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Nomina magistrati, la ricetta Pvl: ‘Trasparenza e meritocrazia’

Con un'iniziativa parlamentare elaborata di Mobiglia e Beretta-Piccoli i Verdi liberali chiedono di sganciare la procedura dalle logiche di partito

Si aggiunge un’altra voce
(Ti-Press)
9 aprile 2024
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Rendere l’elezione dei magistrati “più trasparente (le commissioni chiamate a esaminare i candidati saranno infatti tenute a motivare per iscritto dettagliatamente le loro scelte) e meritocratica: i requisiti di eleggibilità previsti dalla legge saranno aumentati e sarà data più enfasi all’esperienza del candidato”. Trasparenza e meritocrazia. Fa leva su questi due concetti l’iniziativa parlamentare, stilata nella forma elaborata, dei deputati Verdi liberali Massimo Mobiglia e Sara Beretta-Piccoli per migliorare in Ticino il sistema di nomina di procuratori pubblici, giudici d’Appello e pretori. Per sganciarlo il più possibile dalle logiche partitiche spartitorie che non di rado penalizzano – ponendole in secondo o terzo piano – preparazione, capacità e appunto esperienza degli aspiranti togati. Per scongiurare insomma il ripetersi di trattative, promesse, inciuci e conflitti di interessi che hanno contrassegnato, e non è stata certo la prima volta, l’elezione quasi un mese fa da parte del Gran Consiglio dei subentranti delle procuratrici Pamela Pedretti e Marisa Alfier, dimissionarie dalla fine di questo mese.

Nomina, la competenza resterebbe del parlamento

Gli iniziativisti prospettano la modifica di alcuni articoli della Legge sull’organizzazione giudiziaria, lasciando quindi la competenza di eleggere i magistrati al Gran Consiglio (in caso contrario sarebbe necessario intervenire sulla Costituzione cantonale, con conseguente voto popolare), ma rivedendo le norme che disciplinano l’attività della Commissione di esperti indipendenti – tenuta ad esprimersi, con un preavviso al Legislativo, sull’idoneità dei candidati a ricoprire la carica – e quella della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, chiamata a proporre al plenum gli aspiranti pp e giudici da eleggere. Se accolta, l’iniziativa accorderebbe fra l’altro “più tempo” ai deputati “per farsi un’idea delle capacità e della personalità dei candidati”.

Periti settoriali

Di seguito i cambiamenti suggeriti da Mobiglia e Beretta-Piccoli. Nominata ogni sei anni dal Gran Consiglio per l’esame e il preavviso delle nuove candidature all’elezione dei magistrati (esame e preavviso delle candidature dei pp e dei giudici che postulano il rinnovo del mandato spettano invece al Consiglio della magistratura), la Commissione di esperti si compone attualmente di 5 membri. Gli iniziativisti propongono di portarli a 9: “3 esperti di diritto civile, 3 esperti di diritto penale e 3 esperti del restante diritto pubblico”. E questo, scrivono Beretta-Piccoli e Mobiglia, “al fine di avere in seno alla commissione un numero sufficiente di esperti per ogni principale branca del diritto: diritto civile, diritto penale e restante diritto pubblico”. Considerata “l’importanza e la delicatezza dei ruoli istituzionali che i candidati potrebbero dover ricoprire, si è ritenuto opportuno far sì che i membri della Commissione d’esperti, chiamati a esaminare i candidati, abbiano una conoscenza particolarmente dettagliata della materia di cui si occupa l’autorità” giudiziaria “che il candidato vuole rappresentare”. Altrimenti la squadra d’esperti “non sarebbe in grado di adempiere appieno alle proprie mansioni e rischierebbe di essere semplicemente politicizzata”.

Concretamente: “L’esame dei candidati, per ogni concorso, avviene dinanzi ad almeno 5 membri della Commissione d’esperti (...). Tra questi 5 membri devono essere presenti i 3 esperti della materia di cui si occupa l’autorità (Ministero pubblico, Tribunale d’appello, Pretura ndr) che il candidato vuole rappresentare”. E a proposito di trasparenza: l’audizione dei candidati “è pubblica, salvo interessi contrari pubblici o privati preponderanti”. I membri della Commissione d’esperti “devono raccogliere informazioni” sui candidati “e possono far capo a consulenze esterne”. Delle informazioni raccolte, così come delle eventuali consulenze esterne, “deve rimanere traccia scritta”.

