Dopo un giro dell'oca assurdo sì al credito per la manutenzione delle strade. Plr, Centro e Lega cercano la quadra in vista della riunione della Gestione
In una sessione nella quale il Gran Consiglio ha approvato un totale di 222 milioni e 736mila franchi di crediti, la testa di buona parte dell'aula era già rivolta alla discussione che avverrà domani in seno alla Commissione parlamentare della gestione riguardo al Preventivo 2024. E, come se non bastasse, nel lungo pomeriggio vissuto a Palazzo delle Orsoline, il cosiddetto ufficio complicazioni affari semplici del Gran Consiglio ha lavorato alacremente. Un pomeriggio lungo e, a tratti, desolante.
Con ordine. Il piatto forte della giornata era il credito quadro di 195 milioni di franchi per il periodo 2024-2027 da dedicare alla conservazione del patrimonio stradale. L'ampia maggioranza raccolta in commissione dal rapporto di Bixio Caprara (Plr) non ha impedito scene da teatro dell'assurdo degne di Samuel Beckett che hanno portato la trattanda a diluirsi ed espandersi ben più di un manto fonoassorbente. Caprara, in entrata, ha ricordato la posta in gioco: «Già nel 2011 le scarse risorse dedicate alle strade cantonali hanno messo in luce un preoccupante debito occulto. Dal 2012, con un adeguamento delle risorse allocate, la situazione è leggermente migliorata stabilizzandosi». Le pavimentazioni fonoassorbenti, ricorda il deputato del Plr, «da un lato contribuiscono ad attenuare l'impatto fonico, con la contropartita che la durata di vita è significativamente inferiore». Ma tant‘è, servono. E serve agire. Lo rinnova, sempre dalle file del Plr, Paolo Ortelli: «Un presunto risparmio sulla manutenzione porterebbe al degrado delle infrastrutture. 100 franchi di risparmio immaginato si tradurrebbero in 150 franchi di spesa per danni e conseguenze».
Per il Centro, Michel Tricarico annota che «si riesce solo a ridurre l'incremento dello stato di degrado. Idealmente, con un patrimonio totale di 4,8 miliardi di franchi, si dovrebbero investire 100 milioni di franchi l'anno per il rinnovo, se ne spende la metà». Insomma, per Tricarico «se le finanze dello Stato piangono e occorre mettere in atto misure strutturali, nel rispetto di questo principio occorre essere altrettanto coerenti: si investa di più, per evitare l'accumularsi di ulteriore debito occulto. Senza investimenti, a rischiare sono i posti di lavoro».
Andrea Sanvido, dai banchi della Lega, mette il bollo: «Si tratta di un credito quadro importantissimo, non possiamo permetterci di abbandonare a se stessa la rete. Questi crediti mirano a stimolare l'economia con la creazione e il mantenimento dei posti di lavoro».
Il primo scricchiolio lo porta il Partito socialista, che con Cristina Zanini Barzaghi – che riprende le argomentazioni del rapporto di minoranza di Samantha Bourgoin (Verdi) consegnato in ritardo e quindi non discusso – non contesta il credito, «ma in tempi di crisi finanziaria occorre agire con più parsimonia in ogni ambito senza intaccare l'efficacia. Quindi chiediamo di dilazionare il credito in cinque anni invece che quattro: non si crea alcun problema e non si toglie il pane dalla bocca di nessuno». In più, tornando all'asfalto fonoassorbente, la richiesta dei rossoverdi – cui si associa anche Nara Valsangiacomo – è quella di «limitare l'impiego solo nelle zone più abitate, considerando come la sua efficacia nel tempo non sappiamo ancora quanto sia dimostrata. Molto più utile sarebbe la riduzione a 30 chilometri orari della velocità massima in alcune zone o in determinati orari».
E l'Udc? Eh, l'Udc. Protagonista assoluta è stata la richiesta, con una mozione d'ordine di Pierluigi Pasi bocciata in apertura di seduta, di rinviare tutti i crediti all'Ordine del giorno perché senza il voto sul Preventivo 2024 il Cantone è in gestione provvisoria. Il Gran Consiglio ha tirato dritto, con profondo disdoro democentrista e un Sergio Morisoli che, nei corridoi di Palazzo, interpellato sulla possibilità di ricorso al Tribunale federale sorride sornione dicendo «vedremo». Perché, alla fine, «c’è sempre il referendum finanziario obbligatorio» dice in aula il capogruppo Udc.
