Il presidente democentrista a tutto campo dal successo alle Federali del suo partito a un’intesa di destra che però arretra: ‘Serve meno filogovernismo’
«Ormai il rapporto con la Lega è percentualmente quasi paritario, la futura strategia dovrà avere molto più ragionamento d’area e meno personalismi: solo così manterremo le posizioni guadagnate e, anzi, potremo nuovamente migliorarle. Anche perché se noi siamo cresciuti molto, c’è la Lega che perde più di quanto noi cresciamo e il risultato dell’area è negativo». D'accordo, come farlo però? A colloquio con ‘laRegione’ il presidente cantonale e riconfermato consigliere nazionale Piero Marchesi è chiaro: «In primo luogo rimanendo all’ascolto della nostra popolazione. Non dobbiamo temere di confrontarci con le posizioni del governo. Portare in Ticino più opposizione costruttiva, al posto del filogovernismo dilagante in ogni partito, aiuterebbe l’area a essere più dinamica e compatta». L’Udc festeggia, a buona ragione, l’ottimo risultato alle recenti federali con il seggio in più al Nazionale, ottenuto da Paolo Pamini, e con la conferma (per distacco) di Marco Chiesa agli Stati. Ma dopo i brindisi e le pacche sulle spalle è ora di rimettersi al lavoro, perché l’area di destra comunque arretra e le sfide davanti sono tante.
Con ordine. A cosa si deve per lei il successo che avete come partito?
A più fattori. Abbiamo condotto una campagna posizionandoci con coraggio e chiarezza nostri temi: l’immigrazione fuori controllo, il caos nel settore dell’asilo gestito col paraocchi, l’energia che, a causa delle disastrose politiche rossoverdi, sta diventando un bene di lusso per cittadini e aziende. Sicuramente ha giocato un ruolo importante anche l’essere stato l’unico partito a Berna che vuol far sì la Svizzera resti la Svizzera, un Paese indipendente e neutrale. E poi, non da ultimo, abbiamo rafforzato l’Udc con persone che condividendo le nostre idee e i nostri valori hanno portato nuova energia e permesso di acquisire nuovi elettori.
Parlando d’immigrazione avete lanciato l’iniziativa ‘No a una Svizzera da 10 milioni di abitanti’, che era anche uno dei vostri slogan in campagna. Siete stati accusati di essere estremisti e di far solo propaganda. Come replica?
Per noi l’immigrazione è positiva se ben gestita, se serve a far funzionare il Paese. Oggi però non è così. Rispondendo a una mia domanda il Consiglio federale ha candidamente dichiarato, cito, che “il 52% delle persone immigrate in Svizzera nel 2022 sono venute per esercitare un’attività lucrativa”, confermando che quasi la metà viene in Svizzera per altri motivi, in gran parte per approfittare del nostro generoso stato sociale finanziato dai contribuenti svizzeri. La soglia dei 9 milioni di abitanti è stata raggiunta con quasi 40 anni di anticipo rispetto agli scenari demografici del 2007, confermando che l’immigrazione è fuori controllo. Tornare a gestirla per avere professionisti di cui abbiamo bisogno non è far propaganda, ma portare soluzioni. Una sorta di ritorno ai contingenti non è nemmeno illegale visto che già previsto nella Costituzione quando il popolo e i Cantoni hanno approvato l’articolo 121a il 9 febbraio 2014. In sintesi, se abbiamo bisogno di medici, facciamoli venire senza portare con loro frotte di pazienti, altrimenti non risolveremo mai la mancanza di personale che alcuni Cantoni lamentano.
Voi crescete, la Lega cala e il saldo dell’alleanza è negativo. Passata la festa per il vostro risultato, quanto vi preoccupa in prospettiva lo stato di salute generale dell’area?
Ribadisco che uniti si vince: se avessimo corso separati, come area non avremmo confermato i due seggi al Consiglio di Stato, non avremmo ottenuto il terzo seggio d’area al Nazionale e avremmo certamente avuto più difficoltà a confermare Marco Chiesa agli Stati. Auspico davvero che la Lega ritrovi presto il suo smalto e superi questo periodo che la vede in difficoltà. La nostra crescita è stata aiutata anche da voti esterni, in arrivo da Plr e Centro. Se siamo capaci di acquisire nuovi elettori, ma dall’altra parte perdiamo come area più voti di quelli che guadagniamo, non avanziamo di un millimetro. Serve pertanto una riflessione più ampia con la Lega, perché a ogni elezione siamo giustamente giudicati dalle elettrici e dagli elettori. Per confermare le posizioni acquisite sia a livello cantonale sia nazionale, e per dare una prospettiva rassicurante all’elettorato d’area, è necessaria una strategia chiara e condivisa, dove a prevalere dovrà essere l’interesse dell’area, prima che dei singoli partiti.
La strategia d’area ha già dato il suo massimo o pensate di poter migliorarla? E come?
La nostra area in futuro può ambire a rappresentare un 30-35% dell’elettorato ticinese, in linea con i risultati dell’Udc in molti Cantoni della Svizzera. Chiede come? Nella pratica, facendo esattamente quello che l’Udc nazionale fa nella capitale: i nostri parlamentari a Berna non temono di dire chiaramente ciò che pensano anche quando si tratta di messaggi difesi dai nostri consiglieri federali in rappresentanza di tutto il governo. In Ticino non vedo niente di tutto ciò. Nessun partito di governo muove delle critiche al proprio consigliere di Stato, perché è percepito come una sorta di ‘vilipendio alle istituzioni’. C’è un filogovernismo preoccupante che frena il Paese, che appiattisce il parlamento sulle posizioni del governo. È inutile dire di voler essere più ‘barricaderi’ per poi due settimane dopo fare l’esatto contrario. Se vogliamo rilanciare il nostro Cantone facendolo uscire dal baratro delle finanze disastrate, che inevitabilmente condizionano ogni discussione e lo sviluppo del Ticino a medio e lungo termine, allora bisogna essere capaci, come area, di lavorare assieme per fare opposizione costruttiva. Ora servono capitani coraggiosi, non marinai d’acqua dolce. Altrimenti la politica cantonale continuerà ad arrancare.
Quindi se lei un giorno entrasse in governo non se la prenderebbe per eventuali attacchi del suo gruppo parlamentare?
Se dovessi trovarmi un giorno in questa funzione, sarei felice di vedere il mio gruppo fare opposizione costruttiva anche sui miei dossier, significherebbe che l’Udc è rimasto un partito con la voglia e la determinazione di fare gli interessi del popolo ticinese, con proposte e discussioni al di là del politicamente corretto.
Tornando all’oggi, i vostri risultati in miglioramento non vi impongono anche più responsabilità a livello di accordi con i partiti borghesi?
Certo che sentiamo una maggiore responsabilità per far funzionare il Paese, ma non cadiamo però nel tranello di dire sempre sì anche quando è evidente che bisognerebbe dire no. Abbiamo dimostrato di essere capaci di trovare maggioranze sui temi importanti, ma non intendiamo però allinearci in modo acritico a tutte le proposte. Il compromesso può essere un modo per raggiungere uno scopo, non l’obiettivo in sé stesso.