Termini temporali

E ancora: “Entro 15 giorni dall’esame dei candidati” (ora non esiste un termine), la commissione “trasmette alla Commissione giustizia e diritti” del Gran Consiglio “il proprio preavviso scritto sulle singole candidature, con copia ai partecipanti al concorso”. Il preavviso “deve pronunciarsi sull’eleggibilità dei candidati e motivare in modo completo e dettagliato la loro idoneità o inidoneità rispetto alla specifica funzione a concorso”.

Il o i preavvisi vengono così inviati alla ‘Giustizia e diritti’. Quest’ultima commissione trasmette al Gran Consiglio – l’iniziativa indica “almeno 30 giorni” (oggi 12) prima dell’elezione – un rapporto comprendente fra l’altro le sue proposte di elezione. Proposte che per Mobiglia e Beretta-Piccoli devono essere “dettagliatamente motivate, con particolare dovere di minuzia laddove l’esperienza del candidato sia messa in secondo piano”. Non solo. L’eventuale audizione dei candidati “è pubblica, salvo interessi contrari pubblici o privati preponderanti”. E ancora: “Ogni granconsigliere deve avere facile accesso al rapporto completo della Commissione giustizia e diritti, sin dalla sua trasmissione al Gran Consiglio”.

‘Cursus honorum’ da codificare

Si parlava dell’esperienza. È uno dei requisiti che i Verdi liberali chiedono di codificare, completando il relativo articolo della Legge sull’organizzazione giudiziaria: sono eleggibili a magistrato dell’ordine giudiziario i cittadini svizzeri in possesso di un dottorato in giurisprudenza o titolo equivalente o del certificato di capacità per l’esercizio dell’avvocatura, “che abbiano maturato un’esperienza specifica di almeno 4 anni all’interno dell’autorità (giudiziaria, ndr) che vogliono rappresentare oppure che abbiano un’esperienza generale almeno decennale quale avvocato attivo in un foro svizzero”.

Mobiglia: ‘L’obiettivo è fare qualcosa velocemente’

La proposta verde liberale pare tutto tranne che estemporanea. «Già prima delle ultime nomine abbiamo detto che il sistema era da rivedere e rendere più meritocratico e indipendente dai partiti», conferma a ‘laRegione’ il granconsigliere Massimo Mobiglia, conscio ad ogni modo del fatto che la loro iniziativa non è la prima e che molto è già stato suggerito in questi ultimi periodi. Ma l’argomento non fa breccia: «Guardando tutto quello che c’è ora sul tavolo, ci siamo resi conto che per avere un cambiamento radicale sono necessari tempi molto lunghi», argomenta Mobiglia. Per questo motivo «ci siamo chiesti se sia possibile, con dei piccoli cambiamenti a livello di legislazione senza andare a toccare la Costituzione, mettere dei paletti che permettano di scegliere meglio i magistrati. Con le nostre richieste pensiamo di esserci riusciti». Con un obiettivo principale: «Fare qualcosa velocemente e mostrare un netto passo in avanti su questo tema, e proprio perché siamo preoccupati dalle possibili lungaggini di modifiche più corpose ci sembra ragionevole seguire la nostra tattica».

Già nei giorni che hanno preceduto la nomina a pp di Alvaro Camponovo (tra l’altro ex Pvl...) e Luca Losa, i Verdi liberali si erano espressi, con il loro presidente Stefano Dias, sul bisogno di agire in fretta: premiando il merito e rendendo meno importanti le varie casacche di partito. Anche perché «è giusto permettere anche a persone politicamente non attive di candidarsi con delle possibilità, perché il potere giudiziario deve essere svincolato completamente dalla politica: un giudice, un procuratore deve essere scelto non per il suo partito, ma per integrità, valori, competenze. Serve davvero più trasparenza», secondo Mobiglia.

