La deputata lascia la carica di vicecapogruppo, Bignasca ci ripensa e resta. Questi dietrofront non sono però una novità nel movimento in via Monte Boglia
Continua ad avere strascichi il ‘caos nomine’ in casa Lega. Boris Bignasca, dopo aver annunciato le dimissioni da capogruppo, ha deciso di restare alla guida del gruppo parlamentare. Sabrina Aldi – al centro delle polemiche per aver sponsorizzato come candidato procuratore pubblico Alvaro Camponovo, figlio dell’amministratore unico della ditta della quale è direttrice amministrativa – ha invece deciso di lasciare la carica di vicecapogruppo. Un ‘tira e molla’ non nuovo per chi ricopre la carica di guida del gruppo parlamentare leghista.
A prendere il posto di Aldi è il deputato Andrea Sanvido. Il passo indietro è stato annunciato ieri sera dalla deputata al gruppo durante la riunione a seguito della chiusura della sessione di Gran Consiglio iniziata lunedì. La rinuncia, si legge nella nota inviata dal movimento ai media nella mattinata, è stata “voluta dalla stessa deputata per il bene del movimento leghista, dopo il recente battage mediatico sulle nomine che ha palesato i limiti del sistema di elezione dei magistrati”.
Aldi era stata ripresa anche dal domenicale leghista, ‘Il Mattino’, nella scorsa edizione. Ribadendo l’intenzione di andare avanti con la proposta di elezione popolare per le cariche in magistratura e per “uscire dal mercato del bestiame”, il domenicale scriveva anche, in un box, che “spiace dover constatare che negli ultimi tempi anche alcuni – per fortuna pochi – esponenti leghisti si sono prestati alle pratiche inciuciose. Ovvero a quelle pratiche che la Lega, oltre trent’anni fa, è nata per combattere. Costoro, con il loro agire, danneggiano tutto il movimento”.
Ha invece ritirato le dimissioni, come detto, Boris Bignasca che giovedì scorso aveva comunicato al proprio gruppo tramite un’e-mail il proprio passo indietro dalla carica di capogruppo, subito dopo la riunione che il movimento in via Monte Boglia ha dedicato al caos magistratura e alle polemiche.
“Con questo cambiamento – conclude il comunicato di stamane firmato da Bignasca e dal coordinatore Norman Gobbi –, in attesa delle elezioni comunali, il gruppo leghista vuole garantire la necessaria continuità di lavoro per il bene dei ticinesi, come recentemente fatto con l’iniziativa di Michele Guerra a nome del gruppo per una soluzione cantonale in materia di cassa malati”.
Non è la prima volta che un capogruppo leghista presenta le proprie dimissioni (con tanto di polemica) per poi ripensarci tornando – presto o tardi – a ricoprire la carica. Il precedente ‘illustre’ riguarda l’ex deputato Michele Foletti. L’attuale sindaco di Lugano lasciò infatti il ruolo sbattendo la porta nell’aprile del 2014, salvo poi tornare nello stesso mese del 2019, dopo le elezioni cantonali. Un ruolo ricoperto per poco più di un anno, fino al dicembre del 2020 quando lasciò definitivamente la funzione, ancora a causa di dissidi interni al gruppo parlamentare.
Il motivo del primo strappo era legato al credito di 3,5 milioni di franchi per l’adesione del Ticino all’Expo 2015 di Milano. Il gruppo leghista, durante una riunione a margine della seduta di Gran Consiglio, sottoscrisse il referendum contro il credito. L’ultimo a ritrovarsi il testo pieno di adesioni sotto il naso fu proprio l’allora capogruppo Foletti che era, tra l’altro, favorevole alla spesa. Da qui la decisione di rimettere il mandato.
Più profonda la seconda frattura, quella che portò alle dimissioni definitive del dicembre 2020. Tornato capogruppo da poco più di un anno, Foletti non apprezzò la fuga in avanti di alcuni deputati leghisti a proposito del Preventivo 2021. Su tutti, l’attuale capogruppo di ritorno Boris Bignasca. Nonostante l’accordo tra partiti di governo trovato in Commissione della gestione, e promosso dallo stesso Foletti, parte del gruppo leghista presentò una serie di emendamenti (taglio lineare della spesa cantonale, blocco delle assunzioni e degli scatti salariali). “Non ho più l’autorevolezza per andare a trattare con i colleghi capigruppo, visto che il mio gruppo mi ha voltato le spalle”, aveva dichiarato pochi giorni dopo a proposito della polemica scoppiata in casa Lega.
Pure i rapporti da risanare all’interno del movimento non sono una novità in via Monte Boglia. Nel dicembre 2016, dopo la bocciatura del Preventivo 2017 – alla quale avevano contribuito anche Boris Bignasca, Gianmaria Frapolli e Sabrina Aldi –, Daniele Caverzasio, allora capogruppo dei deputati leghisti, si era pronunciato sull’importanza di “tornare a lavorare uniti”, sottolineando come “la ricreazione fosse finita”. Insomma, “è innegabile – aveva dichiarato –, nel gruppo leghista in Gran Consiglio ci sono ora delle tensioni. Bisogna risanare al più presto nella Lega certi rapporti”. Incomprensioni forse dovute allo scontro tra l’anima istituzionale e quella barricadera della Lega? Ebbene, per Caverzasio, “il confronto si traduce in qualcosa di costruttivo se vi è dialogo fra le due anime”.
A proposito di anime leghiste, in lizza per il Consiglio di Stato nel 2019, Caverzasio aveva fatto un importante distinguo tra Lega e Udc (presentatesi insieme alle elezioni). “Lega e Udc non sono la stessa cosa. È chiaro che noi abbiamo un’anima più sociale, che può scontrarsi con quella più filo liberale dell’Udc”, evidenziava.