'Ndrangheta, disposto dal gup l'invio degli atti dell'inchiesta con addentellati ticinesi
Colpo di scena in Tribunale a Firenze dove stamane sarebbe dovuta iniziare l'udienza preliminare per il troncone toscano dell'operazione ‘’Nuova Narcos Europa-Cavalli di razza‘’ nei confronti di 23 imputati, fra i quali i due italiani residenti da anni nel Luganese, arrestati in riva al Ceresio nel novembre 2021. Il gup Antonella Zatini al termine di una brevissima udienza ha pronunciato una sentenza di incompetenza, per cui ha disposto l'invio degli atti (diversi faldoni) al Tribunale di Catanzaro in quanto buona parte dei fatti contestati sono avvenuti in Calabria.
Una decisione che trova motivazioni elencate in una dozzina di pagine in cui si fa riferimento al ruolo di alcuni personaggi di spicco della ‘Ndrangheta che pur non figurando nel processo avrebbero avuto un ruolo determinate nel colossale traffico di cocaina proveniente dall'Ecuador e in due occasioni sequestrata nei porti di Livorno e Vado Ligure. Una decisione, quella del gup di Firenze, che va contro una sentenza del giugno scorso della Corte di Cassazione di Roma: i giudici della Suprema Corte, rigettando la richiesta dei difensori degli imputati che chiedevano il trasferimento del processo in Calabria, avevano sostenuto che la competenza era del Tribunale del capoluogo toscano.
Dalle motivazioni del gup Zatini si viene a conoscenza che parte degli imputati di Firenze per gli stessi fatti sono già sotto procedimento penale anche a Catanzaro. Cosa ora potrà succedere non è dato sapere. Un fatto è certo: i tempi per arrivare a un pronunciamento da parte di un collegio giudicante si allungano a dismisura, anche perché la magistratura calabrese potrebbe a sua volta sostenere la propria incompetenza territoriale.
A come si evolverà l'iter processuale del troncone toscano della vasta inchiesta ’‘Nuova Narcos Europa-Cavalli di razza’‘ sviluppatasi sull'asse Calabria-Toscana-Lombardia (con tentacoli in Ticino e oltre Gottardo) guardano con interesse anche magistratura e investigatori svizzeri, avendo collaborato all'indagine considerato il ruolo che hanno avuto i due uomini arrestati in riva al Ceresio. Innanzitutto che i 23 imputati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti (nel corso dell'indagine nei porti di Livorno e Vado Ligure sono stati sequestrati nelle notti tra il 18 e il 23 agosto 2019 quasi cinque quintali di cocaina), con l'aggravante mafiosa (una dozzina di imputati sono ’nranghetisti legati alla cosca di Guardavalle e alle famiglie Pesce-Bellocco-Molè, operante nella piana di Gioia Tauro), al favoreggiamento personale, alla fabbricazione di documenti falsi e alla corruzione.
Un ruolo apicale, per l'accusa, lo avrebbe avuto soprattutto il 43enne calabrese, originario di Guardavalle, dove da oltre un anno si trova agli arresti domiciliari: era stato fermato, con il 60enne milanese attualmente in libertà provvisoria, in riva al Ceresio, dove risiedevano da anni, il primo con un permesso G, il secondo con un permesso B. Il 43enne calabrese, stando al pm d'accusa, sarebbe stato al vertice dell'organizzazione, dopo che il precedente capo era stato arrestato: dall'agosto 2019 il suo ruolo sarebbe stato quello di committente, che dopo l'investitura ricevuta (‘’è il più quotato, per queste cose qui ... i contatti ... preparare ... parlare .. organizzare ...‘’. questo il tenore di una intercettazione telefonica) teneva i contatti con i cartelli sudamericani. Insomma, per l'organizzazione l'uomo giusto al posto giusto, anche perché residente a Lugano, dove era arrivato nell'aprile 2017, per lavorare come cameriere (occupazione di copertura, dietro la quale celare l'attività di trafficante di cocaina, stando agli investigatori): con la complicità del 60enne avrebbe avuto la possibilità di movimentare i capitali provenienti dal traffico di droga. A sostegno di questa ipotesi accusatoria i frequenti viaggi del 60enne a Zurigo, Livorno e in Germania documentati dagli investigatori cantonali e federali e dalle intercettazioni ambientali.
Per l'accusa il 60enne sarebbe stato la "longa manus” del presunto boss di Guardavalle, tanto da manifestare (come risulta agli atti) ‘’un ruolo di particolare asservimento‘’. Tuttavia il trasferimento degli atti processuali da Firenze a Catanzaro non riguardano la posizione del 60enne che accusato di favoreggiamento personale a favore del 43enne calabrese, per uscire dal processo ha già trovato un accordo con il pm toscano per la definizione della pena, con un patteggiamento nei limiti della condizionale (tre anni di carcere con la sospensione condizionale della pena).