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Accusato di aver palpeggiato una collega, ma vince il ricorso

All'uomo, che aveva parlato diversamente di un complotto, è stata riconosciuta dal Tribunale amministrativo federale l'inesistenza di motivi gravi

In sintesi:
  • I giudici hanno sancito che la soglia probatoria atta a legittimare una disdetta del rapporto di lavoro senza preavviso non era raggiunta
  • Riscontrate alcune incongruenze, testimonianze troppo approssimative e tempistiche dubbiose
Giù le mani
(Ti-Press)
3 maggio 2024
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Era stato accusato di aver molestato sessualmente una collega. Prima attraverso un linguaggio scurrile e poi passando alle mani con un palpeggiamento. Un comportamento che gli era costato il licenziamento in tronco dalle Officine Ffs di Bellinzona nell'agosto 2023.

L’uomo, patrocinato dall'avvocato Gianluigi Della Santa, era stato indicato da un’inchiesta di accertamento interna. Una decisione, quella di stralciare il contratto di lavoro da parte dell’Amministrazione federale, che l’impiegato aveva però contestato attraverso un ricorso al Tribunale amministrativo, sollevando la legittimità dell’esistenza di motivi gravi, e adducendo, diversamente, a un complotto con la relativa richiesta di un’indennità di 65mila franchi. Nessuna volontà, per contro, di ritornare sulla sua scrivania in quanto non è stato chiesto il reintegro.

Ebbene, i giudici hanno sancito che la soglia probatoria atta a legittimare una disdetta del rapporto di lavoro senza preavviso non era raggiunta, ammettendo così parzialmente il ricorso.

La sentenza conferma, dunque, che le molestie sessuali costituiscono un motivo grave, atto a legittimare una disdetta senza preavviso. Contrariamente a quanto previsto da certe norme speciali, il grado di prova non è perciò alleggerito. “Più concretamente – si evidenzia nella sentenza – non è sufficiente dimostrare unicamente la verosimiglianza di quanto dichiarato. La soglia da raggiungere è più severa: le autorità non devono nutrire dei seri dubbi sulla fondatezza di ciò che viene sostenuto”.

Riscontrate alcune incongruenze, testimonianze troppo approssimative e tempistiche dubbiose, la Corte è giunta alla conclusione che la soglia probatoria non poteva essere raggiunta. Di conseguenza, il motivo grave che ha condotto alla decisione impugnata non è stato dimostrato e, pertanto, il licenziamento non era giustificato.

E se mancano i cosiddetti motivi gravi, occorre riconoscere alla parte un’indennità. Il Tribunale ha, quindi, avallato il versamento dello stipendio fino allo scadere del termine di disdetta regolare. In aggiunta, i giudici hanno concesso un’indennità pari a tre mensilità salariali, inferiore a ogni modo a quella richiesta dall’ex dipendente, per il fatto di non aver comunque tenuto un comportamento esemplare.

Le parti valuteranno se impugnare la sentenza dinanzi al Tribunale federale.