice pubblica rea, secondo Ermani, di non aver mai conosciuto, biblicamente, un uomo”. Dall’interno della magistratura “ci si dice che vi sono molti altri episodi simili che vedono Ermani protagonista. Non è difficile crederci anche pensando al famoso messaggio al procuratore generale Pagani: “Trattamela bene...”, scrivono ancora Pronzini e Sergi con riferimento alla tribolata rielezione nel 2020 di cinque procuratori pubblici.
E poi c’è la denuncia dei giudici Quadri e Verda Chiocchetti contro gli altri tre giudici del Tribunale penale cantonale, e cioè lo stesso Ermani, Villa e Pagnamenta, in quanto ritenutisi lesi nell’onore dalla segnalazione che i tre avevano fatto a loro carico al Consiglio della magistratura. “Senza dimenticare – proseguono Pronzini e Sergi – che il Consiglio di Stato ha dato mandato a una figura di peso, l’avvocato Maria Galliani (già viceprocuratrice generale) di indagare sulla situazione, dal punto di vista amministrativo (il presunto caso di mobbing, ndr), all’interno del Tribunale penale”.
Ora, rilevano i due parlamentari, “oggettivamente, a noi pare che questa situazione, ormai incancrenita, possa e debba essere formalmente affrontata e risolta (se vi è la volontà politica) solo dal Gran Consiglio, che a questo fine potrebbe attivare l’Alta vigilanza”. Secondo l’Mps “nessun altro organismo, tanto meno il Consiglio di Stato o il procuratore generale, ha le competenze costituzionali per farlo. Pena il caos e la paralisi della magistratura”. Pronzini e Sergi chiedono che la loro richiesta di attivazione dell’alta vigilanza “venga sottoposta al plenum del Gran Consiglio per discussione e decisione nella seduta del prossimo 16 settembre”.