Ticino

Pensioni statali, ErreDiPi: ‘La nostra lotta non è finita qua’

La rete a difesa delle rendite dei dipendenti pubblici annuncia la manifestazione del 18 ottobre e fa a pezzi il messaggio governativo sulle compensazioni

Si va avanti
(Archivio Ti-Press)
11 settembre 2023
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«La lotta non è finita qua, tutt’altro». È ancora gagliarda e tosta l’ErreDiPi, la rete per la difesa delle pensioni dei dipendenti pubblici, nel fare a pezzi il messaggio governativo di metà luglio con una serie di interventi per compensare la diminuzione del tasso di conversione dell’Ipct, la cassa pensione dello Stato, dal 6,17% al 5,25% (entro il 2031).

Un messaggio che porta «un leggero miglioramento delle prospettive che si facevano molto fosche, ma ancora non ci siamo» ribadisce in una conferenza stampa convocata davanti a Palazzo delle Orsoline il portavoce di ErreDiPi, Enrico Quaresmini. Non ci siamo perché, prima di tutto, «il messaggio è soltanto un messaggio per ora, una proposta che, con tutto il rispetto, indirizza alcuni suggerimenti verso il Gran Consiglio che poi nel caso saranno tradotti in legge: nulla di concreto». E fin qui siamo al normale funzionamento dei meccanismi parlamentari. Ma si sale di livello quando si analizza, questo messaggio: «Contiene fragilità preoccupanti – rimarca Quaresmini –, a partire dalla soglia del 5,25%. Potremmo dire che è bello, che non ci tagliano troppo rispetto a quanto si pensava all’inizio, ma non è un tasso neutrale e comporterà un disavanzo che verrà sanato ancora a nostre spese. Già ora ci viene riconosciuto, ormai da decenni, un interesse sui nostri averi di vecchiaia al minimo legale, e sempre molto più basso del rendimento medio del patrimonio. Un rendimento più basso non farà certo aumentare gli interessi sui nostri averi di vecchiaia».

‘Restano tutte le storture’

Ma il cahier de doléances di Quaresmini non è aperto, è spalancato. Perché se questa è la prima «cosa che non va», il costo per i dipendenti globalmente si aggira sui 15-20 milioni di franchi, il resto è solo a salire. Partendo dal fatto che «il messaggio è costruito su una prospettiva di carriera di 40-45 anni, onestamente fin troppo ottimista e scollegata dalla realtà delle carriere nel settore pubblico», rimangono quelle che il portavoce ErreDiPi chiama «storture della cassa pensioni, sulle quali abbiamo portiamo cifre nuove finora occultate».

Insomma, «non cambia l’impianto e aumentano i contributi». Contributi che «si dice andranno tutti a risparmio, aumentando gli accrediti. Questa è una buona cosa, ma la struttura generale ci vede perdenti e ancora una volta a rimetterci». Per Quaresmini «è importante ricordare che il primo 20% delle future rendite l’abbiamo già lasciato lì nel 2012, un prezzo che abbiamo pagato per il cambiamento d’orizzonte» quando si passò dal primato delle prestazioni a quello dei contributi. Poi, «abbiamo calcolato che circa 300 milioni totali sono soldi che sono stati presi dai nostri contributi ordinari. Noi paghiamo i contributi per il risanamento, come il datore di lavoro, ma anche quelli ordinari pagati espressamente da noi per aumentare i nostri capitali. Ma viene fatto uno storno. In una carriera completa – illustra Quaresmini – si parla del 15%, e sommandoli si arriva appunto a 300 milioni che, in dieci anni, sono stati tolti dal nostro patrimonio e dirottati verso la copertura della cassa». Detta breve e semplice: «È come se fossimo andati allo stesso bar per dieci anni, ordinando e pagando una birra da mezzo litro e ce ne abbiano portati sempre quattro decilitri con la scusa che il bar ha il tetto da riparare».

Altri «332 milioni di franchi» ‘dati’ dai lavoratori sono dovuti «alla differenza tra gli interessi promessi nel 2012 dal Consiglio di Stato e poi effettivamente dati: altri soldi che non abbiamo incassato». E si continua, perché «altri 179 milioni di franchi vengono a mancare per la decisione del Consiglio d’amministrazione dell’Ipct di ridurre del 10% le future rendite vedovili, e del 25% per chi è già in pensione. Milioni che compenseranno in parte il taglio delle rendite di chi è già in carriera, una compensazione che viene fatta con i nostri soldi».

Problema nel problema, per l’ErreDiPi, la decisione di optare per i 700 milioni di franchi come anticipo dei contributi da investire sul mercato invece dei 500 milioni di risanamento secco. «Adesso, solo adesso, il governo stesso dice che è una proposta impraticabile, scrivendo testuale che il cattivo andamento dei mercati finanziari nel 2022, e l’impossibilità pratica di implementare le misure auspicate da parte del parlamento cantonale, non hanno finora permesso dei decisi passi in avanti».

‘Cifre enormi, che parlano da sole’

Per Quaresmini tutte quelle elencate «sono cifre che parlano da sole, sono enormi, con noi assicurati che paghiamo il peso di errori non nostri». E per questo, la rete ha indetto una nuova giornata di mobilitazione. Sarà il 18 ottobre, a Bellinzona, «un giorno in cui si riunirà il Gran Consiglio e porteremo ai 90 deputati la nostra voce».

Come se ce ne fosse bisogno, a rincarare la dose davanti alla stampa è anche Alessandro Frigeri, docente e anche lui in prima linea con ErreDiPi: «Nel dibattito pubblico spesso si tende a semplificare le cose, ma è ovvio che nei prossimi mesi quando si tratterà di discutere il messaggio da parte nostra non ci sarà alcuna apertura a chi vorrà peggiorare la situazione. Il nostro è un approccio critico con cui segnaliamo le fragilità, spiegando come non sia vero che i dipendenti pubblici sono coloro che per l’ennesima volta riescono a difendere i loro privilegi. Perché questo messaggio governativo ci chiede di passare ancora dalla cassa, altro che privilegi...».

Pure lui sulla breccia è Paolo Galbiati, nel ricordare piccato e fermo «una deputata liberale che a un dibattito ci chiese stizzita quanti soldi volessimo... la questione però è ribaltata. Quanti soldi deve dare un datore di lavoro che ha preso degli impegni, ha fatto dei calcoli farlocchi, cerca di scaricare parte degli oneri sui lavoratori, non paga e chiede agli altri di pagare quello che non ha pagato?».