Raffaele De Rosa fa il bilancio del suo anno alla presidenza del governo: ‘Preventivo 2024 elaborato in condizioni non ottimali. Ora maggiore dialogo’
Una chiacchierata di quasi due ore nel verde del parco dell’Organizzazione socio-psichiatrica di Casvegno, a Mendrisio, tra caffè e cornetti. È la modalità inusuale che ha scelto Raffaele De Rosa per tracciare un bilancio al termine del suo anno alla presidenza del Consiglio di Stato, che termina il 24 aprile con il passaggio dell’incarico al collega Christian Vitta. Un incontro con i media meno formale che non ha però impedito di affrontare i punti caldi di quello che è stato definito «un anno veramente impegnativo».
A cominciare dal delicato tema del risanamento delle finanze cantonali. «Sul Preventivo 2024 abbiamo lavorato intensamente e in condizioni non ottimali. C’era grande incertezza e si è cercato di incidere nella maniera minore possibile. Andando, ad esempio, a toccare le riserve e rallentando alcuni progetti. Capisco che per un Ente autonomo, proprio come l’Osc, non è una cosa piacevole – afferma De Rosa –, ma se non si interviene ora con queste misure il rischio è di arrivare in futuro con tagli più dolorosi. Tagli veri». Eppure alcune delle misure più importanti proposte – modifica al ribasso delle costanti che determinano i sussidi di cassa malati e contributo di solidarietà per i dipendenti pubblici – sono state cassate dal Gran Consiglio, che ha anche lamentato un mancato coinvolgimento nell’allestimento del Preventivo da parte del governo. «Rimane il problema di dover trovare delle convergenze. Per il Preventivo 2025 avremo più tempo e questo è positivo per arrivare a soluzioni condivise». Anche perché, è stato fatto capire, bisognerà giocoforza tornare a parlare di interventi su sussidi di cassa malati e dipendenti pubblici, le due voci di spesa più consistenti per il Cantone. «Il dossier dei premi di cassa malati è sul nostro tavolo ogni settimana. Non solo a fine settembre quando c’è da annunciare un eventuale aumento. È però difficile far passare alcuni messaggi a livello federale». Tornando alle misure contenute nel Preventivo 2024. «C’è poi stato un Ente importante – ci tiene a sottolineare il direttore del Dipartimento sanità e socialità – che ha fatto notare come le misure proposte abbiano permesso di fare una revisione della spesa interna, trovando margini di efficienza e riducendo a zero l’impatto dei risparmi».
Aggiunge De Rosa: «Quello che mi preoccupa non è il Preventivo 2024, ma quello del prossimo anno. E di quello dopo ancora. Ad oggi non abbiamo proposto nessuna misura strutturale particolare. Riconosco che la piazza ha mandato un segnale e come governo capiamo le proteste. Questo non vuol dire che bisogna per forza dare ragione alle rivendicazioni. Abbiamo una linea e dobbiamo trovare una sintesi. Siamo a poco dallo scatto del freno al disavanzo e dall’obbligo di prendere dei provvedimenti che si tradurrebbero in un aumento automatico di imposta (serve l'ok dei due terzi del parlamento, ndr) o a tagli lineari».
Il deficit del Cantone per il 2023 segna un rosso da 121 milioni di franchi. Un risultato segnato dal mancato versamento delle quote della Banca nazionale svizzera e da una perequazione intercantonale – ovvero il sistema di solidarietà finanziaria tra Cantoni – che non premia il Ticino come dovrebbe. «Sono anni che chiediamo di rivedere i parametri della perequazione. Non è normale che il Ticino riceva circa 80 milioni e il Vallese, per fare un esempio, 800. Se andassimo a equilibrare queste disparità la situazione delle finanze pubbliche ticinesi sarebbe decisamente diversa». La missione, come detto, è però davvero ostica. «Per dare di più al nostro cantone ci vuole qualcuno che incassi meno, e nessuno è disposto a rinunciare così facilmente a decine di milioni. Abbiamo chiesto di entrare nel gruppo tecnico, senza però ottenere l’approvazione». Ma da dove arriva questa disparità? La ricchezza generata dai salari dei frontalieri viene considerata dallo strumento di calcolo, anche se poi la maggior parte di questi salari è spesa all’estero. Allo stesso tempo il numero dei frontalieri (circa 80mila) non viene preso in considerazione. «È una disfunzione oggettiva».