Ticino

Manor chiude due filiali, ‘un duro colpo dopo anni di riduzioni’

I negozi toccati sono quelli di Balerna e Sant’Antonino. A rischio 104 impieghi. La decisione è stata comunicata questa mattina ai dipendenti

In sintesi:
  • Landi (Unia): ‘Un ampio riassorbimento del personale sarà difficile’
  • A inizio febbraio era stata Migros a comunicare di non escludere tagli in futuro
La filiale Manor di Balerna
(Ti-Press)

Manor chiude le filiali di Balerna e Sant’Antonino e 104 dipendenti rischiano il posto di lavoro. La comunicazione è stata data questa mattina al personale e poi confermata alla stampa. “Prevediamo di non rinnovare i contratti per le due sedi”, fa sapere l’azienda con sede centrale a Basilea. “I grandi magazzini e il supermercato Manor Food di Balerna saranno quindi probabilmente in attività fino alla fine di marzo 2025, mentre quelli di Sant’Antonino fino alla fine di febbraio 2025”. L’intenzione di Manor è quella, nel limite del possibile, di riassumere (internamente o esternamente) il personale. Nel caso non fosse possibile, “ci sarà un piano sociale, che includerà il sostegno ai collaboratori nella ricerca di un lavoro”. L’azienda, che tuttavia ha comunicato di voler rafforzare i suoi altri punti vendita in Ticino, aprirà venerdì una nuova filiale a Grancia.

Landi (Unia): ‘Un altro duro colpo’

E non si sono fatte attendere le prime reazioni: «È un bruttissimo colpo per i lavoratori. Un colpo – rimarca interpellata dalla ‘Regione’ Chiara Landi, responsabile del settore terziario di Unia – che arriva dopo anni durante i quali il personale Manor ha subito tante riduzioni. Già prima della pandemia c’era stato un importante ridimensionamento». Ora la strada è quella del piano sociale. «Cercheremo di negoziare il miglior accordo possibile e limitare il grave danno che i dipendenti subiscono con questa misura. Ora si apre un periodo di consultazione tra le parti di alcune settimane». Sul tavolo c’è anche la possibilità di un riassorbimento del personale. «Se ne parlerà, ma è difficile pensare di poter offrire questa opzione a tutte le persone coinvolte, soprattutto in Ticino». E qui si arriva a un altro punto importante: «A essere toccate sono due filiali molto grosse del cantone. La possibilità di riassorbimento, anche perché come detto ridimensionamenti sono già stati fatti negli scorsi anni, non potranno essere ampie. Va poi detto che il periodo è difficile per tutto il settore, basta vedere quanto ha comunicato Migros poco tempo fa, con la messa in vendita di alcuni suoi marchi importanti». Migros che, tra l’altro, non ha escluso di dover intervenire sul personale in futuro. In ogni caso, aggiunge Landi, «sfrutteremo questa finestra di tempo per arrivare agli incontri con l’azienda mettendo sul tavolo la miglior offerta possibile. Da parte di Manor – riconosce la responsabile di Unia – c’è stata disponibilità al dialogo».

Pellegrini (Ocst): ‘L’azienda passi alla cassa’

«La loro intenzione, o per lo meno quella che hanno dichiarato, è di rafforzare cinque sedi in Ticino. Auspico quindi che buona parte del personale, per lo meno il 70-80%, possa essere ricollocato», dichiara Marco Pellegrini, responsabile del settore vendita di Ocst. «Da lì, poi, attraverso prepensionamenti e un piano sociale, si può ragionare per ridurre l’impatto complessivo della decisione». In ogni caso, prosegue il sindacalista, «siamo preoccupati. Chiaramente c’era una serie di indicatori che poteva far pensare a questo passo. La scadenza dei contratti di locazione degli spazi è probabilmente stata presa come occasione per annunciare la riduzione di personale». Una decisione che è stata comunicata ai sindacati in mattinata, poco prima che venisse informato il personale. «A oggi – riprende Pellegrini – siamo in attesa di un vero coinvolgimento per trovare delle soluzioni, che speriamo avvenga dopo le due settimane di consultazione». La posizione del responsabile settore vendita dell’Ocst è però chiara: «L’azienda dovrà passare alla cassa, non possono pensare di chiudere e basta».

