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L'industria farmaceutica tra sfide e difficoltà, ma ottimista

Piero Poli, presidente di Farmaindustria: ‘Preoccupati dal tasso di cambio e dalla nuova fiscalità dei frontalieri, ma il settore è in buona salute’

Molte questioni aperte
(Ti-Press)
12 giugno 2024
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Tante sfide, qualche incertezza, ma il tutto con la consapevolezza di essere «in un momento importante per l'economia ticinese e la farmaceutica in generale», e partendo da numeri – soprattutto fatturato ed export – che lasciano almeno un barlume di ottimismo nonostante le montagne da scalare non mancano: dai prezzi dei farmaci all'impatto del nuovo accordo fiscale sui frontalieri, passando per la formazione.

È questo, in soldoni, quanto emerge dalla conferenza stampa di Farmaindustria tenutasi a margine della sua assemblea annuale. Con il presidente Piero Poli a ribadire che queste sfide «sono davvero molte», cominciando «dalla questione geopolitica che non è sicuramente delle più rosee se pensiamo ai conflitti, o al taglio o meno dei tassi con delle incertezze che hanno un impatto significativo sulla farmaceutica. Soprattutto perché si riflettono sulle esportazioni, e assieme alle incertezze sulle nuove rotte di navigazione e i costi dei trasporti possiamo davvero capire bene i rischi che corriamo». A riguardo, Poli rimarca che «agire sul tasso di cambio per contenere l'inflazione potrebbe essere pericoloso per le società che hanno un export più elevato rispetto alle vendite locali». Come, appunto, l'industria farmaceutica.

Che, a ogni modo, subisce anche «la continua pressione sui farmaci e il loro costo, che però riguarda il 12% della spesa sanitaria, e noi non siamo quelli che definiscono i prezzi. Tra farmaci generici e innovativi – rimarca Poli – si è proceduto a una riduzione di mezzo miliardo di franchi, ma purtroppo anche il settore farmaceutico ha bisogno di far profitti per poi innovare». Il discorso è chiaro: «Non possiamo investire se spendiamo più di quello che incassiamo».

Tante sfide, come detto, ma «non è tutto negativo, anzi». Perché, ribadisce Poli, «il vantaggio è che su questa innovazione abbiamo sempre puntato». Come si evince, anche, dal sondaggio interno svolto nell'ultimo periodo da Farmaindustria. Un'indagine che ha mostrato come «sono stati investiti più di 280 milioni di franchi, di cui il 53% in infrastrutture che servono ad aumentare i laboratori di ricerca e sviluppo per incrementare la produttività, un bel segnale. Investire in questo ambito, come in quello degli studi clinici, avrà un ritorno anche nel futuro. Di questo siamo molto soddisfatti».

Il fatturato tocca i 2,6 miliardi

Insomma, il contesto globale non sarà un granché ma Farmaindustria regge il colpo: «Abbiamo 52 aziende associate, 3'700 dipendenti per 310 milioni di salari globali. Il fatturato tocca i 2,6 miliardi di franchi, con l'84% destinato all'export». Un fatturato che, sempre leggendo l'esito del sondaggio di Farmaindustria, è destinato a crescere dal momento che «il 43% degli associati lo ritiene in aumento, perché in questi anni ha comunque investito nonostante il bisogno di tirare la cinghia». Chi non vede una crescita, però, «per il 46% vede almeno una stabilità. E anche questo è un dato molto confortante».

Poi, chiaro, qualche difficoltà c'è. Il tasso di cambio si riflette nella diminuzione delle ordinazioni, ad esempio, ma anche nelle difficoltà dell'approvvigionamento delle merci. Tema in cui si inserisce anche «il problema di transito nel Canale di Suez, il tempo di latenza medio è passato da quattro settimane a sette o otto. Ma buona parte degli associati non trova comunque grosse difficoltà».

Difficoltà che invece si trovano, e non poche, nei problemi a reperire il personale. I dati del sondaggio, tranquillizzanti, sono riferiti al 2023 «quindi non contano ancora le novità della doppia imposizione dei frontalieri, ma nei livelli medio alti stiamo già notando la mancanza di personale qualificato. Questa doppia imposizione – spiega il presidente di Farmaindustria – fa desistere molte persone dall'entrare a lavorare in Svizzera, perché si tratta comunque di persone con già una casa, un mutuo, una famiglia... È anche difficile trasferirsi».

A confermarlo è la direttrice esecutiva di Farmaindustria, Daniela Bührig: «Il dato del 24% riscontrato oggi sarebbe ancora più alto, ed è particolare perché legato alle farmaceutiche che storicamente rispetto ad altri comparti industriali hanno meno difficoltà, perché composte da datori di lavoro molto attrattivi. Per non parlare dell'accresciuta difficoltà riscontrata nel reperire apprendisti, in particolare per quanto riguarda la funzione di tecnologo in chimica e chimica farmaceutica». Figure di cui l'industria farmaceutica «ha bisogno», conclude Poli. E quindi «ci impegniamo a formare nuove persone, riqualificare il personale già inserito e far vedere quanto può essere stimolante e bella questa professione».