Ticino

Atto intimidatorio a Dadò, s'indaga per minaccia e coazione

Titolare del procedimento il procuratore generale sostituto Moreno Capella. Nella busta un bossolo avvolto in un pezzo di carta e un biglietto minatorio

Il presidente del Centro
(Ti-Press)
18 aprile 2024
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Da uno a tre agenti della Polizia cantonale indagati: si allunga la lista degli imputati nell’inchiesta aperta dal procuratore generale Andrea Pagani - con le ipotesi di favoreggiamento e abuso di autorità - per fare piena luce sull’incidente nel quale è rimasto coinvolto il consigliere di Stato e direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi poco dopo la mezzanotte dello scorso 14 novembre sull’autostrada in zona Stalvedro.

Ma nel giorno in cui il Ministero pubblico rende noto, con un comunicato stampa, gli importanti sviluppi del procedimento penale dopo giorni fitti fitti di interrogatori, si ha notizia di un fatto preoccupante. Il presidente e deputato del Centro Fiorenzo Dadò - autore nelle scorse settimane della dettagliata interpellanza sul sinistro in Leventina (ai cui interrogativi il Consiglio di Stato non ha ancora risposto poiché in attesa dell’esito degli accertamenti della magistratura inquirente), facendo di fatto deflagrare il cosiddetto caso Gobbi - è stato vittima di un atto intimidatorio. Un proiettile e un messaggio minatorio: una busta anonima contenente un bossolo avvolto in un pezzo di carta e un biglietto con minacce "molto pesanti". Un atto intimidatorio, in perfetto stile mafioso verrebbe da dire, da ricondurre quasi certamente al clima creatosi intorno al caso. È lo stesso Dadò a informare, con una nota alle redazioni, della missiva. "Il tutto ovviamente è già nelle mani della Procura", fa sapere il parlamentare.

"Si tratta di un atto intimidatorio molto grave, promosso da qualcuno che evidentemente non condivide la necessità di fare chiarezza su un fatto noto oramai a tutti. Questa volta – scrive Dadò – viene toccata pesantemente la mia persona e la mia famiglia, la prossima volta, avanti di questo passo, potrebbe toccare a qualcuno d’altro. È proprio per combattere questo pericoloso modo di pensare e di agire che azioni come le mie, volte a determinare la verità e soprattutto a preservare la fiducia che ogni singolo cittadino di questo Cantone deve poter conservare nei confronti delle autorità e dei rappresentanti dello Stato, devono poter essere fatte senza alcuna paura. Non bisogna assolutamente tacere di fronte al dubbio di presunte ingiustizie. È un principio che deve valere per tutti. Ogni cittadino libero e onesto di questo Cantone deve poter confidare nella certezza del diritto, confidando che le Autorità siano dalla sua parte, che le Istituzioni siano lì per garantire giustizia, in egual misura per tutti". Continua il deputato e presidente del Centro: "Il rischio che stiamo correndo è l’insinuarsi anche alle nostre latitudini di comportamenti omertosi e malavitosi che nulla hanno a che vedere con la nostra tradizione culturale ticinese e la fierezza svizzera. Infatti il radicamento e la forza di modi di agire come questi, che usano l’arma dell’intimidazione e della minaccia, si basano sull’omertà, sulla mancanza di fiducia nello Stato, sulla percezione della debolezza di esso".

La fiducia della popolazione nelle istituzioni e nei suoi rappresentanti, sottolinea Dadò, "è un bene collettivo prioritario e rappresenta senza alcun dubbio il principale fondamento del nostro Stato di diritto. Come tale, questo valore va promosso e preservato con convinzione, indipendentemente dagli interessi dei singoli o di una cerchia ristretta di persone. Per questo è necessario continuare a trovare il coraggio di parlare e di porre domande a testa alta di fronte al dubbio che la Legge potrebbe non essere uguale per tutti".

A occuparsi penalmente dell’inquietante episodio è il procuratore generale sostituto Moreno Capella, che ha aperto un procedimento per i reati di minaccia e coazione, al momento contro ignoti. Il materiale verrà ora analizzato dalla Polizia scientifica.

Ghisolfi: ‘Ogni parlamentare deve sentirsi libero di esercitare il suo mandato in sicurezza’

«Qualunque atto intimidatorio nei confronti di un parlamentare è da condannare», dichiara sollecitata da ‘laRegione’ Nadia Ghisolfi, presidente del Gran Consiglio. «Ogni deputato deve sentirsi libero di esercitare il suo mandato in sicurezza. In uno Stato di diritto è fondamentale garantire la sicurezza e il rispetto delle persone che si mettono a disposizione della cosa pubblica e svolgono con serietà e impegno il loro mandato».

Galli (Apcti): ‘Atti che non riflettono la cultura del Ticino’

«In qualità di presidente dell’Associazione delle polizie comunali ticinesi - afferma da noi contattato Orio Galli, alla testa dell’Apcti - sono profondamente preoccupato. Insieme al Comitato, esprimo totale solidarietà e vicinanza al presidente cantonale del Centro. Questi atti non riflettono la nostra cultura né appartengono al nostro cantone».