La notizia di Manor segue, come detto, di qualche settimana la decisione di Migros. «È un settore in difficoltà, non lo si può negare. C’è una concorrenza molto forte, ma questo non è forzatamente qualcosa di negativo. Se penso a grandi catene, come Aldi e Lidl, negli ultimi tempi hanno aumentato il numero di filiali in Ticino». Per Pellegrini c’è però un punto fermo: «Il consumo sul territorio. La politica deve assumersi una responsabilità sociale e ribadire con più forza il sostegno all’economia locale che è sotto pressione. Penso per esempio al dimezzamento della soglia per poter richiedere il tax free quando si fa la spesa in Italia. Una decisione – afferma Pellegrini – che incentiva il turismo degli acquisti».

‘Resistere per esistere’

Da qui parte Claudia Pagliari, presidente della Società dei commercianti di Bellinzona, che non usa mezzi termini. «Il grande regalo ce lo hanno fatto con l’abbassamento dell’Iva. Era proprio la ciliegina sulla torta che ci mancava». E non nasconde: «Le prospettive non sono rosee. Non lo erano già da qualche anno, ma adesso stanno arrivando dei segnali molto forti. Se un’azienda come Manor, che comunque ci tiene a esserci dove sono presenti altri grandi magazzini, decide di chiudere, è una cosa seria». Per Pagliari, «un negozio che chiude non è mai un buon segnale». Un periodo complicato dunque per i commerci ticinesi: «La fine del 2023 – rimarca – è stato un brutto periodo per i commerci, ma l’inizio del 2024 è stato anche peggio».

Dello stesso avviso Davide Rampoldi, presidente della Società dei commercianti del Mendrisiotto, che osserva: «Il mercato del commercio al dettaglio è evoluto e allo stesso tempo è sottoposto a una forte pressione dall’online, come pure dalla concorrenza con la vicina Italia e dal franco forte. Le famiglie, poi, hanno visto in questi anni ridursi il proprio potere d’acquisto: quando si è confrontati con costi fissi in crescita, come la cassa malati, i mezzi di trasporto o gli affitti, si va a risparmiare laddove possibile, compresi gli acquisti di tutti i giorni». Rampoldi non nega che «la partenza di un grande distributore storico da Balerna è uno shock per tutti i commercianti». E sottolinea: «Oggi è importante sapersi reinventare, perché si tratta di resistere per esistere. Dobbiamo sperare che a livello federale vengano prese delle iniziative per risollevare i commerci».

Da noi contattato Enzo Lucibello, presidente dell’Associazione grandi distributori ticinesi (Disti), ha preferito non commentare la notizia, rimettendosi a quanto comunicato da Manor. Non si è invece sottratta la sindaca di Sant’Antonino Simona Zinniker: «L’ho appreso dai media. Ancora una volta, l’ennesima, l’autorità comunale non è stata minimamente considerata per un’informazione puntuale sulle difficoltà in corso e sulla decisione di chiudere». Mastica amaro Zinniker: «Anzitutto per i dipendenti che perderanno il posto. Ma anche per il Comune e per la sua vasta zona commerciale, una delle prime del Ticino. In fondo, siamo l’autorità a cui i gruppi investitori si rivolgono quando vogliono insediare nuove attività e centri commerciali. Siamo l’autorità che pianifica le aree, che le amplia e che concede le licenze edilizie. Esercizi affatto facili. Ma poi veniamo dimenticati, tagliati fuori dalle logiche commerciali. Succede adesso con Manor, era capitato in gennaio con la Lati e in precedenza col centro logistico Lgi».

Fnac, tagli anche nella ditta affiliata

Chi invece si è già visto comunicare una decisione di licenziamento, con disdetta ordinaria, sono alcuni dipendenti della Fnac, azienda specializzata nel commercio di prodotti elettronici e libri che ha una stretta collaborazione con Manor. Stando a nostre informazioni, alcuni lavoratori sono stati convocati questa mattina dalla direzione che ha comunicato loro la decisione, arrivata in seguito a direttive ricevute dalla sede centrale. La Fnac aveva giocato un ruolo anche in occasione della riorganizzazione interna a livello nazionale di Manor negli anni passati. All’epoca parte del personale di Manor fu trasferito, passando a lavorare per Fnac. Un cambiamento, però, non indolore per i dipendenti. Le condizioni contrattuali subirono infatti un chiaro peggioramento, con parte del salario che da ‘fisso’ diventò variabile e legato alle vendite prodotte.