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‘Eroso il potere d’acquisto e la ristorazione è in crisi’

Suter: ‘Si ponga un freno a un ente pubblico che chiede sempre più ad aziende e privati’. Greppi: ‘Riflesso degli stipendi inferiori alla media nazionale’

‘Rischio di chiusure soprattutto tra fine anno e l’inizio del 2025’
(Keystone)
17 luglio 2024
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«Le condizioni in cui versa il settore della ristorazione non sono solo dovute alla meteorologia, che sicuramente nell’ultimo periodo non è stata dalla nostra parte, ma anche e soprattutto alla perdita di potere d’acquisto da parte dei cittadini sia a livello cantonale sia nazionale». Il presidente di GastroTicino Massimo Suter completa così il comunicato stampa in cui il Consiglio d’amministrazione della federazione si dice “seriamente preoccupato” rispetto alla situazione economica della ristorazione in Ticino. Dalla pandemia all’inflazione, dall’aumento dei costi delle materie prime a una primavera e un inizio estate contraddistinte dal maltempo, la tendenza mostra un sensibile calo della cifra d’affari, toccando, negli ultimi sei mesi, una media negativa tra il 20 e il 50 per cento. Ed è per reagire a questa crisi che il Cda di GastroTicino ha annunciato un “tavolo anticrisi che mira a confrontare i diversi problemi e a rivolgersi alle autorità per implementare misure che portino a condizioni quadro atte a garantire un futuro dignitoso a migliaia di famiglie”. Tavolo che coinvolgerà le principali realtà economiche, politiche e turistiche del Cantone. A soffrire maggiormente, evidenzia la nota, “è la ristorazione media con il rischio di chiusure soprattutto tra fine anno e l’inizio del 2025”.

‘Non chiederemo aiuti finanziari diretti’

Per Suter, «il concetto è semplice. Bisogna porre un freno a un ente pubblico che chiede sempre più risorse finanziarie ad aziende e cittadini, come pure all’esplosione dei costi, talvolta dovuti a una politica protezionistica verso i prodotti che arrivano dall’estero». Si tratta dunque di un discorso a trecentosessanta gradi: «Per le questioni economiche – illustra il presidente di GastroTicino – coinvolgeremo gli esperti della Camera di commercio. Su come invogliare i clienti a venire al Sud delle Alpi per un soggiorno più lungo rifletteremo invece con Ticino Turismo, le quattro organizzazioni turistiche regionali e HotellerieSuisse, ma anche con i campeggi. Non dimentichiamo – puntualizza – che lo scorso anno abbiamo perso quasi 150mila pernottamenti». Non solo. «Con il mondo politico – prosegue Suter – bisognerà discutere della questione della viabilità, dei cantieri aperti per decenni e via discorrendo. La viabilità a singhiozzo, le vie di comunicazione bloccate non per intemperie, ma per decisioni politiche, possono influire pesantemente sui bilanci degli esercizi pubblici». Non pochi dunque i temi da portare sul tavolo per trovare delle soluzioni a breve termine. Alla politica in particolare, rimarca, «al netto delle nostre deliberazioni, sottoporremo una roadmap con delle richieste e dei consigli su come uscire da questa impasse socioeconomica». A ogni modo, chiarisce, «non chiederemo aiuti finanziari diretti come durante la pandemia. Andrà fatta un’analisi approfondita e pragmatica della situazione in essere, su cui baseremo le nostre osservazioni all’indirizzo della politica».

‘Non è una prima necessità, ma...’

