Presentato il corteo di sabato all'insegna di un granitico ‘no’ agli aumenti per il 2024 e a questo sistema. ‘Ora serve un'assicurazione unica e pubblica’
Dalla “rivoluzione permanente” di Trockij alla “campagna permanente” sull'emergenza dei premi di cassa malati il passo, almeno negli intenti di chi esce dalla trincea e va all'attacco, è relativamente breve. Davanti all'impennata annunciata la scorsa settimana da Berna, con un pesantissimo +10,5% per il Ticino, la sinistra e i sindacati sono pronti alla piazza per contestare l'attuale sistema della Lamal ma anche per proporre un'alternativa. L'appuntamento è per sabato 7 ottobre al piazzale della Stazione Ffs di Bellinzona, quando alle 16 prenderà il via il corteo per una manifestazione che, annuncia in conferenza stampa il deputato dell'Mps Matteo Pronzini, «ha ricevuto l'adesione di un numero importante di partiti e associazioni». Con l'Mps, infatti, sfileranno Partito socialista, Verdi, Giso, Forum alternativo, Unione sindacale svizzera, Unia, Sev, Vpod e Syndicom. «Oggi tutti dicono la loro sulla questione – rincara Pronzini –, ma la soluzione per noi è una sola: una cassa malati unica nazionale con premi proporzionali al reddito».
Questa manifestazione «non risolverà i problemi della cassa malati», riprende il granconsigliere e coordinatore dell'Mps Giuseppe Sergi. Ma «potrebbe e dovrebbe essere l'esempio della necessità di rendere permanente la pressione su questo tema. Il movimento operaio e le forze politiche hanno agito a intermittenza finora, e bisogna invertire la tendenza: la preoccupazione e la campagna devono essere permanenti, questo è il messaggio che per noi è importante dare». La sinistra va alla battaglia insomma, partendo da un altro assunto: «Il sistema va radicalmente cambiato, non c’è più possibilità di mettere dei cerotti qua e là». Un cambio di sistema che per Sergi è «ineludibile, sempre più politici tra cui il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa cominciano da un lato a dire che è arrivato al limite, e dall'altro a sostenere apertamente una sua modifica di rotta». Chiaro, è sul come che si diverge, «ma comincia a esserci un problema di credibilità, e sono arrivate a capirlo le stesse casse malati...».
Sì, ma passando da Trockij a Lenin, “che fare?”. Innanzitutto per Sergi ci sono proposte a corto termine, «in pochi giorni il Consiglio federale potrebbe decidere che i premi di cassa malati siano integrati all'indice dei prezzi al consumo. E poi occorre adeguare i salari: tutto aumenta, e diventa ancora più grave se gli stipendi restano quelli che sono». Ma quando si parla di cambio «radicale» del sistema, il coordinatore dell'Mps è netto: «Serve una cassa malati unica e pubblica, perché andando avanti a dire che se si cambia cassa si risparmia, si accetta di fatto il meccanismo di base della Lamal: ma non c’è alcun rapporto tra la concorrenza tra casse e la diminuzione delle tariffe». E ancor di meno l'Mps condivide «l'idea che bisogna risparmiare sulla sanità, bisogna invece investire: se si parla solo di contenimento dei costi la questione è posta dalla parte sbagliata».
Anche il copresidente del Ps Fabrizio Sirica è pronto alla lotta, sabato in corteo e non solo. «Come Ps non abbiamo esitato un secondo a dare la nostra adesione: è una situazione talmente grave che bisogna reagire, e la risposta di piazza è assolutamente dovuta e potrà portare a qualcosa», tuona Sirica. Sì, la situazione è davvero grave: «L'elefante nella stanza è il bisogno di premi proporzionali al reddito: ci siamo assuefatti all'idea che sia giusto che un manager che prende 500mila franchi l'anno paghi lo stesso premio di un operaio a 4mila franchi al mese. Una cosa – attacca ancora Sirica – che non esiste in nessuna democrazia avanzata, è assurda». Il settore sanitario «ha molti problemi», ma la questione da affrontare è «la grave ingiustizia sociale. Oggi è palese che non se ne possa più». Ebbene, «il fronte progressista ha sempre combattuto per queste idee e ha ricette assolutamente applicabili nel breve termine». Il problema semmai, affonda Sirica, «è che c’è una parte politica che dice determinate cose ma poi con le lobby che rappresenta ne fa altre. Quindi noi chiediamo che non si guardi in faccia ai partiti o alla politica, ma che si porti avanti una rivendicazione semplice e chiara: premi proporzionali al reddito e cassa malati unica. Se i cittadini vogliono che cambi qualcosa, vengano in piazza con noi».
