Ticino

‘Disturbi alimentari in aumento, serve più sensibilizzazione’

È quanto sostengono i deputati Giorgio Fonio (Centro) e Danilo Forini (Ps) attraverso un'interrogazione. La ricercatrice: ‘Un problema interdisciplinare’

Mancano studi sul tema dal 2010
(Ti-Press)
26 giugno 2023
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Sensibilizzare sui rischi dei disturbi dei comportamenti alimentari e dell’anoressia, promuovendo una raccolta dati sui casi registrati che – nonostante non ci siano studi al riguardo dal 2010 – si può supporre siano aumentati negli ultimi anni. È quanto chiede un'interrogazione al Consiglio di Stato dei deputati Giorgio Fonio (Centro) e Danilo Forini (Ps). “I disturbi del comportamento alimentare rappresentano una serie di patologie mentali che possono avere conseguenze fisiche e psicosociali potenzialmente fatali. La loro incidenza – scrivono i due granconsiglieri – sta aumentando in modo esponenziale in tutto il mondo, soprattutto dopo la pandemia”. È quindi essenziale, afferma l’atto parlamentare, fornire supporto e risorse adeguate alle persone che ne soffrono e implementare misure preventive efficaci. Il punto di partenza, scrivono Fonio e Forini, “deve essere il coinvolgimento di scuole e genitori, per sensibilizzare sui rischi dei disturbi del comportamento alimentare, fornendo informazioni utili legate a dieta e attività fisica. La percentuale di spesa sanitaria destinata all’alimentazione – fanno notare i firmatari – in Svizzera è bassa rispetto ad altri Paesi dell’Oecd, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico”. Inoltre, “è necessario comprendere che gli investimenti in prevenzione possono portare a una crescita economica nel lungo termine”.

‘Positivo il potenziamento previsto con la pianificazione sociopsichiatrica’

Al governo viene chiesto se esista un monitoraggio del fenomeno, se ci siano delle misure specifiche per la prevenzione e la sensibilizzazione e se ai docenti venga insegnato come comportarsi nel caso siano confrontati con uno studente affetto da un disturbo alimentare. “Nella recente pianificazione sociopsichiatrica adottata dal Gran Consiglio – riconoscono Fonio e Forini – sono previsti dei potenziamenti di queste indispensabili offerte terapeutiche e questo è positivo. Contemporaneamente alla prevenzione è quindi urgente che siano adottate misure per garantire che tutte le persone che ne hanno bisogno possano accedere alle cure adeguate prima che sia troppo tardi”.

L'esperta: ‘Ipotizzabile un aumento dal 2010 di almeno il 30% dei casi’

«Le cause di questa patologia non sono note con precisione» spiega alla ‘Regione’ Giovanna Pedroni, ricercatrice in scienze e tecnologie della salute. «Per fare un esempio: se qualcuno si ammala di varicella, la causa è un virus. Con l’anoressia e i disturbi dell’alimentazione subentrano molti fattori: biologici, genetici, socio-culturali e della personalità». La conseguenza è che anche le cure diventano più complesse e necessitano un approccio multidisciplinare. «Serve una terapia che coinvolge, generalmente, uno psicoterapeuta, un medico e un nutrizionista. Una squadra che deve collaborare al suo interno».


L’ultimo studio scientifico che ha analizzato il numero di persone con questa problematica risale al 2010. «Gli ospedali però segnalano un aumento di pazienti con anoressia o disturbi della salute del 30%. Dobbiamo inoltre tenere presente le conseguenze che la pandemia ha avuto sui casi di problemi legati alla salute, sia fisica che mentale, di molte persone». Per Pedroni è quindi ipotizzabile che l’aumento rispetto al 2010 sia anche superiore al 30%. Un elemento ripreso anche dall’interrogazione di Fonio e Forini è quello dello stigma che accompagna chi soffre di questa patologia. «La persona malata fatica a ricevere le cure perché si sente colma di vergogna e debolezza. Elementi che portano a una vera difficoltà di ammettere agli altri e a sé stessi di avere un problema. Di conseguenza la malattia diventa cronica e aumenta anche un rischio di mortalità. Lo stigma sociale per l’anoressia – aggiunge Pedroni – è molto più presente di quello che si pensa. Lo dimostrano diverse ricerche scientifiche». Centrale resta quindi il ruolo della sensibilizzazione, soprattutto nelle scuole. «Oltre a prevenire la malattia permetterebbe di ridurre i costi di cura a carico della società, che sono molto maggiori a una campagna di prevenzione visto che purtroppo questa malattia richiede anche anni per raggiungere una guarigione completa».