Sotto la lente dei rappresentanti delle quattro sezioni regionali e dei vertici associativi, riunitisi appunto per analizzare la situazione economica della ristorazione in Ticino, le cause di una crisi “che non si registrava in queste proporzioni almeno da un ventennio”. Solo durante il periodo del Covid-19, viene annotato, il settore “aveva sofferto in misura simile, ma in quell’occasione l’attività federativa aveva permesso di ricevere aiuti mirati. Oggi, invece, la categoria è senza aiuti e ha gli stessi problemi che colpiscono altri settori economici e soprattutto le famiglie. Solo per citarne alcuni, il caro-energia e l’impennata dei premi delle casse malati. Ciò induce alla prudenza le famiglie, con la conseguenza che si va a risparmiare laddove possibile, tagliando spese non del tutto necessarie. Tra queste, purtroppo, la ristorazione che, oltre a un calo di clientela, risente anche della spesa pro capite diminuita”. Su questo punto, non nasconde Suter, «è assolutamente logico che andare al ristorante faccia parte di quelle attività considerate di lusso. Sono perfettamente consapevole che non sia una prima necessità». Ma, rende attenti, «ciò non toglie che, come chiaramente emerso durante i periodi di chiusura totale, la visita a un ristorante fa sì che ci si possa svagare per un paio d’ore seduti a tavola». In altre parole la priorità è «fare di tutto per cercare di frenare l’esplosione dei costi alle aziende, ma soprattutto l’erosione dello stipendio dei cittadini».

La bella stagione, poi, non ha certo aiutato. “Preoccupa molto anche la situazione meteorologica degli ultimi mesi con periodi di pioggia e maltempo prolungati concentrati nei fine settimana; maltempo che ha frenato non solo l’afflusso di turisti, ma anche le uscite dei ticinesi – nota sfiduciata la Federazione cantonale esercenti e albergatori –. Su questo fronte, le alluvioni nel Moesano e nella Vallemaggia hanno causato danni che forse saranno superati solo il prossimo anno. In determinate zone la furia degli elementi ha interessato in modo pesante ritrovi storici facendo sparire laghetti, prati, giardini e terrazze”. A ciò si aggiungono le difficoltà di spostamento per la “situazione precaria delle vie di comunicazione. Il perdurare del ripristino completo della linea ferroviaria del San Gottardo ha provocato e continua a far registrare un sensibile calo dei turisti di giornata, specie nelle città ticinesi”. Un quadro a tinte fosche a cui si somma la difficile percorrenza dell’asse nord-sud attraverso i Grigioni e il transito limitato in Vallemaggia dove funziona per ora solo la passerella che porta in alta valle, in attesa del ponte provvisorio che arriverà a stagione inoltrata.

L’economista

‘Se i salari restano bassi, si fa fatica a consumare’

«È chiaro che paghiamo lo scotto della stagnazione dei salari cui abbiamo assistito in questi anni, e quando una persona o una famiglia fanno fatica le prime voci su cui si lesina, su cui si risparmia sono magari le uscite al ristorante». E quindi sì, «la questione degli stipendi più bassi rispetto alla media nazionale ma con costi simili si vede riflessa anche nel caso di clienti, denunciato della ristorazione». Ad affermarlo è, da noi interpellato per un commento, Spartaco Greppi, economista e professore presso il Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale della Supsi. Un tema che non è nuovo per nessuno, e nemmeno per Greppi: «Mi viene in mente come già qualche anno fa un collega di Roma, che frequentava spesso il Ticino, ci diceva che “quando noi vogliamo passare una serata conviviale ci troviamo a casa di qualcuno”. Sottolineando, implicitamente, quanto le condizioni per frequentare un ristorante per alcuni possano essere davvero impegnative dal punto di vista finanziario». E per Greppi non si scappa: «Le voci di spesa incidono sui bilanci, e se questi bilanci sono vincolati da entrate basse e costi alti tutto quello che riguarda ristorazione, tempo libero o intrattenimento è direttamente dipendente dalla capacità di spesa e dal potere d’acquisto delle persone». Anche perché «basta scorrere qualsiasi menu di un ristorante per vedere ad esempio i prezzi della carne. Un vantaggio magari per categorie come allevamento o agricoltura domestica, ma la gente fatica a poterselo permettere». Per Greppi, infine, «è chiaro che anche alla ristorazione gioverebbe una politica economica, dei redditi, industriale e di investimenti più vigorosa: se i salari restano bassi, si fa fatica a spendere e consumare».

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