Poi c’è il piano definito dallo stesso Sirica più concreto, nel senso che come Ps «ci siamo impegnati per rilanciare l'iniziativa popolare su questo tema che si voterà in marzo per tenere i premi al massimo al 10% del reddito disponibile», certo, «ma c’è un’emorragia da tamponare subito, soprattutto per il ceto medio e medio basso che o non riceve sussidi o ne riceve pochissimi». Per questo l’iniziativa popolare gemella sul piano cantonale resta in piedi e di attualità, «anche considerando che ci dovremo mobilitare ben presto sul probabile taglio ai sussidi che sarà presente nella manovra di rientro». E siamo al punto. Perché il Consiglio di Stato «non rispettando la legge» presenterà il preventivo 2024 a metà ottobre, «e se si dovrà tagliare circa 100 milioni di franchi non vediamo come non possano toccare i sussidi. Speriamo di sbagliarci, ma andrà così. E sarà una diminuzione inaccettabile, sulla quale faremo referendum. I sussidi per i ceti più bassi sono indispensabili per vivere, appunto perché non c’è proporzionalità».
Il +10,5% per i premi di cassa malati del 2024, afferma dal canto suo la sindacalista di Unia Chiara Landi, «è un tristissimo traguardo, e purtroppo andranno a moltiplicarsi i perdenti di questo sistema. Tutti nella classe lavoratrice e nel ceto medio, se ancora esiste». Perché «la differenza tra i salari mediani in Ticino e nel resto del Paese ammonta al 23%, e continua ad aumentare. Siamo i più poveri, ma nonostante questo Berset annunciando gli aumenti ha dichiarato che la sola maniera di limitarli è ridurre i costi». E qui Landi non ci sta proprio per niente: «Ogni volta che si parla di ridurre i costi, tutto viene portato alla riduzione delle prestazioni: si criminalizza chi si cura, si accusano le persone di andare troppo spesso dal medico... incomprensibile». Un programma di contenimento dei costi «invece che andare nella direzione di un'analisi della profonda distorsione provocata da associazioni private che rimpinguano le proprie casse sfruttando il diritto pubblico alla salute, intende spingere individui e attori del sistema sanitario a diminuire le prestazioni. Lo trovo sconcertante».
Landi ne ha evidentemente anche per il Plr, e con la sua proposta di "assicurazione budget", definita «un progetto da discount, con premi basati sulle prestazioni: meno vi si ricorre, meno si paga. Siamo seri? Non ho parole!», esclama. Ridurre i costi «non vuol dire non farsi curare, non fare prevenzione, aspettare di essere in una situazione critica prima di andare dal medico. Già oggi, con i salari che calano e i prezzi che aumentano le persone non possono più permettersi di farsi curare. La salute non è più un diritto ma un privilegio», per Landi. Che denuncia anche una situazione gravissima, quella «di un 46% della popolazione che rinuncia a farsi curare, e contestualmente le casse malati aumentano i premi e si mostrano generose nel finanziare le campagne di parlamentari che faranno i loro interessi a Berna».
Sulle barricate per Verdi e Forum alternativo Pietro Majno-Hurst, che di professione è medico. E porta la propria testimonianza «della catastrofe sociale che ho vissuto alla fine degli anni Ottanta nel Regno Unito, quando ero lì a studiare e ho visto coi miei occhi come Margaret Thatcher ha distrutto il sistema sanitario britannico imponendogli le leggi del mercato per razionalizzare la spesa». A quel sistema sanitario «era dedicato il 6% del Prodotto interno lordo, era un gioiello dove tutti noi volevamo andare a imparare e fare medicina di qualità». Insomma: «Una catastrofe», ripete Majno-Hurst. Ma anche «esempio ideale di come quando il mercato si occupa del bene comune finisce con lo sgretolarlo, svenderlo e distruggerlo».
E in questo discorso, «clima e sanità fanno parte della stessa battaglia: abbiamo assistito a un'appropriazione indebita e a una dimissione dello Stato da questi beni comuni, all'insegna dell'ideologia che il libero mercato si sarebbe preso cura di fare il miglior interesse della gente». Il risultato, invece, «è che più si opera, si vendono medicine e più si è remunerati: assurdo in un sistema pubblico». Con una conseguenza: «Che questo sistema è alimentato dai più poveri che addirittura si chiedono se non si possa aspettare un anno per una colonscopia magari con la franchigia più bassa». E per questo «bisogna recuperare la nostra facoltà di indignarci e fare attivamente pressione».
Nella sarabanda di proteste e proposte è mancato un accenno ai costi del settore sanitario che si riflettono nei premi. Si vedrà.