“È triste e poco edificante doversi confrontare con chi perpetua il mantra degli statali fannulloni e privilegiati. Lo è a maggior ragione nel contesto di questa modifica di legge, che è volta a posizionare le rendite pensionistiche degli affiliati all’Ipct nella media delle altre casse nazionali e cantonali. Nessun privilegio dunque, ma un riallineamento delle rendite verso il basso e una riforma volta al perseguimento di una stabilità finanziaria da parte dell’Ipct”. La Federazione svizzera dei funzionari di polizia, sezione Ticino, prende posizione a favore della modifica di legge sull’Istituto di previdenza del Canton Ticino, in votazione il prossimo 9 giugno. Lo fa attraverso un comunicato in cui evidenzia come negli ultimi anni sia diventato “sempre più difficile reclutare il personale di polizia in Ticino”. Non solo. “A questa difficoltà – scrive la Federazione – si aggiungono numerose partenze verso alcuni rami del settore privato e/o verso le istanze della Confederazione, che offrono condizioni d’impiego e salariali ‘svizzeri’”.
“Questi aspetti – si legge nella nota – non lasciano indifferenti la nostra associazione di categoria. Siamo certi di poter affermare che le e gli agenti di polizia svolgono i loro compiti con passione e dedizione. Questo vale anche per gli altri dipendenti dello Stato, il cui ruolo è quello di garantire il buon funzionamento della società”. In tal senso, mette in luce la Federazione, “da anni gli affiliati all’Ipct contribuiscono finanziariamente al risanamento della cassa pensione. La modifica di legge li chiama nuovamente alla cassa, sia con un aumento del prelievo sul salario, sia tramite accantonamenti creati dall’Ipct”. Tuttavia, stando alla nota, “si tratta di una soluzione di compromesso in grado di riposizionare la cassa e di contenere la diminuzione delle rendite pensionistiche a una situazione nella norma”. Ma anche. “Una riduzione delle rendite come quella prospettata in caso di bocciatura del referendum – sottolinea il comunicato – avrebbe un impatto negativo in ambito economico. Una riduzione drastica delle pensioni comporta infatti meno potere d’acquisto, un’imposizione fiscale ridotta (quindi, minori entrate per Cantone e Comuni) e un potenziale incremento delle persone a carico dell’aiuto sociale”. Non da ultimo, “rendite pensionistiche troppo basse rispetto a valori medi di mercato, come quelli perseguiti dalla riforma in votazione, diminuiscono l’attrattività dello Stato quale datore di lavoro”.