Oltre mille manifestanti a Bellinzona per lo Sciopero delle donne. Tante le rivendicazioni: dalla parità salariale al rifiuto del patriarcato
“Contro il patriarcato, che ci opprime. A favore di una Svizzera femminista, perché la strada che porta alla parità tra uomo e donna è ancora lunga anche nel nostro paese”. Puntuali, nonostante un cielo minaccioso, sono tornate in piazza le donne (ma anche gli uomini) dello Sciopero femminista. Un migliaio abbondante i manifestanti, che da Piazza del Sole a Bellinzona hanno sfilato a partire dalle 18 fino a Palazzo delle Orsoline. “Che tremi il maschilista, oggi Bellinzona è femminista”, “il mio corpo la mia scelta” sono alcuni degli slogan che “la marea viola”, come si sono autodefiniti partecipanti, hanno deciso di portare per le strade della capitale. «Dal 2019 la situazione è solo peggiorata - afferma dalle scale di Piazza collegiata, la prima tappa del corteo, un’esponente del Collettivo Scintilla -. La politica ha disatteso le aspettative. Si prospetta un taglio alla socialità, un abbassamento per i diritti delle lavoratrici. Potete starne certi: la mannaia si abbatterà soprattutto su chi è colpevole agli occhi del potente: la donna proletaria». E via con le cifre: «Secondo una statistica una donna guadagna in media il 18% in meno del suo collega uomo. Questo divario può essere influenzato da vari fattori, come la discriminazione di genere e la sottoccupazione del lavoro, che spetta tipicamente alle donne».
A prendere la parola poco dopo, quanto il corteo si è spostato in piazza Nosetto, davanti al Municipio della capitale, è Lisa Boscolo, granconsigliere del Partito socialista. «Commenti sul nostro corpo ci vengono rivolti quotidianamente. Sui media, sui social, nei modelli educativi. Si vuole ingabbiare le persone costringendole a desiderare un determinato tipo di fisico. La grassofobia è un fenomeno strutturale nella nostra cultura. Canoni estetici imposti per controllarci, è anche questa una forma di violenza».
Da una piazza all’altra, accompagnato da una serie numerosa di interventi e appelli, il corteo è arrivato davanti alla sede del governo cantonale quanto l’orologio segnava quasi le 20. «Non siamo fatte per non disturbare. Alziamo la voce per sollevare le questioni che fanno il bene di tutti. Stiamo in prima linea, non per farci ammirare ma per combattere le cose che non vanno bene», è un’esortazione alla mobilitazione quella di Denise Carniel, giornalista, politica e attivista per i diritti delle persone con disabilità. «Le cose non cambiano se aspettiamo domani o dopodomani. Ogni lotta non è solo nostra, ma di tutta la collettività».
Non solo in Ticino, le donne hanno sfilato ovunque in Svizzera. Diverse migliaia di persone si sono riunite a Zurigo e per l'occasione hanno sfilato a partire dalle 17.30 in direzione della Bürkiplatz dove il collettivo di sciopero femminista ha invitato diversi oratori al microfono.
Nel resto della Svizzera tedesca a Basilea sono scese in piazza migliaia di persone all’insegna del motto “Unser Körper, unsere Strasse, unsere Welt” (Il nostro corpo, la nostra strada, il nostro mondo). A San Gallo le mille persone riunite hanno reclamato una maggiore protezione contro le violenze, mentre a Lucerna al centro dello sciopero femminista c’erano salari e rendite delle donne, in particolare è stata criticata la Riforma della previdenza professionale (Riforma Lpp) che la Svizzera dovrà votare il prossimo 22 settembre.
Nella svizzera romanda a Losanna, si sono radunate sulla place de la Riponne circa 18mila persone che hanno poi sfilato nelle vie del centro fino all’esplanade di Montbenon. Qui, al viola del corteo, si sono mescolati il verde, rosso e nero delle bandiere palestinesi, chiedendo un cessate il fuoco a Gaza. A GInevra invece i manifestanti hanno rivendicato un femminismo intersezionale, inclusivo, decolonialista e senza frontiere.