Il segretario di Unia, riconfermato alla testa del sindacato, traccia le priorità per il prossimo quadriennio: salari, formazione interna e non solo
«Il mercato del lavoro va rivoltato come un calzino». Non usa mezzi termini, e nessuno si sarebbe mai aspettato il contrario, il segretario regionale di Unia Giangiorgio Gargantini rieletto sabato dal congresso alla testa del sindacato per un altro quadriennio: «Devono essere definiti assi di sviluppo diversi da quelli attuali, e serve una presa di coscienza del fatto che stiamo andando verso la direzione sbagliata» afferma ancora in un’intervista concessa a ‘laRegione’ alla fine della giornata congressuale.
Di quale direzione sbagliata parla?
Quella improntata su una gara al ribasso dei salari e del reddito. La non concessione del carovita ai dipendenti pubblici ne è un’ennesima dimostrazione. Si parla di responsabilità sociale delle imprese, ma poi la si “valorizza” parlando di necessità economiche per poter andare sul mercato: e in questo discorso c’è ben poco di sociale. Si dice di voler rinforzare il partenariato, ma il padronato attacca i contratti collettivi e le misure d’accompagnamento. E quando si affronta la tematica del lavoro frontaliero, lo si fa affidandosi a elementi esterni al mercato del lavoro come l’accordo fiscale o la tassa sanitaria, facendo credere che avranno effetti positivi sul territorio ticinese, mentre la soluzione passa come sempre dai diritti dei lavoratori: un salario minimo davvero degno e una vera protezione contro il licenziamento che permetta a tutti di denunciare quando si è vittima di abusi e soprusi. Attorno a questo si dovrebbero sviluppare prima riflessioni politiche, poi alleanze. Invece l’impressione è che si continui a difendere la specificità ticinese che spaccia per normale il pagare salari inferiori del 20% rispetto alla media svizzera. C’è veramente un problema di fondo enorme: o lo si vuole affrontare, o lo si subisce. Constatiamo che lo stiamo subendo.
Nel congresso che l’ha appena rieletta segretario avete tracciato le priorità per il prossimo quadriennio. Quali sono?
La prima, che definiamo assoluta, è rafforzare la nostra capacità di mobilitazione. Lo slogan del congresso, “Lottare insieme e vincere insieme”, rende bene l’idea. Vogliamo migliorare ulteriormente il sistema di formazione dei militanti, definire priorità trasversali da portare avanti in tutti i settori e la necessità di integrare tutti gli aderenti nelle nostre battaglie, anche coloro che non hanno diritto di voto in Svizzera. In più, vogliamo rimanere legati e consolidare la collaborazione con i grandi movimenti come lo sciopero per il clima, le istanze femministe e pacifiste. Ultimo ma non in ordine di importanza, portiamo ancora una volta la nostra solidarietà ai dipendenti pubblici e condanniamo la narrativa delle destre che li considera privilegiati. Noi, sindacato dei lavoratori nel privato, ribadiamo che tutti i lavoratori meritano rispetto e sostegno quando si mobilitano per difendere le loro condizioni di lavoro, gli unici privilegiati sono coloro che si permettono di criticare una realtà che non conoscono.
Martedì avete fatto un’azione sindacale davanti a Palazzo di giustizia contestando una magistratura che viaggia a due velocità. Come si può risolvere la situazione secondo voi?
Capendo quali sono i problemi che causano gli inaccettabili ritardi che abbiamo denunciato. Noi vogliamo una magistratura forte ed efficace, perché è necessario. Servono più mezzi a disposizione? Si aumentino. Le inchieste sono più complesse che in passato? Si specializzi qualcuno nella squadra di procuratori che possa trattare queste fattispecie. Abbiamo votato una risoluzione che chiede di creare una branca specifica del lavoro nella Procura, dotandola dei mezzi necessari. Deve essere una priorità perché se vogliamo un mercato del lavoro più solido e più giusto e degno, si passa anche dalla sicurezza che chi viola la legge in modo anche grave come abbiamo denunciato più volte sia chiamato a pagarne le responsabilità. È anche una questione che dovrebbe essere prioritaria per le tante aziende che lavorano correttamente e non sfruttano i dipendenti, e che si ritrovano in difficoltà a fronte di quelle che sfacciatamente violano la legge o approfittano delle sue debolezze.
Un congresso è anche un momento di bilancio. Cosa è andato bene in questo ultimo quadriennio e cosa, invece, può e deve essere migliorato?
Ripensando all’inizio del quadriennio, un esempio di quello che ci lascia soddisfatti è essere riusciti, in un momento drammatico come quello della pandemia e delle chiusure delle attività commerciali non essenziali, a difendere comunque i lavoratori ed esserci reinventati nelle modalità di azione e lavoro in un brevissimo tempo. Con quelle chiusure siamo riusciti a salvare molte vite umane, anche grazie alla nostra voce essenziale nel chiederle a tutela di chi lavora. Quello che si può fare meglio, invece, sono fondamentalmente due cose. La prima: ogni volta che portiamo avanti rivendicazioni, manifestazioni o scioperi troviamo qualcuno che ci dice come anche altre situazioni meriterebbero attenzione. Ecco, siamo perfettamente coscienti che non riusciamo ad arrivare dappertutto e questo deve spingerci a essere ancora più capillari. Un secondo aspetto di riflessione è la necessità di allargare la base militante, dobbiamo diventare ancora più un riferimento per la formazione ed essere più efficaci e, appunto, formati nei posti di lavoro.
Le emergenze sono tante, e tra le proteste dei dipendenti pubblici e la 13esima Avs sembra che l’ascolto della popolazione cominci ad aumentare. È ottimista?
Partiamo dal voto sulla 13esima Avs: un voto storico, ma non inatteso. Eravamo sorpresi dalla sorpresa espressa da molti. Noi eravamo sicuri, al di là della necessaria scaramanzia, che andasse bene. Siamo in contatto ogni giorno con questa realtà, e sappiamo che siamo a un punto di non ritorno e la popolazione davvero non ne può più. La vera emergenza è il salario: non più solo quella relativa ai salari minimi, il discorso si fa a livello generale. Tutti gli stipendi, di tutti gli ambiti e di tutti i livelli sono in crisi. Crediamo fermamente che le prossime battaglie, sulle casse malati e sul secondo pilastro, potranno portare allo stesso risultato. E ad altri segnali di insofferenza. JAC