Oliviero Pesenti, presidente dell'Associazione industrie ticinesi: ‘C'è la paura di perdere consenso. Vogliamo una visione, non nuove imposte’
«La politica ha abbandonato il paese? Io questa frase la pongo come domanda, ma per diversi imprenditori del territorio si è invece trasformata in un’affermazione. Anzi, una constatazione». È partito da qui, con riferimento alla realtà regionale e nazionale, l’intervento di Oliviero Pesenti, presidente dell’Associazione industrie ticinesi (Aiti), pronunciato questo pomeriggio a Locarno durante la 62ª Assemblea generale ordinaria. «Lo spettacolo messo in atto dalla politica per l’approvazione del preventivo 2024 del cantone Ticino è stato l’ultimo tassello di un’involuzione pericolosa del dibattito politico in questo cantone – afferma Pesenti –. A fronte di una tenuta dell’economia nonostante tutto e dei gettiti d’imposta, siamo oramai entrati stabilmente in una dinamica di costi crescenti per le imprese e i cittadini».
Crescita dei costi che per il presidente di Aiti è indotta da situazioni oggettive, come ad esempio l’invecchiamento della popolazione, ma anche «dal crescente peso dello Stato, che per taluni è oramai diventato il comodo rifugio al quale chiedere soldi e protezione, dimenticandosi che il progresso economico e sociale deriva prima di tutto dalla nostra azione in quanto cittadini ma anche imprenditori».
Che fare quindi? Un esempio positivo per Pesenti è quello del Consiglio federale, che ha nominato un gruppo di esperti esterno incaricato entro la fine dell’estate di proporre delle misure per correggere il bilancio dello Stato. «Non abbiamo grossi dubbi sul fatto che Consiglio federale e Camere federali correggeranno la rotta delle spese, anche se ciò costerà parte del consenso popolare». Discorso diverso, invece, per quanto riguarda il nostro cantone. «Proprio dall’esempio nazionale possiamo cogliere la debolezza del Ticino, quasi del tutto incapace a livello politico di intervenire con riforme e piani di risanamento». E nel mirino di Pesenti c’è la classe politica, «terrorizzata dal pericolo di poter perdere consenso evita concretamente di entrare in materia di un riequilibrio della spesa pubblica, nemmeno davanti all’evidenza dei fatti». Con una conseguenza chiara: «Così facendo spinge il paese su un pericoloso piano inclinato, che conduce rapidamente al dissesto finanziario dei conti pubblici e alla sparizione di spazi finanziari per progettualità e investimenti», dichiara il presidente di Aiti, che lancia un monito: «Di fronte all’esplosione della spesa pubblica, sentiamo sussurrare, anche negli ambienti politici borghesi o ritenuti tali, che inevitabilmente bisognerà trovare nuove entrate, il che si traduce comprensibilmente in un aumento delle imposte per tutti». Quella che per Pesenti è una strategia della sinistra «si sta facendo spazio anche in parte del fronte politico più moderato. Nuove imposte per qualche categoria di contribuenti, nuove tasse per tutti e attacco alla sostanza immobiliare che al momento sembra essere il piatto più ricco del banchetto».
Uno scenario che l’Associazione industrie ticinesi afferma di essere pronta a respingere con forza, anche tramite referendum. «Beninteso – sottolinea Pesenti –, l’imprenditore non si sottrae alla discussione sul reperimento di nuove risorse, ma deve trattarsi di risorse finalizzate a garantire gli investimenti necessari per fare sviluppo economico durevole, prima di tutto in materia di formazione e innovazione. Nessuna cambiale in bianco da parte nostra fino a quando la classe politica non ci dimostrerà visione, obiettivi e strategia per fare evolvere economia e società. Noi chiediamo con forza la revisione dei compiti dello Stato, per troppo tempo rimasti immutati, e non accetteremo arrampicate sui vetri per dire che non si può fare». Chiara quindi la richiesta rivolta alla politica.