Mobiglia che fa parte di un Pvl uscito un po’ scottato dalle ultime nomine, sia perché un loro candidato d’area e di riconosciuta competenza non ha avuto chances sia perché Camponovo, prima di passare alla Lega, è stato lungamente nei Verdi liberali. È una conseguenza di questi pasticci il loro atto parlamentare? «Possiamo dire che è ancora l’onda lunga con i suoi strascichi, ma non direi che siamo rimasti scottati – risponde Mobiglia –. L’aspetto principale, per noi, è andare più a monte: non dobbiamo chiederci perché un nostro rappresentante ha avuto davanti degli ostacoli, ma perché questi ostacoli esistono. Noi, con la nostra iniziativa, pensiamo che possono essere superati non per il bene di questo o quel partito, ma per la trasparenza della giustizia e per il riconoscimento del merito al posto della casacca politica».

La proposta pendente del Plr

Inserita, va da sé, nella categoria “lungaggini”, è l’iniziativa pendente in seno alla commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ targata Plr, depositata nel dicembre 2021 dall’allora deputato e già procuratore pubblico Marco Bertoli. L’atto parlamentare, ripreso dalla deputata Cristina Maderni, chiede che “la legislazione cantonale sia modificata affinché il Ministero pubblico venga diretto dal procuratore generale, coadiuvato da quattro altri membri della Direzione del Ministero pubblico”, di attribuire la competenza di nomina della Direzione del Ministero pubblico al Gran Consiglio; di sopprimere la competenza generale del Gran Consiglio quale autorità di nomina di tutti i procuratori pubblici; di attribuire la competenza di nomina dei procuratori pubblici alla Direzione del Ministero pubblico; di adeguare laddove necessario l’intera legislazione sull’organizzazione giudiziaria”.

Le richieste ribadite (ancora) dal pg Pagani

Interpellato da ‘laRegione’ la scorsa settimana, il procuratore generale Andrea Pagani ha dal canto suo ancora una volta affermato che “occorre rivedere le modalità di nomina dei procuratori”. Ribadendo la sua proposta: “Il Gran Consiglio elegge unicamente la Direzione del Ministero pubblico, poi apertura del concorso per reclutare il resto della squadra, con la Commissione di esperti che come oggi si pronuncia sull’idoneità o meno degli aspiranti pp e con la Direzione del Ministero pubblico che, dopo aver valutato a sua volta le candidature ritenute idonee, fa le proposte di nomina al Consiglio della magistratura, il quale è anche espressione della società civile essendo composto, oltre che di togati, di laici. Tornando alle risorse in termini quantitativi, sarebbe pure auspicabile la reintroduzione del sostituto procuratore pubblico”. Come chiesto da un altro atto parlamentare del Plr, inoltrato nel 2019 dall’allora deputato Giorgio Galusero e anch’esso a tutt’oggi pendente.

STRASCICHI DI MARZO

Le dimissioni dell’sg Riccardo Maiolo

Intanto si registrano i primi contraccolpi del pateracchio consumatosi in occasione della designazione dei magistrati inquirenti in sostituzione delle pp partenti Alfier e Pedretti. Voci riferiscono di ex candidati, non eletti in quella tornata, che starebbero guardando ad altri posti di lavoro. Tra gli aspiranti pp c’era pure Riccardo Maiolo, in quota Verdi liberali: segretario giudiziario dal 2016, dopo aver ricoperto la carica nel 2013 e per alcuni mesi nel 2015 in veste di ausiliario. Da noi interpellato, Maiolo conferma di aver dato le dimissioni. Per fine agosto. In passato ha partecipato a concorsi per l’elezione a pp, invano però. Quella dello scorso mese è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso? «Diciamo che diverse vicissitudini, anche personali, accadute negli ultimi anni, hanno ridotto il livello di serenità necessaria per svolgere al meglio questo mestiere – afferma –. Se poi si aggiunge il continuo mancato riconoscimento dei meriti a vantaggio di pratiche che non giovano a nessuno, certamente non alla Giustizia, e di riflesso neppure al cittadino, va a svanire anche l’entusiasmo. In tali condizioni, se si vuole essere utili alla causa, credo sia meglio percorrere altre vie».

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