Ma c‘è davvero il referendum finanziario obbligatorio? Forse che sì, forse che no. Perché in quasi 10 minuti di perizia giuridica, nel suo intervento il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali ha snocciolato una corposa giurisprudenza affermante che trattandosi di «una spesa vincolata e non nuova» il referendum finanziario obbligatorio non si potrebbe applicare. Epperò questa possibilità è messa nero su bianco: nel messaggio governativo – e Zali si scusa – come nel rapporto di Caprara, che ha ripreso il messaggio. Che fare? Una pausa dopo cui l'Ufficio presidenziale del Gran Consiglio, riunitosi per oltre 15 minuti, rientra in aula senza informare né delle decisioni prese né dei ragionamenti addotti. Semplicemente si tira dritto. Alché il capogruppo socialista Ivo Durisch chiede il rinvio alla prossima seduta, in febbraio, per capire meglio come comportarsi. «L'ennesimo esempio di una gestione confusionaria», denuncia la copresidente del Ps Laura Riget. «La collaborazione tra i due poteri, esecutivo e legislativo, è necessaria per la conduzione ordinata dell'attività pubblica. Mi permetto di dubitare che l'intervento di Zali sia stato redatto oggi, avrebbe aiutato avere delle riflessioni giuridiche per permettere degli approfondimenti», afferma il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni.
A ruota, con la consueta sobrietà, Matteo Pronzini (Mps): «Siete dei superficiali, il vostro livello è vergognoso: voi membri dell'Ufficio presidenziali queste osservazioni di Zali, in altro modo, le avete lette sul ricorso che abbiamo fatto contro la referendabilità obbligatoria delle misure di compensazione per l'Ipct».
«Devo e con veemenza respingere la non tanto velata accusa di mancata collaborazione», ribatte Zali ad Agustoni. Ricordando che «di tutta questa condizione ciò che fanno stato sono i decreti legislativi. Se qualcuno li andasse a leggere, scoprirebbe che si fa menzione solo della referendabilità ordinaria: 7mila firme. Fate quello che siete qui a fare: prendete una decisione». La decisione presa, con un giro dell'oca forse evitabile, è che i vari decreti del credito quadro godono di un'amplissima maggioranza e che la domanda di referendum finanziario obbligatorio è bocciata in serie.
La richiesta dell'Udc, si diceva. Anticipata da ’laRegione' nei giorni scorsi, la posizione democentrista è chiara: in assenza di un voto sul Preventivo 2024 non si possono votare altri crediti. Quindi, «si rinvii tutto alla prossima sessione» chiede Pasi. Zali, evidentemente in giornata, commenta la «novità di giornata» affermando che «a scanso di equivoci questa estemporanea richiesta è priva di qualsivoglia base giuridica. È un'invenzione di sana pianta che, come le calze autoreggenti, ha la pretesa di sostenere se stessa». L'attacco frontale all'Udc, nella persona di Sergio Morisoli, non si ferma: «L'unico scopo è ostacolare l'attività del Consiglio di Stato, mettere i bastoni tra le ruote e null'altro. Ho provato a interrogarmi su una possibile, diversa chiave di lettura. Senza risultato». Morisoli non arretra e combatte: «La legge è molto chiara, sennò perché si dovrebbe votare un Preventivo? Spero che i suoi colleghi di governo non siano d'accordo con lei». Amen.
Ciò detto, sia per i capigruppo – Alessandra Gianella, Maurizio Agustoni e Boris Bignasca sono spariti per una riunione di un'oretta durante la seduta dalla quale sono tornati con facce tra il disilluso e il furente –, sia i maggiorenti – numerosissimi i capannelli sia tra partiti, sia tra ambasciatori soprattutto tra Plr e Centro – è stato un pomeriggio di passione, in vista della riunione di domani sul Preventivo 2024. Dall'inferno in cui era finito martedì scorso, al paradiso che ha sembrato toccare prima del fine settimana, il Preventivo adesso è ripiombato nel limbo di coloro che son sospesi. Domani se ne saprà di più. Forse.