La Diocesi di Lugano ha preso posizione sull'indagine dell'Università di Zurigo che documenta oltre mille casi di abusi nel mondo ecclesiastico
«È un documento che ci spaventa e ci sconcerta. Non serve a voltare pagina, ma ad aprire la pagina». La Diocesi ticinese ha preso posizione oggi sull’indagine pubblicata ieri dall'Università di Zurigo, che ha documentato in maniera sistematica – per la prima volta in Svizzera – oltre mille casi di abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica negli ultimi settant’anni. Il vescovo Alain De Raemy ha affermato che «non c’è cosa peggiore di un pastore che diventa lupo. È una contraddizione flagrante. Per questo non possiamo paragonare gli abusi nell’ambito ecclesiastico agli altri abusi». A essere accusato è anche stato il «silenzio assordante nel quale si sono trovate a vivere le vittime».
«Anche io sono rimasto colpito dal fatto che in Ticino siano emersi pochi casi», ha affermato De Raemy rispondendo alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa. «Probabilmente manca un ente indipendente che non abbia il sapere della Chiesa al quale potersi rivolgere».
«Ogni vittima ha potuto portare la sua sofferenza e la sua richiesta», Fabiola Gnesa, giudice dei minorenni e presidente della Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale, ha spiegato come negli ultimi anni siano stati solo cinque i casi giunti sul tavolo della Commissione. «Una di queste è stata inviata direttamente alla giustizia civile. Negli altri casi si tratta però di abusatori già deceduti». Un'ulteriore difficoltà che limita l'agire della Commissione: «Noi possiamo solo raccogliere le testimonianze e non andare a cercarle. Sicuramente si farà di più nei prossimi anni. Quello che è mancato nelle possibili vittime è probabilmente l'idea che la Commissione sia un ente esterno alla Chiesa».
Sul caso che riguarda direttamente Alain De Raemy, tirato in ballo nell'indagine portata avanti dal Vescovo di Coira che indaga sulle accuse mosse nei confronti di diversi membri emeriti e in carica della Conferenza dei vescovi svizzeri e altri presbiteri in merito alla gestione di casi di abusi sessuali, il Vescovo ha affermato: «Mi bruciano le labbra, ma non posso parlare fino a quando l'indagine è in corso. La sua fine è prevista per fine anno». E sull'ipotesi di un eventuale passo indietro De Raemy, senza rispondere direttamente, ha dichiarato: «Dipende dalle situazioni. Se si accerta la responsabilità e che c'era la possibilità di sapere è opportuno farlo». In ogni caso: «Vittime o chi fosse a conoscenza di fatti è invitato a farsi avanti. Con la Chiesa o con il gruppo di aiuto alle vittime».
Sulla spinosa questione della distruzione di documenti all'interno della Diocesi, documentata dal rapporto dell'Univiersità di Zurigo, don Zanini ha spiegato: «Si tratta di una questione spinosa. All'epoca l'errore commesso fu quello di cancellare i documenti senza lasciare una traccia del loro contenuto». Negli ultimi venti anni, è stato sottolineato, nessun documento è stato in ogni caso distrutto.
In conclusione è stato spiegato che giovedì prossimo è organizzato un incontro di preghiera e condivisione sul tema. Il Vescovo si metterà a disposizione per ascoltare e per pregare per le vittime. Inoltre, De Raemy visiterà ogni vicariato della Diocesi e domenica verrà letto un suo messaggio in tutte le chiese ticinesi.