Tornando alle indagini penali su come sono state gestite, in primis dalla Polcantonale, le fasi successive all’incidente occorso a Gobbi, altri due agenti della Gendarmeria, come riferito all’inizio, sono nel frattempo finiti sotto inchiesta. Il comunicato della Procura, con gli ultimi aggiornamenti sul procedimento, è giunto nelle redazioni poco dopo le 11.30 di oggi, aggiornamenti in parte anticipati qualche ora prima dal sito della ‘Rsi’. Nella nota stampa il Ministero pubblico scrive “di aver esteso il procedimento nei confronti dell'ufficiale della Polizia cantonale che era di picchetto la sera dei fatti nonché nei confronti di un capo gruppo in servizio quella notte”. Sale così a tre, per ora, il numero degli imputati. Oltre al sottufficiale superiore indagato da qualche settimana, il procedimento penale è stato esteso a un ufficiale e al capo gruppo. Quest’ultimo sarebbe un sottufficiale. Che dal luogo dell’incidente avrebbe avvertito il sottufficiale superiore, anch’egli di picchetto quella notte e che a quell’ora era a casa. Ricevuta la telefonata si sarebbe portato pure lui sul posto. Fra gli imputati anche l’ufficiale della Gendarmeria che la sera del sinistro era di picchetto. Quante sono state le telefonate fra i tre? Il loro contenuto? Il flusso di informazioni è rimasto circoscritto ai tre? Per saperne di più occorre attendere gli ulteriori sviluppi delle indagini. Intanto, e come da prassi, a carico di almeno due imputati il governo ha già disposto l’avvio di una procedura disciplinare, comunque congelata in attesa dei risultati degli accertamenti penali.

La sua per ora unica dichiarazione pubblica sulla vicenda, il consigliere di Stato Gobbi l’ha rilasciata alla ‘Regione’: è stata pubblicata sull’edizione del 14 marzo insieme al resoconto dell’interpellanza di Dadò. “Anzitutto – ha sostenuto Gobbi –l’incidente non l’ho provocato io, ma è accaduto perché un veicolo ha lasciato la corsia di emergenza immettendosi in quella di scorrimento senza accorgersi che stavo sopraggiungendo: l’impatto, pur con la prudenza dovuta, è stato inevitabile. Nonostante lo spavento non ci sono per fortuna state conseguenze gravi. Sono stato io a chiamare la polizia. All’alcol test precursore sono risultato lievemente superiore al limite, sono quindi stato sottoposto al test probatorio, quello definitivo, da cui è risultato che ero nella norma. Il tutto si è svolto – sia ben chiaro – nel rispetto della procedura”.

Stando a quanto da noi appreso, sarebbero trascorse due ore e cinque/dieci minuti fra il test precursore e quello probatorio. Regolare? Anche qui sarà l’inchiesta del Ministero pubblico a dare una risposta. Nel frattempo, segnala il comunicato della Procura, il consigliere di Stato è stato sentito nei giorni scorsi, alla presenza del proprio legale, come persona informata sui fatti. E allo stato attuale, precisa il Ministero pubblico, “nei suoi confronti non emergono indizi di reato”.

Lega: ‘Si conferma essere solo panna montata’

Continua invece a parlare di “panna montata sul nulla” la Lega dei Ticinesi, che attraverso un comunicato stampa torna ad attaccare stampa e avversari politici. “I troppi media di regime hanno dimostrato ancora una volta di fare propaganda politico-partitica – si legge nel comunicato stampa – e non informazione, dedicando paginate e ore di trasmissione a una non-vicenda e gonfiandola a dismisura quasi fosse il principale problema del Cantone”. Non-vicenda, come scrive la Lega, che ha però visto il procuratore generale estendere il procedimento penale ad altri due agenti della Polizia cantonale. Indagati anche loro per abuso di autorità e favoreggiamento nella vicenda dell’incidente che ha coinvolto il coordinatore della Lega. “Il comunicato stampa del Ministero pubblico contiene infatti un passaggio cruciale, che però (chissà come mai?) i media citano solo di transenna, guardandosi bene dall’evidenziarlo”. Passaggio del comunicato nel quale si ricorda che Gobbi è stato sentito come persona informata sui fatti e che nei suoi confronti non emergono indizi di reato. “Ecco quindi la conferma che nella realtà non esiste alcun ‘caso Gobbi’. Esiste per contro un ‘caso Dadò’, un ‘caso Mps’ e un ‘caso media di regime’. Il comportamento dei soggetti indicati è inqualificabile”. A proposito di Fiorenzo Dadò, la Lega scrive: “che l’esagitato presidente di un partito di governo si abbassi alla medesima logica dell'Mps, è preoccupante. In particolare per il partito che presiede”.