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Dal braille a rivista parlata, un Arcobaleno lungo sessant’anni

La pubblicazione di Unitas compie sei decenni di vita. Li raccontiamo anche attraverso l'evoluzione dei sistemi per rendere possibile la lettura ai ciechi

Immagine di archivio
(Ti-Press)
2 aprile 2024
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L’Arcobaleno, la rivista sonora di Unitas, l’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana, raggiunge nel 2024 i sessant’anni di vita: un lungo arco di tempo in cui, oltre che l’evoluzione della società, ha seguito i cambiamenti delle tecnologie che consentono la lettura ai non vedenti, fino all’attuale formato di audiorivista. A raccontarne la storia è Franca Taddei, responsabile del Servizio Biblioteca Braille e del libro parlato di Unitas.

Come è nata L’Arcobaleno, e come è stata prodotta in questi anni?

La rivista nasce dall’idea del fondatore di Unitas, Tarcisio Bisi, di permettere alle persone cieche e ipovedenti di accedere all’informazione e alla cultura e quindi dall’esigenza di avere i mezzi per farlo. All’inizio, a partire dal 1946, si chiamava Ascendere, titolo mantenuto fino al 2006, ed era un bimestrale in Braille, prodotto da alcune volontarie che trascrivevano i testi con tavoletta e punteruolo. Nel 1965, da rivista scritta diventa parlata, a cadenza mensile, registrata, duplicata e spedita ai soci su bobine. Nasce così la rivista parlata ufficiale di Unitas. Verso l’inizio degli anni 80 inizia il passaggio da bobina ad audiocassetta; la rivista viene quindi duplicata e inviata per posta in questo formato. Dal 2007 viene prodotta su CD e allo stesso tempo si inizia il lavoro di recupero, digitalizzazione e indicizzazione dei numeri precedenti. Un lavoro enorme, durato molti anni, ma che ha avuto il risultato di offrirci uno spaccato della storia dell’Associazione di grande utilità. Oggi la rivista, che dal 2007 si chiama L’Arcobaleno, viene spedita su CD o Memory Card e pubblicata sul sito web di Unitas.

Quali sono i contenuti della rivista?

C’è una prima parte composta dalla rubrica “Dal nostro piccolo mondo”, che esiste da quando Tarcisio Bisi ha fondato la rivista e che abbiamo mantenuto: facciamo interviste su eventi a Casa Andreina o a Casa Tarcisio (la casa per anziani di Tenero), promuoviamo i nostri Aperitivi Culturali, parliamo delle campagne di sensibilizzazione, come la Giornata internazionale del bastone bianco del 15 ottobre, riportiamo comunicati importanti dalla direzione: insomma, parliamo di tutto ciò che avviene all’interno di Unitas. Poi iniziano le varie rubriche, di cultura ma anche di cucina, benessere, salute e viaggi, storia, o ancora la rubrica su tematiche religiose di padre Cristiano Baldini per il gruppo Santa Lucia, il gruppo spirituale di Unitas. La terza parte è “Scegli il libro”, in essa proponiamo ai nostri soci letture, interviste a scrittori o i nuovi libri in catalogo.

Chi si occupa di realizzare la rivista?

Dopo la morte di Tarcisio Bisi, l’organizzazione e la produzione sono sempre state un compito del nostro Servizio. In genere prepariamo una scaletta che sottoponiamo al gruppo redazionale composto da diverse persone: c’è Mario Vicari, già presidente di Unitas, dialettologo e ricercatore del Cde ora in pensione, da sempre la persona di riferimento per la rivista; c’è Fredy Franzoni, già direttore di Rete Uno, che per la nostra associazione è impegnato su molti fronti. C’è Tommaso Mainardi, musicoterapeuta, musicologo e musicista che lavora in radio; la nostra socia Corinne Bianchi, storica di formazione e Marta Gadoni, responsabile del settore Comunicazione. E poi collaboratori esterni, professionisti come Raffaella Jelmini Barazzoni, lo stesso Fredy Franzoni che propone una rubrica sui viaggi, o ancora Maurizio Canetta e Maria Grazia Rabiolo che si occupano delle interviste o delle recensioni per “Scegli il libro”. La nostra Biblioteca conta in totale una sessantina di lettori di libri che si prestano anche per la lettura delle rubriche della rivista.

Più o meno in quanti ascoltano Arcobaleno?

Non è semplicissimo quantificare: considerato che su CD spediamo un centinaio di copie, e poi, in versione scaricabile, a una mailing list di 150 persone, direi intorno ai 250 ascoltatori.

Gli audiolibri stanno man mano sostituendo il Braille. C’è chi lo utilizza ancora?

Pochissimi. Abbiamo ora circa 800 libri in Braille e capita che ogni tanto qualcuno li chieda in prestito, ma in un rapporto, potrei dire, di 2 a 100 nei confronti degli audiolibri. Nei corsi di inglese che si svolgono nel nostro Centro diurno Casa Andreina, per esempio, su una decina di partecipanti capita che 2 o 3 chiedano di avere in Braille i vocaboli o parti delle lezioni, ma in generale viene usato sempre meno anche perché con il passaggio al digitale si va sempre più verso l’indipendenza delle persone cieche e ipovedenti, che possono usare il computer anche da sole con un Voiceover, un programma che legge la parola quando viene cliccata: in tal modo, se vogliono ascoltare L’Arcobaleno possono andare sul sito e scaricarlo autonomamente. Abbiamo anche i collaboratori del Servizio Informatica di Unitas che, all’occorrenza, si recano a casa degli utenti per predisporre il computer o altri mezzi ausiliari.

In ultimo: la situazione che ha vissuto Unitas negli ultimi anni ha impattato sul seguito della rivista? Avete constatato un calo di utenti?

Direi proprio di no, i numeri variano sempre ma sono dovuti principalmente a decessi o a nuove iscrizioni. I contenuti non sono cambiati, abbiamo continuato sulla nostra linea dando spazio anche a chi avesse qualcosa da dire in merito alla vicenda sulle molestie. Se si tiene presente che L’Arcobaleno è la rivista dei soci e per i soci (pur essendo fruibile anche all’esterno) bisogna piuttosto aspettarsi un aumento degli ascoltatori, perché, al di là degli avvenimenti che hanno interessato negativamente la nostra associazione, i soci sono molto grati per tutto ciò che si è fatto e si fa per loro e sono affezionati a Unitas. I principi che per tanti anni hanno fondato e retto l’associazione e gli insegnamenti di Tarcisio Bisi – uomo di grande lungimiranza di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita – non potranno che perdurare nel tempo. Questo è quanto ci auguriamo tutti.