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Canone a 300 franchi, l'Ssm denuncia: 'Rischio smantellamento’

Bertossa: 'Con 35 franchi in meno la Rsi dovrebbe tagliare tra 150 e 170 posti, e chiudere dei programmi’. Quadri: ‘335 franchi o crolla tutto? Ridicolo’

In sintesi:
  • Il Sindacato svizzero dei media preoccupato dalla revisione dell'Ordinanza radio-tv
  • Gargantini: ‘C’è un datore di lavoro di mille persone e c'è chi vuole indebolirlo’
Sindacati sulle barricate
(Ti-Press)
15 gennaio 2024
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«Il nostro telegiornale è fatto benissimo, ha un grande impianto scenografico quasi da cinema: pensate alle luci, a chi deve gestirle, ai cameraman che muovono le telecamere... Nelle case le persone hanno le televisioni a 4K, vogliono vedere bene, non con la qualità che offre Skype». È questo uno degli argomenti usati da Paolo Bertossa, co-presidente della sezione della Svizzera italiana del Sindacato svizzero dei media (Ssm), per spiegare da un lato «la qualità dell'offerta della Rsi», dall'altro tutti i pericoli insiti nella revisione dell'Ordinanza sulla radiotelevisione presentata dal Consiglio federale lo scorso 8 novembre. Revisione che, nel caso in cui venisse ritirata o bocciata dal popolo l'iniziativa popolare ‘200 franchi bastano’, porterà il canone radiotelevisivo da 335 a 300 franchi. Il 10% in meno.

Un 10% che, però, è sufficiente all'Ssm per dire che «la situazione è gravissima». Bertossa, infatti, snocciola i numeri: «A livello nazionale si prevedono 900 esuberi, per quanto riguarda la Rsi le nostre stime parlano di 150/170 posti di lavoro a tempo pieno». Se l'Ufcom parla di un ammanco di 170 milioni di franchi, per la Ssr la situazione «sarà ancora peggiore». Si superano, infatti, i 240 milioni solo parlando del canone, stando all'Ssm. Per questo motivo, Bertossa ribadisce: «35 franchi non sono bruscolini, sono tantissimi soldi». Che, per quanto concerne la Rsi, «hanno un importante effetto moltiplicatore: 45 milioni di Serafe portano 218 milioni di perequazione, un grande valore aggiunto».

‘In pericolo molti programmi’

E dopo l'excursus sul fatto che il Ticino «è uno dei Cantoni più vecchi, perde ogni anno circa mille giovani e decimare la Rsi significa ingrossare l'esercito dei disoccupati perché diventa difficile pensare a un futuro per i giovani», la co-presidente dell'Ssm Sabrina Ehrismann spiega nel concreto le possibili conseguenze: «Con così tanta forza lavoro in meno, la Ssr dovrà ridurre o abolire certi programmi. Quali? Quelli sportivi, i grandi eventi, i programmi religiosi, musicali e culturali. Programmi di attualità e informazione sarebbero riportati Oltre Gottardo, e non è impensabile la chiusura di canali radiotelevisivi».

Chiediamo: davvero tutto questo con 35 franchi in meno su 335? «Sì – risponde Bertossa –. La Ssr ha già fatto molti tagli in questi anni, non stiamo sperperando. Il vero problema è che la radio-tv in generale deve attenersi alla legge, il mandato di servizio pubblico. Se la politica per ragioni comprensibili decide di rivedere il servizio pubblico, prima definisca il perimetro che vuole che copriamo: andiamo avanti coi sottotitoli? Con i traduttori in lingua dei segni? Con l'infinità di servizi che offriamo sul territorio e le collaborazioni con le società private? Con l'indotto economico che creiamo? Allora servono risorse».

A mettere «il cappello politico» è il vicepresidente dell'Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa Giangiorgio Gargantini: «C’è un datore di lavoro che impiega oltre mille persone e c’è chi vuole indebolirlo. Non è colpa di chi ha firmato l'iniziativa, ma del comportamento folle di chi fa e farà campagna senza dire queste cose e di una maggioranza di destra che approfitta dell'iniziativa per assicurarsi, con questa revisione dell'ordinanza, almeno parte del risultato».

Quadri (Lega): ‘Si rifiutano per motivi ideologici’

È così? Giriamo la domanda al consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri, che ci risponde combattivo: «L'accusa di smantellare il servizio radio-tv francamente è ridicola, sostenere che o il canone resta esattamente com’è o crolla il servizio pubblico fa ridere». Per Quadri «si rifiutano per motivi ideologici di entrare nell'ordine di idee di una riduzione di un costo che grava sui consumatori e che a nostro giudizio non è giustificato. Il cittadino paga 335 franchi, il canone più caro al mondo, per finanziare un prodotto che usa pochissimo. Poi, non ha più soldi per acquistare cose che gli interesserebbero con il sistema pay-on-demand, tipo Netflix. E sostenere che la Ssr non possa al contrario di tutti ridurre i propri costi è ridicolo». La tesi di Quadri è che «la Ssr non si tocca perché fa propaganda contro i sovranisti. Facesse propaganda di destra il canone potrebbe essere anche a zero».