L'Associazione interprofessionale di controllo mette l'accento sulle possibili conseguenze dell'accordo con l'Unione europea e scrive a Berna
Il numero di ditte estere attive in Ticino è in lieve ripresa – seppur non ancora sui livelli precedenti al 2021 – ma il settore dell’edilizia e dell'artigianato guarda con una certa preoccupazione al futuro e ai dossier “caldi” sul tavolo. Due su tutti: gli accordi con l’Unione europea, in particolare per quanto riguarda la libera circolazione delle persone e le relative misure di accompagnamento, e la diminuzione delle commesse pubbliche. «Dopo due anni di calo siamo tornati a registrare una crescita delle notifiche nel comparto edilizio», rileva il presidente dell’Associazione interprofessionale di controllo (Aic) Renzo Ambrosetti nella conferenza stampa di bilancio dell’anno passato. «La crescita è generata soprattutto dalle assunzioni d’impiego e in misura minore dai lavoratori distaccati. Sono invece diminuiti ancora i lavoratori indipendenti. Anche in termini di giorni di lavoro – prosegue Ambrosetti – si è registrata una ripresa». 1’791 sono state le ditte notificate. In leggero aumento rispetto allo scorso anno ma ancora lontano dalle 2’029 del 2021. Capitolo controlli e infrazioni: lo scorso anno i sette ispettori attivi in Ticino hanno riscontrato 164 infrazioni alla procedura di notifica.
A preoccupare i vertici dell’Associazione, come detto, è anche il calo delle commesse pubbliche in Ticino. Un segnale d’allarme era stato mandato da parte degli imprenditori già lo scorso anno con la speranza, per il 2024, di vedere aumentare i bandi pubblicati sul Foglio ufficiale. «Una lieve ripresa c’è stata, soprattutto per lavori di piccole dimensioni, ma siamo ancora alla metà dei numeri del triennio precedente – spiega Nicola Bagnovini, segretario dell’Aic –. Non c’è stata insomma un’inversione e questo non ci lascia tranquilli. È possibile che le ditte dovranno fare degli adattamenti al personale se i volumi di lavoro restano questi». Tra chi ha tirato maggiormente il freno, afferma Bagnovini, ci sono i Comuni. «Hanno ridotto gli investimenti. È un dato di fatto». A rivelarsi problematica è anche «la difficoltà di iniziare i lavori. Tra ritardi e ricorsi si perde molto tempo. Chiaramente la possibilità di ricorrere è un diritto che va riconosciuto. Ma il settore paga questi rallentamenti».
Altro punto sollevato da Bagnovini, che oltre a essere segretario dell’Aic è direttore della Società svizzera impresari costruttori sezione Ticino: la carenza di manodopera. «Siamo preoccupati che i frontalieri possano ora trovare meno interessante venire a lavorare in Ticino». Il riferimento è alla nuova fiscalità dei frontalieri, in vigore dallo scorso mese di luglio, e alla “tassa della salute” introdotta dal governo italiano per cercare di frenare la fuga di medici tassando chi varca ogni giorno il confine per venire a lavorare. «Per noi sarebbe un problema – sottolinea il direttore della Ssic –. La manodopera ticinese non è sufficiente per colmare il fabbisogno. Non voglio fare l’uccello del malaugurio, ma non siamo sereni e vedremo a fine anno quali saranno le cifre».
Altro dossier “caldo” sul tavolo: l’accordo con l’Unione europea. Sono tre le rivendicazioni dell’Associazione interprofessionale di controllo. Rivendicazioni messe nero su bianco con una risoluzione inviata al Consiglio federale e ai negoziatori svizzeri con l’Ue. «Le misure di accompagnamento alla libera circolazione sono sempre state indigeste all’Unione europea. Si tratta però di misure necessarie per salvaguardare i nostri livelli salariali e la competitività delle aziende elvetiche. Non bisogna quindi accettare anche solo un loro ridimensionamento», dichiara Ambrosetti. «Per il mercato del lavoro svizzero devono valere le regole svizzere. Non ci deve poter essere nessuna ingerenza della Corte europea». Altra rivendicazione: adattare la legge che conferisce obbligatorietà generale ai contratti collettivi di lavoro, «bisogna ripensare il quorum».
L’attività dell’Aic, che vuole combattere la concorrenza sleale in Ticino, ha anche permesso di sanzionare le ditte estere che non rispettavano le regole: 364 in totale, con un aumento di quasi cinquanta contravvenzioni rispetto all’anno precedente. L’Ufficio sorveglianza mercato del lavoro ne ha sanzionate 91, l’Ispettorato del lavoro 96 e le Commissioni paritetiche cantonali 177. «Diversi controlli sono stati svolti in collaborazione con l’Ufficio federale delle dogane – spiega Mattia Rizza, ispettore capo dell’Aic –. Questo esercizio ci ha permesso di individuare diverse infrazioni riguardanti la procedura di notifica. Inoltre la presenza al valico ci dà l’opportunità di conoscere nuovi stratagemmi messi in atto dalle ditte estere per aggirare le disposizioni vigenti».