La deputata di Avanti con Ticino&Lavoro parla delle Federali, con l'occhio rivolto... al Ticino: ‘Le soluzioni? Applicabili qui, ecco le nostre proposte’
«Dobbiamo, e vogliamo, trovare soluzioni per i problemi di tutti i giorni. E le soluzioni devono essere concrete e applicabili in Ticino. Questo anche nell’ambito delle Elezioni federali: parlare di massimi sistemi lascia il tempo che trova, se non si lavora concretamente per migliorare la vita quotidiana dei nostri concittadini». La bussola di Avanti con Ticino&Lavoro segna la direzione presa dal movimento che alle scorse Cantonali, appena formatosi, è entrato in Gran Consiglio con tre eletti. A partire dalla corsa per le Camere federali del prossimo 22 ottobre, dove la granconsigliera Amalia Mirante sarà in lizza sia per il Nazionale, sia per gli Stati. A colloquio con ‘laRegione’, l’economista spiega i prossimi passi.
All’inizio della vostra esperienza avete parlato tanto di lavoro ed economia, ora con la lista proposta per il Nazionale sembra che vogliate ampliare i temi su cui volete agire. Con Bruno Cereghetti si pensa subito alle casse malati, con Matteo Muschietti all’ambiente e al Mendrisiotto. Entrambi ex membri, ed eletti, del Ps...
La priorità per noi è il lavoro: salari, occupazione dei residenti e potere d’acquisto. In Ticino la situazione è particolarmente critica. Con degli stipendi così bassi, i problemi arrivano a cascata: pensiamo all’impossibilità di risparmiare, a rendite pensionistiche dell’Avs e del II pilastro basse, all’impossibilità di pagare i premi di cassa malati o di far fronte agli affitti che aumentano. Detto questo, abbiamo la fortuna di avere nel nostro movimento persone conosciute, che da tanti anni si occupano dei cittadini del nostro territorio e concretamente lavorano per risolvere i problemi qui, in Ticino. Non facciamo voli pindarici né ci occupiamo di massimi sistemi. La presenza in lista di Muschietti ne è la prova: è una persona che da decenni lavora per le persone più bisognose, per l’ambiente e il territorio senza ideologia e con molta concretezza. Pure in questa campagna si occuperà di inquinamento, protezione delle acque, traffico, ma sempre con un’ottica locale. Questo ci differenzia rispetto ad altri approcci che vediamo in altri partiti. Lo stesso per quanto riguarda le casse malati. Cereghetti senza ombra di dubbio sa quello di cui parla, conosce bene il sistema e propone soluzioni concrete e applicabili, frutto della sua riconosciuta competenza.
Sta parlando molto di concretezza, di soluzioni applicabili, andare oltre i massimi sistemi… può fare qualche esempio?
Dobbiamo pensare ai problemi dei cittadini, e non perdere tempo a discutere di cose che non possiamo risolvere noi. Prendiamo il cambiamento climatico: è un problema serio che tuttavia può trovare una soluzione solo se affrontato dalle grandi nazioni responsabili della maggioranza delle emissioni: Stati Uniti, Cina, India e in generale i paesi in via di sviluppo devono essere i protagonisti della soluzione. Ma ci sono anche altre questioni ambientali che invece possiamo affrontare qui e di cui siamo direttamente responsabili. Lo stesso vale per il lavoro: su questo faremo presto degli atti parlamentari molto concreti che offrono soluzioni a problemi immediati. Uno si occuperà degli Uffici regionali di collocamento, uno tratterà dell’apprendistato e un altro di una maggiore collaborazione tra Stato e aziende nella creazione di posti di lavoro con stipendi svizzeri. Per esempio nel caso della mancanza di manodopera qualificata tanto può essere fatto se si uniscono le forze. Non possiamo creare una formazione per ogni figura, ma incentivare la collaborazione tra Stato e aziende per permettere ai professionisti di ampliare le loro competenze tramite i politecnici o le scuole terziarie dietro solide garanzie di essere poi assunti con il salario pari al loro livello di competenze. A noi preme superare la logica dei buoni da una parte e dei cattivi dall’altra. Stato ed economia devono collaborare veramente. Lo stesso vale per lo stato sociale. I sussidi servono ma lo Stato deve fare in modo che una persona torni a essere libera e autonoma e non debba più dipendente da aiuti. Lo scopo deve essere che le persone trovino un lavoro dignitoso e possano a loro volta contribuire per chi ha più bisogno. Questi nuovi sostegni alla formazione professionale devono essere visti come un investimento, magari da fare rinunciando ad altri onerosi acquisti di immobili…
Lei auspica convergenze tra Stato ed economia ma finora a mancare sono le convergenze in Gran Consiglio, dove si chiacchiera tanto ma i partiti faticano a mettersi d’accordo sulle priorità.
Io sono ottimista di natura e penso che sulle cose importanti si troveranno accordi. Ma bisogna mettere da parte dogmatismo e ideologia. Oggi è necessario staccarsi da una “vecchia” visione che contrappone destra e sinistra. Bisogna agire con pragmatismo, abbandonando i tabù incrociati. Già solo avere la volontà politica di mettere mano ai conti dello Stato può portare a grossi risparmi che renderebbero il risanamento delle finanze meno doloroso. Ma ci vuole coraggio a mettere il becco in 4,2 miliardi di spesa, un’apertura mentale a 360 gradi e con un vero controllo.
Si riferisce alla Corte dei conti?
Assolutamente sì, sono molto delusa dalla posizione del governo. La Corte dei conti è essenziale perché si occuperebbe di individuare inefficienze non solo nella spesa, ma anche nei processi e in generale nella maniera di amministrare il pubblico. È anche vitale un maggiore controllo degli enti sussidiati: anche in questo caso si tratta dei soldi dei contribuenti e in altri Cantoni i mandati pubblici vengono passati alla lente con molta attenzione.
La manovra di rientro, di cui con il Preventivo 2024 si capirà la portata, preoccupa molte persone. Qual è il punto d’equilibrio tra finanze sane e una popolazione non colpita dai risparmi?
Il punto d’equilibrio è il salario. Bisogna far capire a Berna che la situazione in Ticino è unica in Svizzera. Non perché siamo speciali ma perché siamo in condizioni storiche e geografiche particolari. Si prenda coscienza di questo, e si lavori a Berna sulla chiave di riparto della perequazione finanziaria: 100, 200, 300 milioni in più aiuterebbero i conti pubblici ed eviterebbero molte misure di lacrime e sangue per i cittadini. Le decisioni che si prenderanno dovranno essere pensate e sostenibili, ma occorre capire l’importanza del lavoro e del reddito: le persone devono avere un salario degno, per dipendere meno dai sussidi e per avere una vita più autonoma e dignitosa. E lo stato ci guadagnerebbe in risorse fiscali.
I salari li danno i datori di lavoro. Le aziende per lei hanno bisogno di sgravi fiscali?
Anche qui bisogna essere pratici! Senza dar tanto fiato all’ideologia, proporremo misure che consentano di premiare le aziende che pagano salari in linea con l’economia svizzera e che contribuiscono allo sviluppo economico del cantone. In aggiunta, le aziende bisogna ascoltarle perché non sono interessate solo alla questione degli sgravi, anzi. Molti piccoli e medi imprenditori con cui parlo mi dicono che la cosa che vogliono è poter fare impresa: una volta realizzati gli utili, le imposte le pagano ben volentieri. La priorità, mi ripeto, è il dialogo tra Stato ed economia deve diventare prioritario. Parlarsi e, soprattutto, ascoltarsi.